L’AMBIENTALISMO È SCIENTIFICO

Sulla vicenda dell’Ilva vogliamo aggiungere qualche considerazione sul tema dell’ambientalismo, continuamente chiamato in causa in contrapposizione con il lavoro. Con solenni dichiarazioni sulla invasione di campo sulle politiche industriali operata dal magistrato.

Sulla vicenda dell’Ilva vogliamo aggiungere qualche considerazione sul tema dell’ambientalismo, continuamente chiamato in causa in contrapposizione con il lavoro. Con solenni dichiarazioni sulla invasione di campo sulle politiche industriali operata dal magistrato. Così si costruisce per l’opinione pubblica un’immagine in cui, da una parte, c’è la difesa dell’occupazione e lo sforzo importante – in particolare nel tempo della crisi economica – di preservare il ruolo dell’Italia nello scenario mondiale dell’acciaio; dall’altra, l’ambientalismo, sensibilità da anime belle: certo importante, se si pensa ai cambiamenti climatici, alla difesa del paesaggio e alle energie pulite, ma che non può aspirare al ruolo delle cose essenziali che fanno l’agenda. E, in ogni caso, l’agenda non la fanno i gip. A Taranto, ambientalismo è l’elenco delle attuali conseguenze sanitarie del funzionamento dell’Ilva: un elenco di vittime, in particolare di bambini, presentato dagli epidemiologi Terracini, Vigotti e Gianicolo a commento delle volenterose dichiarazioni con cui il ministro dell’ambiente Clini aveva fornito al Parlamento la sua interpretazione della perizia epidemiologica (in data 1 agosto) «a totale beneficio, economico e giudiziario, degli interessi attuali della società Ilva».
Ilva osservava le norme europee? Mancano sistemi di controllo adeguati. Ma «l’attività emissiva si è protratta dal 1995 ed è ancora in corso in tutta la sua nocività», scrive il magistrato: e che doveva fare? Non doveva intervenire? Stupisce, semmai, il silenzio di tanti anni con il quale tutte le istituzioni, magistratura inclusa, hanno circondato una vicenda di gravi danni alla salute e all’ambiente, causati da un mix micidiale di arretratezza tecnologica, avidità e arroganza. Allora, il confronto non è tra diritto al lavoro e ambientalismo, ma tra incuria e morti. Come comprende bene Maurizio Landini dissociando la Fiom dall’iniziativa di Cisl e Uil.
Ora non spetta al gip determinare le norme di salvaguardia. Ma vorremmo conoscere quale sia la correlazione tra dosi ed effetti sanitari, come avviene in tutti i settori produttivi. E il Paese potrebbe decidere, ma in modo trasparente, se questo carico sanitario se lo vuole assumere o no. Così avvenne negli Stati uniti per il settore nucleare, quando nel 1978 le popolazioni decisero che quell’effetto delle radiazioni ionizzanti (in condizioni di routine) non lo volevano più pagare e non si piantò più nemmeno uno spillo. E ora ci si accinge a farlo anche altrove, vedi Germania.
Sono strade aperte dall’ambientalismo fondamentalista? Noi, più semplicemente, parliamo di ambientalismo scientifico e di questo ci pare che ci sia bisogno, in particolare in Italia dove, lasciata la scuola, si scappa di fronte alle quattro operazioni elementari dell’aritmetica e si può rivendere qualsiasi fandonia, come la conciliazione tra salute dei cittadini e degli operai e cultura industriale dell’Ilva.
Quale è il carico sanitario delle migliori tecnologie: quelle, per intenderci presentate da Antonella De Palma su manifesto del 15 agosto? E chi pagherà la conversione degli impianti e la bonifica dell’esistente? Ed è davvero strategica questa conversione per continuare a produrre acciaio in Italia? Quanto dovranno metterci i Riva se vorranno mantenere la proprietà? E si dovrà tener conto della sinergia tra emissioni, ancorché limitate, della nuova fabbrica e situazione del territorio contaminato: potranno continuare a conviverci la fabbrica e i cittadini? E quali conseguenze – nella situazione attuale e nei diversi scenari – relative alla catena alimentare?
Queste sono le domande che l’ambientalismo scientifico suggerisce. Un dibattito da fare in piena trasparenza e, forse, una manifestazione da fare a Roma, per dar voce a tutto l’ambientalismo sul nostro futuro.
Per il quale futuro, va ringraziato proprio quell’ambientalismo «fondamentalista» e quei magistrati, sui quali pian piano diminuiscono i fucilatori, man mano che si vede che la razionalità e il diritto stanno dalla loro parte. E, d’altronde, sarebbe utile un ambientalismo che non conducesse le sue lotte con fermezza e una magistratura che svendesse, con la sua autonomia, la tutela dei cittadini?

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