La scalata degli ex maoisti nell’Olanda con la «tripla A»

Il leader Roemer: basta Fiscal compact e limiti al deficit

Il leader Roemer: basta Fiscal compact e limiti al deficit

BRUXELLES — È il «ritorno» del pomodoro rosso sulla scena politica olandese. Non che il Partito socialista, una formazione ex maoista di cui il pomodoro ne è il simbolo dal 1994, abbia mai abbandonato l’agone, ma ora i sondaggi lo danno in ascesa, dopo la delusione del 2010. Il suo leader Emile Roemer, nonché candidato premier alle elezioni politiche che si terranno il 12 settembre prossimo, è dato alla pari, in un’inaspettato testa a testa, con il primo ministro dimissionario, il liberista Mark Rutte.
Roemer, insegnante di scuola elementare, sta cavalcando il senso di frustrazione degli olandesi nei confronti di un’Europa che (volendo semplificare) impone sempre maggiore rigore anche a loro che pur mantengono un rating con la rara «tripla A», e in cambio chiede nuovi sacrifici per salvare il Sud spendaccione d’Europa. Il governo di Rutte è caduto nell’aprile scorso proprio sulle nuove misure di austerità da adottare per ridurre il deficit pubblico: i voti della coalizione non sono bastati per farle approvare. E ora Roemer fa dichiarazioni al vetriolo, definendo «un’idiozia» le regole imposte dal Fiscal compact, sul quale vuole un referendum perché l’Olanda ratifichi il trattato. «Io sono un politico — ha dichiarato ieri in un’intervista al quotidiano Het Financieele Dagblad —, devo guardare a tutta la società. C’è una crisi di fiducia tra consumatori e produttori, è una follia non valutare le circostanze e fissare il deficit al 3%». Per Roemer «il governo deve tornare a far funzionare il Paese. E noi dovremmo pagare una multa ridicola — si domanda — se il deficit fosse maggiore del 3%? Devono passare sul mio cadavere». Ama poi ricordare che l’Olanda è tra i Paesi che più contribuiscono ai fondi della Ue.
Il messaggio è semplice. E si diffonde in un’Olanda in cui per la prima volta la disoccupazione in luglio è salita al 6,5%, il record degli ultimi sedici anni. Certo, ben al di sotto della media di Eurolandia che è attorno all’11%. Ma il rigore richiesto anche all’Aja si traduce in tagli, contro i quali si scaglia il Ps. Forse Roemer non ha il carisma dello storico leader Jan Marijnissen, l’ex metalmeccanico che guidò gli ex maoisti per quasi un ventennio e che li portò per la prima volta in Parlamento nel 1994 (fu eletto lui unico deputato). Ma i sondaggi dicono che la sua campagna sta andando nella direzione giusta: gli attribuiscono circa 37 seggi al posto degli attuali 15, che otterrebbe erodendo voti al Partito laburista e all’estrema destra del Partito per la libertà.
Anche la campagna del 1994 viene ricordata come aggressiva. Allora il nemico era il Partito Socialdemocratico Pvda di Wim Kok, che poi diede vita alla «coalizione porpora» (alleanza tra i rossi laburisti e i blu liberali). Per due legislature le parole d’ordine furono rigore finanziario e privatizzazioni. E l’Italia non ebbe vita facile con Kok. Lo slogan scelto da Marijnissen per i manifesti fu «Vota contro, vota Sp» con raffigurato un uomo che sta per lanciare un pomodoro, — diventato appunto il simbolo del partito — contro il palazzo del governo. La trasformazione era compiuta. Marijnissen era riuscito a traghettare il partito, nato nel 1971 come Partito comunista d’Olanda-Marxista leninista poi diventato l’anno successivo Partito socialista, in una formazione moderna. L’addio definitivo al marxismo-leninismo avvenne nel 1991 e tre anni dopo l’Olanda apriva le porte del Parlamento a Marijnissen, che aveva fatto della lotta alla precarietà e della difesa ambientale i suoi cavalli di battaglia. Il consenso che riuscì a creare intorno al partito fu un crescendo. Alle elezioni del 1998 i seggi divennero 5 e a quelle del 2003 quasi duplicarono. Nel 2005 fece una dura battaglia contro il referendum sulla Costituzione europea, che non passò. Fu il momento di maggiore successo del Ps, alle Politiche 2006 fu un boom: i consensi passarono dal 6,3% al 16,6% (25 seggi), diventando il terzo partito del Paese. Poi la doccia fredda di due anni fa, quando persero ben dieci deputati. Adesso la sfida è sulla difesa degli olandesi nei confronti dell’Europa. Per ogni ulteriore trasferimento di sovranità, Roemer chiede un referendum.
Francesca Basso

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