NESSUN CONFLITTO

L’analisi economica del diritto ha definito scelte tragiche quelle scelte che devono essere assunte per garantire un diritto fondamentale, dovendo al tempo stesso sacrificare necessariamente un altro bene della vita ritenuto essenziale. Ed è certo tragica la scelta assunta dal Gip di interrompere la produzione della grande fabbrica di Taranto per salvaguardare il bene superiore della salute.

L’analisi economica del diritto ha definito scelte tragiche quelle scelte che devono essere assunte per garantire un diritto fondamentale, dovendo al tempo stesso sacrificare necessariamente un altro bene della vita ritenuto essenziale. Ed è certo tragica la scelta assunta dal Gip di interrompere la produzione della grande fabbrica di Taranto per salvaguardare il bene superiore della salute. In questi casi l’ambito d’interpretazione delle norme da parte dei giudici si estende inevitabilmente. Oltre al rispetto della legge da parte dei soggetti indagati, l’interprete deve considerare anche i diversi valori costituzionali in gioco e procedere a un loro bilanciamento. Nel caso di Taranto s’insiste nel contrapporre il lavoro alla salute: questi sarebbero i valori costituzionali in gioco. Il quadro in realtà è più complesso. Infatti, se è certo il danno alla salute, nonché – secondo la prospettazione della procura – la violazione delle leggi da parte degli indagati che sarebbero responsabili di reati gravissimi, più controversa è l’ipotizzata lesione del diritto al lavoro. In questo caso è certo il sacrificio arrecato con l’interruzione della produzione al terzo valore costituzionale in gioco: quello collegato all’iniziativa economica privata. Questa, scrive la nostra Costituzione, è libera, ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo di arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Non è corretto – neppure sotto il profilo tecnico – confondere le tutele da apprestare al sistema produttivo con le maggiori garanzie che è necessario predisporre per rendere effettivo il diritto al lavoro, che viene collocato dalla Costituzione, non a caso, tra i principi fondamentali.
È proprio la più intensa tutela costituzionale del lavoro che dovrebbe rendere meno drammatica la scelta di sacrificare la libera iniziativa economica quando questa offende il diritto alla salute. Capisco che in una logica di assolutismo neoliberista la chiusura di un’unità produttiva comporta la perdita del lavoro tout court, ma non è questa una politica compatibile con il nostro sistema costituzionale. Esso pretende, invece, che si apprestino misure adeguate per assicurare a tutti i lavoratori e alle loro famiglie un’esistenza libera e dignitosa (così l’articolo 36 della nostra Costituzione).
Di questo dovrebbe occuparsi il governo. Se non fossero sufficienti gli istituti previsti in via ordinaria per il sostegno all’occupazione, la straordinaria necessità e urgenza che si è venuta a creare dovrebbe indurre i responsabili politici ad un intervento immediato, non solo per garantire il recupero del sito industriale, ma anche espressamente a tutela dell’occupazione (oppure si crede che i decreti legge servono solo per risanare le finanze e i conti dello Stato?).  Il parlamento, convocato d’urgenza, potrebbe approvare una legge-provvedimento di sostegno ai lavoratori dell’Ilva e delle fabbriche collegate, misure che proprio la tradizione giuridica ha indicato come legittime in analoghe situazioni (oppure si ritiene che normative ad hoc siano possibili solo per introdurre privilegi, che la Consulta poi s’incarica di dichiarare incompatibili per irragionevole violazione del principio d’eguaglianza?).
Il ministro Passera rivendica giustamente al governo la responsabilità della politica industriale. Proprio per questo ritengo spetti principalmente al governo intervenire. Nell’immediato con provvedimenti d’urgenza, per impedire si vengano a produrre quei “danni irreparabili” sull’occupazione che sarebbero determinati, non dalla chiusura dello stabilimento (che è solo la “causa scatenante”), ma per l’inerzia del governo e della politica (ai quali spetta fornire le “risposte di sistema”). Non meno rilevante però è la capacità del governo di fornire una prospettiva per il futuro, ripensando le politiche industriali fin qui perseguite, che hanno quantomeno tollerato una situazione di degrado industriale, con grave sottovalutazione dei principi di salvaguardia della salute dei cittadini e della dignità del lavoro. Sarebbe il caso di imparare dalla tragica scelta di Taranto per pensare a una riconversione del nostro complessivo modello di sviluppo. Certo bisognerebbe avere un po’ di fantasia e di coraggio, uscire dalle gabbie dell’ideologia neoliberista dominante, mettere in discussione qualche certezza. Avremmo bisogno di un governo politico con ampie competenze tecniche. Non è pane per i nostri giorni poveri.
Ciò non toglie che – almeno – al governo dei tecnici e ai partiti politici si debba chiedere di valutare con rigore le compatibilità costituzionali coinvolte nella vicenda dell’Ilva. La strategia odierna sembra essere a difesa delle ragioni dell’impresa: un po’ di risanamento per ridurre le percentuali dei morti da inquinamento, qualche sforzo per evitare i licenziamenti facendo proseguire la produzione in situazione di pericolo per la salute. Strategia miope perseguita però con insolito vigore. «Le iniziative del gip non tengono conto delle iniziative in corso da parte del ministero e delle altre amministrazioni, ed anzi intervengono in questo processo in modo conflittuale», protesta il ministro Clini. Ci mancherebbe solo che i giudici limitassero i poteri giurisdizionali perché non sono in sintonia con gli obiettivi del governo o delle maggioranze politiche. Potrebbe anche ritenersi una scelta (tragica) sbagliata quella del gip, ma non vedo francamente un conflitto tra poteri. Saranno le ordinarie vie processuali a valutare nel merito la corretta interpretazione di diritto effettuata nell’esercizio delle proprie funzioni dai giudici.
Non è chiaro neppure lo scopo dell’invio a Taranto dei ministri competenti per verificare non meglio precisate misure d’intervento, cui si aggiunge la richiesta del ministro di giustizia di acquisizione degli atti per poterli valutare. Entrambi gli interventi possono essere diversamente intesi. Se fossero azioni dirette all’adozione di misure di contrasto (dal conflitto tra poteri a misure di altro genere) sarebbero assai criticabili e poco giustificate. Se invece dovessero rappresentare un modo per collaborare nell’individuazione delle non facili soluzioni, sarebbero opportune.
Il modo migliore di procedere in questa grave situazione sarebbe la leale collaborazione tra le istituzioni coinvolte. Non lasciate sola la signora Patrizia Todisco (questo il nome del gip di Taranto) nella sua tragica scelta, poiché ci coinvolge tutti. Dovrebbe essere chiaro l’obiettivo di tutti i soggetti responsabili: ricercare una consonanza tra la salute, il lavoro e una libera iniziativa economica che non arrechi danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Magari sacrificando un’impresa insalubre, disumana, dannosa.

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