Altro colpo alla Fiat Sentenza esecutiva: riassuma i 145 Fiom

POMIGLIANO. «Una buona notizia di ferragosto» la definisce il leader della Fiom, Maurizio Landini. Ieri la corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibile la richiesta della Fiat di sospendere l’ordinanza del 21 giugno, con cui il tribunale capitolino ordinava al Lingotto di assumere i 145 metalmeccanici della Cgil in Fabbrica Italia Pomigliano d’Arco, riconoscendo una discriminazione ai danni del sindacato nelle riassunzioni dei dipendenti.

POMIGLIANO. «Una buona notizia di ferragosto» la definisce il leader della Fiom, Maurizio Landini. Ieri la corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibile la richiesta della Fiat di sospendere l’ordinanza del 21 giugno, con cui il tribunale capitolino ordinava al Lingotto di assumere i 145 metalmeccanici della Cgil in Fabbrica Italia Pomigliano d’Arco, riconoscendo una discriminazione ai danni del sindacato nelle riassunzioni dei dipendenti. Sulla vicenda pende un ricorso presentato da Fiat ma, in attesa del giudizio, l’azienda deve far entrare in fabbrica anche gli iscritti alla sigla non gradita. «Se non ci saranno novità positive ci muoveremo per rendere esecutiva la sentenza», annuncia Andrea Amendola, segretario generale Fiom di Napoli.
A Torino però si prosegue con la linea dura: «Il prossimo 9 ottobre – scrive l’azienda in una nota – la corte di Roma deciderà l’appello proposto da Fabbrica Italia Pomigliano sull’inusitata pronuncia con cui il tribunale ha imposto alla società di assumere 145 operai solo perché iscritti alla Fiom. Oggi (ieri ndr) è stata adottata una decisione semplicemente tecnica». Secondo il Lingotto, la Corte ha ritenuto che, in assenza di atti da parte della Fiom volti ad ottenere l’esecuzione della pronuncia, non c’è necessità di un provvedimento di sospensione. La Fiat, quindi, continua a sbattere la porta in faccia ai lavoratori: «Rimane confermata la possibilità di chiedere nuovamente un provvedimento di sospensione qualora la Fiom dovesse decidere di attivare strumentalmente iniziative di esecuzione prima della decisione di merito». Insomma a Torino sono decisi a non applicare nessuna sentenza finché ci saranno abbastanza avvocati e domande in carta bollata.
Immediata la replica del sindacato con Giorgio Airaudo: «Se la Fiat proseguirà con il suo comportamento ostruzionistico chiederemo l’esecuzione della sentenza, per la quale ci siamo già attivati. È l’ennesima sconfitta incassata da Fiat da quando ha scelto la via dello scontro. Marchionne avrebbe fatto meglio a occuparsi del prodotto e a cercare il consenso dei lavoratori». Duro anche Landini: «Con la decisione dell’appello si conferma che le discriminazioni quando ci sono vanno rimosse. A questo punto mi auguro che le forze politiche e il governo si rendano conto di quello che sta succedendo negli stabilimenti e che facciano rispettare le leggi anche alla Fiat». Il Lingotto, conclude, «deve davvero aprire un discorso sugli investimenti e sul mantenimento degli stabilimenti in Italia». Agosto è stato un mese amaro per i lavoratori campani: a fine luglio la proprietà ha fatto sapere che ai 15 giorni di ferie si sarebbero sommati 15 di cassa integrazione. I piazzali della fabbrica sono pieni di Panda invendute e il secondo semestre dell’anno è tradizionalmente quello in cui il mercato tira di meno, anche senza crisi.
Già nel ricorso la Fiat si è fatta sentire con dichiarazioni di guerra: assumere i 145 operai significherebbe mandarne in mobilità altrettanti, viste le bassissime vendite dell’unico modello prodotto a Pomigliano. Poi a Torino si è tornati a discutere di un ulteriore stabilimento da chiudere (il più a rischio è proprio quello campano) e infine dell’ipotesi di fusione tra Pomigliano e Cassino (quattromila esuberi). Il mese scorso sono arrivati i tecnici giapponesi della Mazda, che si dice potrebbero affittare le linee per produrre utilitarie, ma pare davvero un’ipotesi poco concreta. Con la fine della cassa integrazione, a luglio 2013, chi non è stato assorbito diventerà ufficialmente disoccupato. La Fiom chiede da mesi il ritorno al lavoro per tutti con la cassa integrazione a rotazione, o contratti di solidarietà e una nuova missione produttiva oltre la Panda. «Il baratto tra lavoro e diritti imposto da Fiat – conclude Amendola – aveva come presupposto l’impegno dell’azienda a riassumere tutti i cinquemila dipendenti di Fabbrica Italia. Come può dire adesso che per gli operai della Cgil non c’è posto visto che sono tornati a lavoro meno della metà? Dobbiamo pensare che il Lingotto prevede oltre duemila esuberi?».

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