La democrazia e l’Europa. Seconda tappa del forum

IL 9 LUGLIO DI ROMA.
Dopo il Consiglio Europeo del 28 e 29 giugno, l’Europa naviga in acque tempestose, nonostante le diplomatiche riappacificazioni (con la Merkel) e qualche passo indietro (Olanda e Finlandia). Il conflitto tra governi e schieramenti di stati (Italia, Spagna, in parte la Francia da una parte e Germania, Gran Bretagna, Olanda, Finlandia dall’altra) prosegue.

IL 9 LUGLIO DI ROMA.
Dopo il Consiglio Europeo del 28 e 29 giugno, l’Europa naviga in acque tempestose, nonostante le diplomatiche riappacificazioni (con la Merkel) e qualche passo indietro (Olanda e Finlandia). Il conflitto tra governi e schieramenti di stati (Italia, Spagna, in parte la Francia da una parte e Germania, Gran Bretagna, Olanda, Finlandia dall’altra) prosegue.
Un conflitto aperto e le pur timidi novità sul possibile intervento della Bce per calmare lo spread e la realizzazione dell’unione interbancaria rischiano di impantanarsi nelle dispute interpretative (perché il diavolo è sempre nel dettaglio) e nelle farraginose e lunghe procedure attuative. Si vedrà cosa succederà il 9 luglio nella prossima riunione dell’Eurogruppo, che dovrebbe tradurre nella zona dell’euro le misure del Consiglio Europeo. Più che un primo passo, il Consiglio del 28 e 29 giugno è un leggero abbrivio dagli esiti ancora assai incerti e comunque modesti. La crisi non demorde e -proprio a causa dell’inerzia di Bruxelles- potrebbe essere destinata ad aggravarsi ulteriormente in Europa. Nel frattempo bisognerebbe aspettare molti anni per la modifica (in senso positivo, speriamo) dei trattati, o attendere anche meno tempo, un anno e più, per sperare di veder evolvere verso sinistra l’equilibrio politico in Italia (primavera 2013) e in Germania (autunno 2013) e modificare così l’equilibrio europeo. Comunque troppo tempo: frattanto saremo definitivamente travolti dalla crisi, dal fallimento dell’architettura europea e dal declino del modello sociale europeo.
Di fronte a questa situazione la sinistra, il sindacato e anche i movimenti sociali europei sono in difficoltà, incapaci di mettere in campo una forte ed incisiva mobilitazione contro le scelte dei governi europei e le politiche di austerity, che altro non sono che la “continuazione del neoliberismo con altri mezzi”. Proprio contro il neoliberismo dieci anni fa i movimenti europei erano stati capaci di organizzarsi, coordinarsi, manifestare. E oggi, che di questa mobilitazione ci sarebbe ancora più bisogno, la debolezza della protesta e della capacità di coordinarsi e unirsi risulta paradossale e preoccupante. La crisi sembra avere messo in questione la capacità della società civile globale – in questo caso europea- di organizzarsi e costruire le alternative necessarie. Continuano ad esserci, ma non si coagulano, non fanno “massa critica”.
Ecco perché assume un particolare rilievo il forum promosso lo scorso 28 giugno a Bruxelles da il manifesto, Sbilanciamoci e altre reti, forum che è riuscito a mettere insieme tante persone in un’aula del parlamento a discutere sul “che fare”, disegnando un’agenda con cinque proposte assai nette e di buon senso (trasformare la Bce in prestatore di ultima istanza, introdurre limiti alla circolazione dei capitali, eliminare i vincoli del “patto fiscale” sul welfare ed i salari, promuovere un “new deal verde”, promuovere un’autentica democrazia in Europa) che potrebbero essere la base per costruire la mobilitazione per un'”altra Europa”. La seconda tappa di questo confronto comune è quella che si farà a Roma alla Casa delle Donne -proprio in concomitanza con la riunione dell’Eurogruppo- il prossimo 9 luglio (con la promozione della Green European Foundation, di Sbilanciamoci ed il sostegno de il manifesto, per info www.sbilanciamoci.org) e che vuole rilanciare la strada segnata al forum di Bruxelles, affrontando tre temi: la questione della politica (assente) e della democrazia (inesistente), del ruolo della società civile e dei movimenti (in difficoltà) e di come si esce dalla crisi: contro l’austerity per un modello di sviluppo sostenibile ed equo.
La vera novità del Consiglio Europeo del 28 e del 29 giugno -al di là delle timidissime e in parte innocue aperture in apparente controntendenza alle scelte dell’ormai defunto asse Sarkozy/Merkel- è l’apertura di una contraddizione, lo squadernamento di un conflitto, se non di politiche, di interessi e scelte sulla gestione del debito dei paesi. Tutto questo può limitarsi ad essere una contraddizione dentro le dinamiche dell’establishment nella cornice di una indiscussa matrice neoliberista oppure il terreno fecondo che può essere percorso dalla sinistra, il sindacato ed i movimenti per una nuova opzione e aprire un campo di problemi e di conflitti fino ad oggi non emersi, almeno non abbastanza. Servono i soggetti, le forze sociali e politici, i movimenti: solo così si riapre il campo. Ecco perché la moltiplicazione di iniziative come quelle del 28 giugno, del 9 luglio -e poi del forum sociale di Firenze di novembre- possono contribuire a rimettere in moto una dinamica e l’organizzazione di un conflitto -sulla democrazia, l’economia ed i diritti- che da troppo tempo manca in Europa.

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