MOBILITAZIONE Contro la cementificazione dei terreni pubblici
MOBILITAZIONE Contro la cementificazione dei terreni pubblici
I lavoratori degli Studios in crisi pilotata, da tempo in agitazione, si oppongono alla distruzione del simbolo del cinema Era stato annuncato già da alcune settimane l’occupazione di Cinecittà come estrema iniziativa da parte dei lavoratori contro il ritorno del progetto Abete di snaturamento degli studi in versione alberghi, resort, ristoranti e la delocalizzazione dei lavoratori: non la semplice la compravendita della forza lavoro verso altre società, ma l’offesa di essere inviati per lo più a lavorare in un parco giochi. Contro la distruzione del più famoso centro di produzione del mondo la risposta è l’occupazione, lo striscione «Cinecittà occupata» che campeggia, tre lavoratori che hanno iniziato lo sciopero della fame, un presidio all’esterno e all’interno degli stabilimenti: iniziano ad arrivare le adesioni, cominciano ad organizzarsi le categorie per sostenere la lotta dei lavoratori: Vendola, Rifondazione, Pedica (Idv) annuncia un presidio davanti a Palazzo Chigi, Di Pietro chiede l’intervento di Ornaghi e Fornero, il Movem, il coordinamento di tutte le asociazioni professionali si organizza per essere sul posto e coinvolgere i politici.
Ma in questo momento i protagonisti sono i reparti di scenotecnica, i lavoratori che ormai possono essere trasferiti dagli studios da un giorno all’altro come ci spiega il sindacalista Massimo Corridori poco prima dell’annunciata assemblea pubblica. Tenteremo tutti i passi, parleremo con i politici, ci aveva detto qualche settimana fa. Cosa è successo per decidere l’occupazione? «Abbiamo fatto incontri con i politici e i risultati non sono stati positivi, ci dice. Tra l’altro l’azienda ha avviato le procedure di legge e domani o dopodomani finiscono quelle dei lavoratori delle costruzioni scenografiche. Una volta finite le procedure i lavoratori possono essere trasferiti il giorno dopo. In questa situazione abbiamo deciso di forzare la mano per richiamare l’attenzione dei mass media, delle forze politiche e di tutto il mondo dello spettacolo che si dice pronto a sostenere le manifestazioni quando vedono minacciato il mondo della cultura, ma queste forze non le vediamo». Dal momento in cui è stato lanciato l’allarme si è fatto vedere qualcuno? «Quelli del mondo dello spettacolo sono praticamente inisistenti, al di là delle dichiarazioni, per esempio Vecchioni che ci ha mandato un messaggio, sarebbe stato disposto a venire, qualche altra lettera di sostegno, molte chiacchiere e nessuna cosa tangibile. Noi stiamo facendo un blocco e tre lavoratori sono in sciopero della fame, non solo per difendere il posto di lavoro, ma per manifestare al mondo quello che noi riteniamo un delitto, la morte dell’azienda più importante del settore cinematografico.
I registi, gli attori, le comparse, i musicisti, non c’è nessuno, non si fanno sentire, sembrano tutti scomparsi. E questo già da un mese, è strano». Ma quali sono in questo momento i set al lavoro? «Quelli delle fiction, ma neanche loro si sono fatti sentire e non è che siamo invisibili. Noi siamo la parte che prepara le riprese, l’audio, gli effetti digitali, lo sviluppo e tutti questi reparti sono in sciopero pesante: 8 ore al giorno proclamato per 5 giorni lavorativi. Stiamo levando alle persone 40 ore di lavoro a stipendi di 1100, 1200 euro. La grande sorpresa è che il mondo del cinema è silenzioso, è assente. Non solo noi che siamo 250, ma parlo delle migliaia di persone che lavorano nel cinema in carne ed ossa, non a parole. Ieri sera siamo stati contenti perché sono venuti dieci ragazzi della scuola di cinema di scenografia Gian Maria Volonté. Capiscono che è un mondo minacciato che rischia di scomparire ed è anche il loro mondo, quindi sono disposti a fare qualunque cosa, hanno fatto le due, le tre di notte. Vogliamo che tutto un mondo venga a conoscenza della drammatica situazione: la scomparsa di Cinecittà. In questo senso ho lanciato un appello al presidente della repubblica, perché lui non può ricevere solo quella che lui chiama l’Italia migliore, i milionari del pallone, ma anche la gente come noi che lotta ogni giorno per il posto di lavoro, che è l’Italia vera, su cui poggia la ricostruzione. Caro presidente, chiamaci a noi e agli altri lavoratori delle aziende in crisi. Noi poi non siamo in crisi, perché questa è una crisi voluta, pilotata per cementificare Cinecittà su terreni pubblici da parte di un imprenditore foraggiato dai poteri forti, perché i beni che gli sono stati concessi dal ministero (perché i diritti edificatori erano del ministero) non erano per fare alberghi, ma per sviluppare Cinecittà. Uccidere questa azienda è un delitto». Dopo l’assemblea, dice, proietteremo Troppo forte di Verdone. «Avevamo quello e Ben Hur. Ben Hur no, allora Verdone». Verrà a Cinecittà?
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