«Meglio Casarini che Casini» E su Vendola scoppia un putiferio

Coalizioni/ ALLEATI NERVOSETTI. FINI: MAI CON SEL
Se basta una battuta per scatenare un putiferio fra «alleabili» di centro e di sinistra che pure si giurano stima e apprezzamento in ogni dichiarazione pubblica, vuol dire che quella che è iniziata è un’estate torrida, ad alta tensione e dagli esiti poco prevedibili.

Coalizioni/ ALLEATI NERVOSETTI. FINI: MAI CON SEL
Se basta una battuta per scatenare un putiferio fra «alleabili» di centro e di sinistra che pure si giurano stima e apprezzamento in ogni dichiarazione pubblica, vuol dire che quella che è iniziata è un’estate torrida, ad alta tensione e dagli esiti poco prevedibili.
Ieri un cronista scrupoloso si è accorto di una battuta di Nichi Vendola riferita fra virgolette da un giornale di Treviso: «Al governo con Casini? No, molto meglio Luca Casarini». Varrà la pena riferire che il contesto, in cui viene pronunciatala frase è lo Sherwood Festival di Padova, ben noto ai lettori del manifesto. Dove Luca Casarini, già leader disobbediente ed ora nel comitato ‘Uniti oltre la crisi’, è di casa. Lì, lunedì sera (altro che battute) in effetti il presidente della Puglia ha discusso con il sindaco di Napoli De Magistris e con molti amministratori del Nord est di una possibile Syriza all’italiana; argomento serissimo e concretissimo che in questi giorni circola parecchio nella ‘sinistra sinistra’ italiana.
Detto questo, quella su Casini-Casarini è una evidentemente battuta. Ma ai centristi del Pd, che si sentono ormai vicini alla meta della Grosse Koalition, non pare vero di avere un pretesto per fare un po’ di gazzarra. Beppe Fioroni, quello contrario ai matrimoni gay: «Scherzando si dice la verita. È iniziata la competizione tra Vendola e Di Pietro a chi la spara più grossa. Così si incrementa solo la distanza tra di noi». Paolo Gentiloni, quello che ‘dopo Monti serve Monti’: «Siamo lontani migliaia di chilometri da Casarini. E invece oggi in parlamento con l’Udc siamo uniti al 90 per cento degli argomenti nel sostegno al governo». Pierluigi Mantini, Udc, quello che cinque giorni fa dava dell’«utile e responsabile» al presidente di Sel: «Buona fortuna al polo dei disobbedienti Vendola-Di Pietro-Casarini».
La replica di Vendola è amara e non può che segnare un altra distanza con il Pd: «spiace» che Fioroni «voglia far discutere il mondo intero della mia fantomatica alleanza con Casarini, piuttosto che della sua concreta alleanza con l’Udc. Io non trovo sconveniente l’ingresso trionfale di Casini e Fini nell’alleanza con il Pd. Dico solo: non chiamatelo centrosinistra».
Anche perché, come era prevedibile, nel giorno in cui Idv e Pd segnano una nuova distanza sulla mozione di sfiducia alla ministra Fornero (che no passa, ma certo resterà agli atti a futura memoria), la novità è che nel minuetto fra centristi e democratici si è inserito anche Gianfranco Fini. Che, abbandonato per la strada dall’Udc, ieri ha provato a rimettersi in pista e riagganciare la coppia Bersani-Casini. Per il dopo-Monti c’è «una grande incognita», dice alla Stampa, «da superare con la nuova legge elettorale e con alleanze con i partiti che si collocano entro il perimetro rappresentato dalla maggioranza attuale». Dunque non «Lega, Destra di Storace, Idv e Sel». Casini la pensa come lui, assicura il presidente di Fli. La replica di Vendola diventa così obbligata: «Chiedo al Pd di rimettere in campo il centrosinistra. Se invece le formule alchemiche a cui il Pd si sta consegnando sono quelle dell’alleanza con Casini, con Fini, con Monti penso che Sel andrà da un’altra parte», dice al Tg2.

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