Un sosia sconvolge la vita di un agente di commercio L a vita è sogno, anzi doppio sogno, nel quale ci si può smarrire. E anche la scrittura ha una doppia anima: può giacere lettera morta, accozzaglia di suoni, di parole, di frasi che hanno forma ma niente spirito, niente vigore, oppure può essere creativa, nel vero senso di creare, dare vita a situazioni, avvenimenti, personaggi. Lungo questo filo si snoda il romanzo d’esordio del costituzionalista Michele Ainis, docente all’Università di Roma Tre e autore di un gran numero di saggi su temi politici e istituzionali.
Un sosia sconvolge la vita di un agente di commercio L a vita è sogno, anzi doppio sogno, nel quale ci si può smarrire. E anche la scrittura ha una doppia anima: può giacere lettera morta, accozzaglia di suoni, di parole, di frasi che hanno forma ma niente spirito, niente vigore, oppure può essere creativa, nel vero senso di creare, dare vita a situazioni, avvenimenti, personaggi. Lungo questo filo si snoda il romanzo d’esordio del costituzionalista Michele Ainis, docente all’Università di Roma Tre e autore di un gran numero di saggi su temi politici e istituzionali.
S’intitola, il romanzo, Doppio riflesso e per protagonista ha un solitario uomo sulla quarantina, rappresentante di commercio in una città di provincia sulla riva del mare, riva che egli frequenta spesso la sera, dopo il lavoro, dove ha l’abitudine di rifugiarsi in un vecchio capanno di pescatori per meditare. È un personaggio che si potrebbe definire grigio, con vita grigia, cui una fuggevole fidanzata ha appena dato, all’improvviso e senza spiegazioni, il benservito. Neppure un nome o un cognome gli concede l’autore, non la descrizione del fisico; quanto al carattere, è il lettore che lo coglie via via che scorrono le pagine, scoprendolo remissivo, in qualche modo rassegnato a quel che gli capiterà. Parla, però, in prima persona è questo gli dà comunque forza e voce che come un’eco persistente rimane impressa nel lettore.
Quel che gli capita, infatti, cioè il ritrovarsi un bel giorno affiancato da un misterioso sosia che gli invade la vita, corrisponde a una fantasia non così rara: più che una fantasia magari soltanto un flash che si tende ad abbandonare in fretta per non dover indagare l’incubo. L’autore, per contro, lo indaga fino in fondo, senza tirarsi indietro, fino a quando la vita del suo uomo grigio, dell’uomo senza nome, verrà distrutta pezzo per pezzo dal sosia, dal suo alter ego che un nome invece ce l’ha — Arturo — al quale il primo sarà costretto a cedere brandelli sempre più ampi della sua esistenza, incominciando dai ricordi.
Ma al tema del doppio si mescola l’altro, quello della scrittura, che gli fa da contrappeso e che in un certo senso vendica l’uomo grigio, gli restituisce memoria e sostanza, cioè vita. Quando, infatti, Arturo comincia ad avanzarsi, misterioso e minaccioso, istintivamente egli cerca salvezza nella redazione di un diario per tentare di fermare quel che gli sfugge, per cercare di comprendere quel che gli succede. Solo che l’approdo al quale giunge, trascinato dalla scrittura creativa, capace cioè di dare corpo ai sogni, forse non è poi quello che desiderava. Scoprire — il riflesso qui si fa doppio e triplo — di essere in realtà uno scrittore di successo e non un comune rappresentante di commercio (oltretutto licenziato a causa del nefasto Arturo) lo lascia incredulo e sbigottito, per niente felice.
Alle prime pagine del romanzo, nel momento in cui l’uomo grigio comincia a percepire quel suo invadente alter ego, il lettore che lo segue passo passo ha l’impressione di immergersi in un labirinto, senza paura, perché il percorso appare fin dal principio affascinante. Avanza piano, con cautela, facendo molta attenzione ai passaggi, ma la suspense — quasi come in un giallo — lo incalza nel suo cammino, fino a quando, a un certo punto, le tessere del puzzle cominciano a riordinarsi una dopo l’altra, la direzione si delinea con chiarezza ed egli non si trova più in un labirinto bensì lungo una strada bene illuminata.
Chi siamo? Dove siamo? Da che parte andiamo? Sono le questioni fondamentali del romanzo, intuite fin dalle prime pagine, che via via diventano sempre più concrete e ingombranti, quasi. E il lettore è trascinato a porsele esattamente come l’autore e il suo uomo grigio.
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