Io sono 132

Siccome molti di noi sono, o sono stati, molto affezionati al Messico e a quei tali indigeni con il passamontagna, forse val la pena sapere che il panorama non è poi così deprimente, nel grande paese in cui si è appena concluso un G20 di potenti impotenti di fronte alla speculazione finanziaria. Le notizie che se ne hanno, in genere, descrivono massacri di o compiuti da narcotrafficanti, di un clima di guerra, di una povertà  dilagante.

Siccome molti di noi sono, o sono stati, molto affezionati al Messico e a quei tali indigeni con il passamontagna, forse val la pena sapere che il panorama non è poi così deprimente, nel grande paese in cui si è appena concluso un G20 di potenti impotenti di fronte alla speculazione finanziaria. Le notizie che se ne hanno, in genere, descrivono massacri di o compiuti da narcotrafficanti, di un clima di guerra, di una povertà  dilagante. Il silenzio prolungato del subcomandante Marcos, che in pratica non si manifesta più dal gennaio del 2010, quando gli zapatisti organizzarono il “Festival de la digna rabia”, aumenta l’incertezza. Per di più, il primo luglio in Messico si vota e, dopo due presidenti di super-liberisti come Fox e Calderon, pare proprio che il favorito sia il candidato del vecchio partito-regime (il Pri), che ha governato per settant’anni prima che arrivasse qualcuno anche peggiore: Enrique Peña Nieto. A contrapporglisi, l’eterno quasi-presidente, probabilmente sconfitto dai brogli nell’ultima occasione, Andrés Manuel López Obrador, familiarmente Amlo, a capo di un centrosinistra un po’ moderato, un po’ spaventato, a cui nonostante tutto si affidano gli elettori non del tutto rassegnati. Ma in questo panorama l’11 maggio accade un evento inatteso. Peña Nieto va a fare una sceneggiata “con i giovani” alla Università Iberoamericana, privata, costosa e dei gesuiti, sala e dintorni piena di foche ammaestrate. Con grande sorpresa di tutti, una grande quantità di studenti lo contestano gridandogli di tutto, «vigliacco» e «assassino», dato che il gerarca del Pri era governatore dello Stato di México, quello delal capitale, quando capitarono i fatti di Atenco, 2006. Contadini, giovani, contestavano il progetto di un nuovo aeroporto, e la polizia reagì sparando, uccidendo, sequestrando, torturando, violentando ragazzi e ragazze e comuni cittadini. Televisa, madre di tutte le tv messicane, nasconde i fatti della Ibero, e per quel poco che ne parla diffama gli studenti, anzi i «provocatori infiltrati». I quali registrano un video in cui 131 di loro, a faccia scoperta, dichiarano nome e cognome e mostrano tesserino universitario e certificato elettorale. La miscela chimico-sociale precipita, basce il movimento #YoSoy132, io sono il numero 132 di quel video, che contagia le università pubbliche come la Unam, la Universidad nacional autonoma, la più grande del continente latinoamericano. Seguono due manifestazioni di strada imponenti, fatte principalmente di studenti, tra maggio e giugno, l’ultima delle quali – nonostante i tentativi di far fallire le assemblee e creare divisioni – raccoglie centomila persone.Centinaia di studenti stanno continuando a fare azioni contro la televisione, perché – dicono – vogliono «una democrazia, non una telenovela»: ad esempio si spargono nella metropolitana, con una tv di cartone in testa, a fare tg alternativi a voce. Televisa è parte integrante del potere messicano e il suo padrone si dichiarò tempo fa «un soldato del Pri». E qualche giorno fa è arrivata Camila Vallejo, le ventiquattrenne faccia più nota del movimento degli studenti cileno, altro fenomeno che dura da tempo. Che sia – come scrivono i commentatori più indipendenti – la “primavera mexicana”?
www.democraziakmzero.org

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password