Tormento per i parlamentari

La lunga storia di una legge scomoda, evitata e dimenticata 

Eppur si muove. La campagna «Chiamiamola tortura», sottoscritta da 2.500 cittadini, ha rimesso al centro dell’agenda parlamentare il tema dell’introduzione del crimine di tortura nel nostro codice. I sette disegni di legge pendenti al Senato sono stati affidati ad Alberto Balboni (Pdl) e a Felice Casson (Pd). Loro compito è costruire un testo base per dare inizio alla discussione in Commissione Giustizia.

La lunga storia di una legge scomoda, evitata e dimenticata 

Eppur si muove. La campagna «Chiamiamola tortura», sottoscritta da 2.500 cittadini, ha rimesso al centro dell’agenda parlamentare il tema dell’introduzione del crimine di tortura nel nostro codice. I sette disegni di legge pendenti al Senato sono stati affidati ad Alberto Balboni (Pdl) e a Felice Casson (Pd). Loro compito è costruire un testo base per dare inizio alla discussione in Commissione Giustizia.
In questa legislatura per due volte il tema ha varcato la soglia dell’Aula. A legislatura appena iniziata, quando la senatrice radicale Donatella Poretti presentò un emendamento al pacchetto sicurezza anti-immigrati di Maroni. Il ragionamento era coerente: la sicurezza vale per tutti, anche per chi è in pubblica custodia. Si decise per il voto segreto. I voti di coscienza arrivarono, ma non a sufficienza. L’emendamento fu bocciato per cinque voti. Il ddl poi fu calendarizzato in Aula, ma cadde nel dimenticatoio. In legislature precedenti era successo di peggio, come quando la senatrice leghista Carolina Lussana fece approvare un emendamento che prevedeva la punizione del torturatore solo se avesse torturato almeno due volte. Lo stesso Pdl si vergognò di quel voto e la legge fu abbandonata a se stessa.
La tortura è un crimine specifico severamente punito negli stati europei di Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Islanda, Lettonia, Lussemburgo, Macedonia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Slovenia, Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia e Ungheria.
Tra i sette ddl vanno distinti quelli che – riprendendo la definizione Onu – ritengono la tortura un delitto proprio, ossia che può esser commesso solo da pubblico ufficiale (Poretti; Della Seta e Amati del Pd) e quelli che lo qualificano come delitto generico, commettibile anche dal privato cittadino, prevedendo nel caso del pubblico ufficiale un’aggravante specifica.
«È offensivo per le forze dell’ordine ogni timore nell’introdurre con chiarezza il reato di tortura, perché la fiducia verso chi svolge tale ruolo passa anche attraverso la capacità di distinguere tra chi opera correttamente e chi no», commenta Mauro Palma, vicepresidente del Consiglio europeo per la cooperazione penalistica del Consiglio d’Europa. «Occorre chiamare col nome di tortura il reato che si vuole perseguire e specificare la sua natura di reato commesso da chi agisce in nome di un mandato affidatogli dalla collettività. I reati che riguardano violenze tra privati, anche se necessitano di pene di ugual misura, hanno una struttura diversa da quelli commessi da chi ha responsabilità pubblica». E aggiunge Antonio Marchesi, docente di diritto internazionale all’Università di Teramo e in passato presidente della sezione italiana di Amnesty International: «Il rischio di introdurre la tortura come reato generico è quello di snaturarlo, facendolo somigliare ai reati ordinari da cui la logica della Convenzione Onu si propone di tenerlo distinto. E poi ci sono motivazioni ben discutibili: stemperare, perché non sembri che si vogliano ‘criminalizzare’ le forze di polizia. Nessuno mi convincerà mai che non punire adeguatamente la tortura possa essere nell’interesse delle forze di polizia».
Gli unici a rompere il tradizionale schieramento di partito sono come sempre i radicali. Il loro testo vede anche firme non di centrosinistra, tra cui Ombretta Colli (Pdl) e Adriana Poli Bortone (Io Sud). Il Pd ha presentato varie proposte. L’ultimo disegno di legge in ordine cronologico è di Pietro Marcenaro, presidente della Commissione diritti umani del Senato. Esiste anche una proposta del gruppo Idv e una dei senatori Salvo Fleres e Mario Ferrara (Io Sud).
Oltre alla definizione del crimine e alle sanzioni minime e massime previste, il testo base dovrà decidere circa la collocazione sistematica della norma, indicare l’imprescrittibilità del crimine, stabilire se è punibile chi lo commette in territorio estero e se negare a questi l’immunità diplomatica, specificare se (come scrive Di Giovan Paolo, Pd) le dichiarazioni ottenute tramite tortura possano essere usate solo contro i presunti torturatori per determinare le modalità della loro estorsione.

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