Bella e determinata, la Calovic si batte contro la corruzione. È popolare quasi come il presidente: adesso il potere la teme
Bella e determinata, la Calovic si batte contro la corruzione. È popolare quasi come il presidente: adesso il potere la teme
Lineamenti minuti, occhi scuri dietro una montatura leggera, una voce arrochita forse dai troppi pensieri indignati che non riesce a tenere per sé. E perché mai dovrebbe farlo, Vanja Calovic, che non smette di vedere la corruzione arricchire i soliti noti e affamare i più, che vive in un Paese definito “Stato-mafia” dalla rivista Foreign Policy, che per due terzi dei suoi 34 anni ha visto lo stesso uomo, Milo Djukanovic, ai vertici del potere di Podgorica? Lei le denuncia da tempo a colpi di dossier, le condizioni in cui versa il suo Montenegro. Così quando migliaia di abitanti della repubblica adriatica si sono decisi a scendere in piazza per dire «Vrijeme Je! (è giunta l´ora!)» non poteva che essere Vanja il volto (bello) della protesta.
Anzi, delle proteste. Perché è da gennaio che studenti, sindacati, lavoratori manifestano per chiedere le dimissioni del governo e la caccia ai corrotti. Prima una volta al mese, ora una alla settimana: l´ultima ieri. È la “primavera balcanica”, di fronte a cui il premier Igor Lukšic lancia accuse: «Un movimento politicamente motivato». E che ha impresso una formidabile spinta alla popolarità di Vanja. Per un sondaggio del quotidiano Vijesti è la seconda persona più amata del Paese, dopo il presidente Vujanovic. Traguardo ammirabile per una giovane, laureata in economia, alla guida di una Ong locale ma agguerrita chiamata Mans. Che invoca trasparenza e lotta alla corruzione, tallone d´Achille del Paese che a fine mese dovrebbe iniziare i negoziati per l´ingresso nell´Ue.
«Gli uomini al governo si riempiono la bocca parlando d´Europa, ma hanno tasche piene di soldi torbidi e la gente comune paga mazzette anche per un passaporto», denuncia Vanja quando la raggiungiamo al telefono. «Le istituzioni continuano a chiudere gli occhi sul fatto che il potere politico è collegato al crimine organizzato. E si è arricchito con le privatizzazioni, mentre qui la gente fa la fame».
Un terzo di quello italiano: tanto vale il reddito procapite nella repubblica indipendente dalla Serbia dal 2006. La crescita quest´anno sarà di un magro 0,5 per cento. Così, quando a gennaio è arrivato l´ennesimo aumento in bolletta (quella elettrica, più 7 per cento), la frustrazione s´è incarnata in protesta. Con picchi di partecipazione da 20mila dimostranti, che non sono cifre da ridere per una nazione da 600mila abitanti. E con Vanja che arringa con frasi così: «Vogliamo che le decisioni siano prese in Parlamento non al Gran Caffè». Inteso come quello della capitale dove l´ex premier Milo Djukanovic è solito incontrarsi con gli uomini d´affari.
Lui, «padre dell´indipendenza» per chi lo ama, governante più longevo dei Balcani per la Storia post-1989, cogestore con la Sacra Corona unita nei ‘90 del contrabbando di sigarette per la Procura di Bari (provò a inchiodarlo ma si avvalse dell´immunità), si è dimesso da primo ministro nel 2010. Ma non ha mollato il potere: ha messo al suo posto il delfino Lukšic e si è tenuto la leadership del partito Democratico dei Socialisti, che vince da 20 anni.
È sotto il suo governo che avvennero le privatizzazioni messe sott´accusa da Vanja. Come le telecomunicazioni, andate a Magyar Telekom, che avrebbe pagato nove milioni di euro in tangenti ai politici montenegrini. O l´energia, in cui l´italiana A2A ha acquisito nel 2009 quasi la metà della società elettrica Epcg. Ma che, accusa la pasionaria anti-corruzione, «usa i soldi che avrebbe dovuto investire per altre finalità, tenendoli depositati nella Prva Banka», la banca controllata dalla famiglia Djukanovic. Su cui un´inchiesta della Bbc rivela: nel 2010 la maggior parte dei soldi depositati provenivano da fondi pubblici, due terzi dei prestiti erano elargiti a Djukanovic e affiliati.
Una sfilza di sospetti, mai un´incriminazione. Ci riuscirà la Primavera montenegrina? Difficile, ma ieri il presidente ha paventato l´ipotesi di un voto anticipato a ottobre. Con Vanja candidato? Lei è perentoria: «Il Paese ha bisogno di persone come me fuori dalla politica, per controllarne gli abusi. Una volta eletti, si sa, i compromessi sono inevitabili». E lei, per ora, non sembra volerne accettare.
0 comments