La Linke salvata dalle donne?

Die Linke. Rischio scissione tra massimalisti dell’ovest e riformisti dell’est. In alternativa alle rivalità  «maschili», Katja Kipping e Katharina Schwabedissen si candidano ad una guida in tandem. Oggi le assise della sinistra tedesca, in crisi nei Là¤nder e in calo nei sondaggi (5-6%). Addio bottino del 2009. «Per rompere le logiche di contrapposizione tra blocchi» e «per uscire dalla gabbia delle cordate maschili»

Die Linke. Rischio scissione tra massimalisti dell’ovest e riformisti dell’est. In alternativa alle rivalità  «maschili», Katja Kipping e Katharina Schwabedissen si candidano ad una guida in tandem. Oggi le assise della sinistra tedesca, in crisi nei Là¤nder e in calo nei sondaggi (5-6%). Addio bottino del 2009. «Per rompere le logiche di contrapposizione tra blocchi» e «per uscire dalla gabbia delle cordate maschili» BERLINO. Riusciranno la 34enne Katja Kipping, libertaria dell’est, e l’«anticapitalista» dell’ovest Katharina Schwabedissen, 39enne dell’ovest, a scongiurare una spaccatura insanabile al congresso della Linke che si apre oggi a Göttingen?

Lo statuto del partito socialista tedesco prevede una coppia di presidenti, con almeno una donna. Era stato escogitato per bilanciare aree culturali e politiche dopo l’unificazione del 2007 tra la Pds, partito del socialismo democratico con salde radici nelle regioni dell’est, e la Wasg, la lista per la giustizia sociale formatasi a ovest come reazione ai tagli «socialdemocratici» al welfare. Si pensava a un uomo e a una donna, uno/a dell’est, l’altro/a dell’ovest. Ma nessuna norma vieta che entrambi i posti vengano assegnati a donne.
Questa è l’idea di Kipping e Schwabedissen, che si propongono in tandem «per rompere con le logiche di contrapposizione tra blocchi» e «per uscire dalla gabbia delle cordate maschili».
La crisi della Linke, bloccata dal dilemma tra opposizione «senza se e senza ma», e tentativi di aprire canali di comunicazione con Spd e verdi, anche per non trovarsi nel 2013 con una grande coalizione tra democristiani e socialdemocratici a guida Merkel, non può essere aggirata con escamotage di «genere». Ma la contrapposizione tra i capibastone maschi ha assunto connotazioni così distruttive da impedire ogni ricerca di rimedi. Il passaggio a un nuovo stile di comunicazione interna non garantisce la salvezza, ma ne è premessa indispensabile.
Da una parte Oskar Lafontaine, già presidente della Spd, cui voltò le spalle disgustato dal neoliberismo del cancelliere Schröder. Dall’altra Dietmar Bartsch, eroe dei «pragmatici» dell’est che hanno mosso i primi passi nella Sed di Honecker, vendicatori di una vasta schiera di funzionari frustrati. Uno che, per dirla con Rutelli, si è nutrito per anni di «pane e cicoria», tirando avanti la carretta dell’organizzazione, e si è stufato di lasciare il palco alla star di Saarbrücken.
I due non si sopportano. Siccome Bartsch aveva presentato la sua candidatura alla presidenza, pur di bloccarlo anche Oskar Lafontaine ha presentato a maggio la sua, sebbene da qualche tempo, con i suoi 68 anni anni, sembrasse propenso al ritiro nella natia Saarbrücken, dove guida la Linke nel parlamento regionale. Lafontaine, convinto che gli srotolassero davanti il tappeto rosso, ha posto la condizione di essere candidato «unico» (unico uomo, perché a una controfigura femminile si sarebbe dovuto rassegnare comunque). Bartsch, invece di fare un passo indietro, ha confermato la sua candidatura, forte dell’appoggio di un altro «Ossi» di peso, Lothar Bisky, ex copresidente della Linke. E il 22 maggio, mortalmente offeso nel suo amor proprio, Lafontaine ha rinunciato a scendere in campo: «Una competizione tra più candidati non sarebbe il coronamento più degno per la mia carriera». Come a dire: vi pare che un politico d’eccezione come me – e certo Lafontaine lo è stato per la sinistra tedesca – debba misurarsi con un burocratello come Bartsch?
Lo slancio dell’unificazione tra Pds e Wasg si è esaurito nel 2010. Fino a allora era stato un tripudio di successi. Con l’eccezione della Baviera, la Linke era riuscita a sfondare la barriera del 5 per cento all’ovest, entrando nei Landtage a Brema (8,4%), in Assia (5,1% nel 2008 e 5,4% quando si dovette rivotare nel 2009), in Bassa Sassonia (7,1%), nella Saar di Lafontaine con un mirabolante 21,3%, in Schleswig-Holstein (6%), mentre i quozienti restavano sopra il 20% all’est. La cavalcata culminò con l’11,9% alle politiche del settembre 2009. Nel 2010 venne ancora un successo in Nordreno-Vestfalia (5,6%).
Nel 2011 andò ancora passabilmente a Amburgo (6,4%) e a Brema (5,6%), ma lo stesso anno la Linke mancò l’ingresso al Landtag in Renania-Palatinato (3%) e in Baden-Württemberg. E a Berlino pagò una flessione all’11,7% (-1,7) con l’uscita dalla maggioranza.
Nel 2012 la Linke ha cominciato a uscire dai Landtage conquistati in precedenza: via in Schleswig (2,2%), fuori pure in Nordreno-Vestfalia (2,5%). I sondaggi su scala federale la danno tra il 5 e il 6 per cento. Metà del bottino del 2009 è perduto. E i capitribù litigano come carrettieri.
Da qui la proposta del tandem di donne. La proporzione geografica torna. Kipping, una dei quattro vicepresidenti del partito sin dal 2007, è nata a Dresda, in Sassonia, nel 1978. Aveva 11 anni quando è caduto il muro. Schwabedissen viene da Bielefeld, in Nordreno-Vestfalia, e guida il partito in quella regione.
Potrebbe funzionare anche la miscela politica. Katja Kipping, interessata ai movimenti sociali di base e ai temi verdi, è legata all’ala libertaria («sinistra per l’emancipazione»). La sua passione per il reddito di cittadinanza la rende sospetta sia ai sindacalisti dell’ovest, sia ai «realpolitici» dell’est. Ma inserita sin dal 2007 nella direzione, come una dei quattro vicepresidenti del partito, ha sviluppato uno stile politico «integrazionista». Sembra capace di ascoltare e di parlare (quasi) con tutti, pure con i riformisti del «Foro per il socialismo democratico», che pure la consideano una radicale.
Katharina Schwabedissen è passata per la Wasg, ma con un percorso di politicizzazione diverso da quello tipico nella Spd e nel sindacato. Figlia di un pastore evangelico, è partita dall’impegno sociale e pacifista cristiano. Viene catalogata nella corrente della «sinistra anticapitalista», intransigente con la Spd. Ma non ha fatto voto di cieca ubbidienza a Oskar Lafontaine e, come presidente regionale, coltiva anche lei uno stile non settario.
Lafontaine e i suoi sembrano disposti a subire Katja Kipping, ma non l’affronto antipatriarcale della coppia in rosa. Come socio di Kipping propongono il fido sindacalista Bernd Riexinger, capo del partito in Baden-Württemberg. Nel secondo scrutinio, aperto a uomini e donne, dovrà vedersela lui con Bartsch.
Foto: Niente barbe e baffi, come nella canonica galleria di antenati Marx-Engels-Lenin. Accanto a Rosa Luxemburg vediamo Katharina Schwabedissen, presidente della Linke in Nordreno-Vestfalia, e Katja Kipping, deputata di Dresda e capofila dell’ala libertaria, candidate insieme alla presidenza «in alternativa alle cordate maschili».

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