La parata ritagliata che sfida il buonsenso

2 giugno

Napolitano presiede un «vertice di guerra» con Schifani, Fini e Monti. Impone il rispetto del programma, che però sarà  «particolarmente sobrio» Meno personale, niente mezzi né Frecce tricolore e zero cavalli. Ma la sfilata in via dei Fori Imperiali è confermata Può una parata – secondo il dizionario «sfoggio, esibizione, rassegna di soldati e mezzi militari» – essere «sobria»?

2 giugno

Napolitano presiede un «vertice di guerra» con Schifani, Fini e Monti. Impone il rispetto del programma, che però sarà  «particolarmente sobrio» Meno personale, niente mezzi né Frecce tricolore e zero cavalli. Ma la sfilata in via dei Fori Imperiali è confermata Può una parata – secondo il dizionario «sfoggio, esibizione, rassegna di soldati e mezzi militari» – essere «sobria»? Quella di dopodomani dovrà esserlo per forza, anzi secondo l’annuncio del presidente della Repubblica – che ha voluto confermarla e sta cercando però di metterla al riparo dall’impopolarità – sarà «particolarmente sobria». A poco è servita dunque la mobilitazione cresciuta in rete sui social network, per nulla è stata ascoltata la richiesta di cancellare l’esibizione di quest’anno e festeggiare la Repubblica in altro modo, devolvendo alle popolazioni dell’Emilia le somme risparmiate. Se non a convincere il ministero della difesa a sforbiciare un po’ la lista dei marcianti e a rinunciare a tutti i mezzi e ai cavalli.
Tornato a Roma dal viaggio in Friuli, durante il quale aveva già confermato la parata militare del 2 giugno, ieri pomeriggio Giorgio Napolitano ha tenuto al Quirinale un inedito vertice tra le più alte cariche dello stato, con lui c’erano il presidente del senato e quello della camera, più il capo del governo Monti. Un vero e proprio consiglio di guerra, dedicato alle misure urgenti per le vittime dell’Emilia, la più urgente delle quali era la soluzione al rebus della parata. Scartata subito l’ipotesi di cancellarla, si è deciso di offrire un segnale di buona volontà, moderando i festeggiamenti che già erano stati contenuti rispetto all’anno scorso – il 150esimo dell’unità – per effetto della crisi economica. Al termine dell’incontro, è stato Napolitano a comunicare le decisioni. Le celebrazioni del 2 giugno, ha spiegato, «saranno improntate a criteri di particolare funzionalità e sobrietà, sia per i limiti entro cui si svolgerà la rassegna militare, sia per i caratteri che assumerà l’incontro in Quirinale»: sarà un ricevimento senza sfarzo eccessivo. Ma la parata si farà perché, ha aggiunto il capo dello stato, occorre «riaffermare la vitalità e la responsabilità delle forze dello stato» anche per «affrontare i problemi dell’oggi e del domani, a cominciare da quelli delle popolazioni e dei territori colpiti dal recente terremoto». Poco dopo il ministro della difesa ha spiegato che la sfilata del 2 giugno, «già fortemente contenuta in linea con le linee di rigore adottate dal governo», sarà «ulteriormente improntata alla sobrietà», dunque «non sfileranno mezzi, non sfileranno cavalli, le Frecce tricolore rimarranno negli hangar e nel complesso la presenza di militari e non militari verrà ulteriormente ridotta di oltre il 20%». I reparti dell’esercito che sono impegnati nelle operazioni di soccorso ai terremotati sfileranno con un solo rappresentante. Naturalmente questo non significa che tutti gli altri soldati inizialmente previsti in via dei Fori Imperiali saranno dirottati di corsa in Emilia, in definitiva sono motivi di immagine a consigliare il profilo basso.
Ridurre, ma confermare. Questa strategia smentisce un po’ le affermazioni della prima ora dei sostenitori della parata, secondo i quali i costi della cerimonia erano già stati tutti anticipati e nulla si sarebbe risparmiato con una cancellazione in extremis. In realtà tolte le spese per gli allestimenti che sono circa la metà del budget complessivo, cioè 1,5 milioni di euro (ma anche su queste qualcosa si sarebbe potuto economizzare, considerando che gli allestitori sono pagati a giornata di lavoro), gli altri 1,5 milioni sono destinati a coprire le indennità di missione, gli straordinari, i festivi e i notturni pagati al personale delle forze armate. Che sono già a Roma, molti di loro ospitati in albergo, e stanno completando l’addestramento. Il sovracosto medio di ogni uomo e ogni donna coinvolto nell’operazione 2 giugno può essere calcolato in 110 euro al giorno, tolte le spese di viaggio. Il personale impiegato (prima del taglio del 20% deciso ieri sera) si aggira sulle tremila unità. Il prodotto per cinque giorni di missione supera di poco il milione e mezzo: queste cifre sono ovviamente già state stanziate ma potevano essere risparmiate ordinando il «tutti a casa».
Del resto, dal punto di vista dei militari, 110 euro al giorno vitto e alloggio compresi non è certo una somma particolarmente invitante. Infatti da molto tempo ormai nelle caserme non si registra più la corsa per partecipare alla parata del 2 giugno, al contrario i comandanti ai pochi volontari devono aggiungere molti militari scelti a loro insindacabile giudizio. Con i criteri più vari. Molto spesso per ragioni geografiche. A marciare lungo via dei Fori Imperiali arriva così una maggioranza di militari originari di Roma e del Lazio, che così si riavvicinano a casa per qualche giorno. La scelta ha il vantaggio di richiamare nel pubblico le famiglie dei soldati e delle soldate, garantendo il pienone sulle tribune. Non l’ultimo dei problemi per una parata che quest’anno sfiderà soprattutto il buonsenso.

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