Anni settanta. La sera andavamo alla festa di re Nudo

Il decennio creativo, turbolento e violento che sconvolse Milano rivive in una grande mostra a Palazzo Reale. Dai tavoli di Enzo Mari al design di Alessandro Mendini alle performance di John Cage al Lirico. Un progetto del Comune curato da Francesco Bonami e Paola Nicolin, ingresso gratuito 

Il decennio creativo, turbolento e violento che sconvolse Milano rivive in una grande mostra a Palazzo Reale. Dai tavoli di Enzo Mari al design di Alessandro Mendini alle performance di John Cage al Lirico. Un progetto del Comune curato da Francesco Bonami e Paola Nicolin, ingresso gratuito 

All´ingresso ci sono i tavoli di Enzo Mari sui quali sono appoggiati i volumi delle Edizioni Gabriele Mazzotta e i documenti dell´archivio Primo Moroni prestati da Cox 18 ma che allora “ingombravano” gli scaffali della Libreria Calusca affacciata su corso di Porta Ticenese. Su tre schermi le interviste-racconto di Nanni Balestrini, Mino Bertoldo, Luciano Caramel. Sergio Dangelo, Ugo La Pietra, Gino Di Maggio, Giorgio Marconi, Gabriele Mazzotta, Carla Pellegrini, Paolo Rosa, Arturo Schawarz, Tommaso Trini, Lea Vergine: 13 fra i 74 protagonisti di Addio anni Settanta. Arte a Milano 1969-1980 la mostra che occupa i 2.500 mq delle 28 sale del primo piano di Palazzo Reale. La prima grande mostra, dopo quella del Bramantino, ideata e prodotta dal Comune (con 24 ore Cultura) su progetto di Francesco Bonami e Paola Nicolin.
Un vero ritorno agli anni Settanta così che, nella sala affidata alle scelte di Arturo Schawarz, si ritrovano le opere di Sergio Dangelo che a Palazzo Reale espose nel 1972 guadagnandosi allora le critiche di Domenico Porzio che l´artista, con autocompiacimento, indica oggi nella teca che contiene anche la lettera di ringraziamenti firmata dall´allora sindaco Paolo Pillitteri. E´ il segno di un´amministrazione capace di rappresentare la mutevole scena artistica di quegli anni turbolenti e insanguinati negli spazi di Palazzo Reale, della Rotonda della Besana, del Pac sulla cui inaugurazione e i suoi ospiti eccellenti “giocano” le immagini deformate dal fish eye di Maria Mulas a concludere idealmente l´intero percorso espositivo. Nel mezzo, un gioco complicato, rappresentato su un doppio registro nel quale collocare opere singole e piccole raccolte, materiali sempre diversi, dispersi in collezioni pubbliche e private e riuniti per la prima volta in una sorta di antologia critica impossibile da ridurre in catalogo, che si è infatti scelto di sostituire con una raccolta di materiali originali. Ad accomunarle e, al tempo stesso, distinguerle lo “slittamento” tra impegno sociale e annunci del futuro.
Proprio come in Ostriche di Alfa Castaldi scelta come immagine simbolo della mostra ma, al tempo stesso, lontanissima dal rigore della ricerca di Ugo Mulas e delle sue einaudiane Verifiche anche se proprio loro avevano raccontato per immagini la “leggenda” del Bar Giamaica. Un esempio? Le foto di Gabriele Basilico prima e dopo i concerti alla sesta edizione del festival di Re Nudo, poi montate nel film documentario Proletariato Giovanile, fronteggiano quelle di Lelli e Masotti scattate al Lirico per Empty Words di John Cage portato in italia dalla Cramps Records di Gianni Sassi e Demetrio Stratos, che delude il popolo del rock le cui critiche raccoglie sul nastro magnetico Pietro Pirelli, musicista e artista visuale, che quella colonna sonora mette in mostra.
Un gioco che si ripete sala dopo sala alla ricerca del rapporto che lega Attacco di Mimmo Rotella che porta sulla tela gli scontri di piazza nella sala dove la protesta è “congelata” nel bianco e nero delle foto di Carla Cerati, Gianni Berengo Gardin, Mulas o nei colori sgargianti di Valerio Adami e del suo Intolerance, con le tavole imbandite di Daniel Spoerri, i tableaux piéges, i tavoli trappola, che gli ospiti delle sue serate astro-gastronomiche, artisti, critici intellettuali nati sotto il medesimo segno zodiacale, venivano chiamati a comporre. Un ritorno dopo quarant´anni, come la Città analoga di Arduino Cantafora realizzata per la Triennale del ´73 e regalata al Comune che l´aveva nascosta nei suoi uffici demaniali di via Pirelli e che torna oggi visibile a introdurre le architetture disegnate, ad esempio, da Aldo Rossi, ma anche il lavoro editoriale di Alessandro Mendini alla direzione di Casabella e performer nel cortile di una casa di ringhiera.
Percorsi paralleli, incroci tutti da scoprire come per le sconvolgenti anatomie di Giovanni Testori, ma obbligatoriamente muniti della guida distribuita gratuitamente in 30mila copie. Già, «agratis», come la mostra, e come si sarebbe detto in una delle performances viste all´Out Off, alla Galleria di Porta Ticinese, alla Fabbrica di Comunicazione… in uno dei tanti luoghi di una Milano tutta da riscoprire. Perché ha ragione Paola Nicolin a intitolare la sua presentazione della mostra con un punto di domanda: “Addio anni ´70?”.

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