“Io, da ergastolano a attore col cinema sono nato due volte”

Aniello Arena, rivelazione di “Reality”.  Ai ragazzi che rischiano di rovinarsi la vita dico: andate a scuola, avvicinatevi all’arte In qualunque forma 

Aniello Arena, rivelazione di “Reality”.  Ai ragazzi che rischiano di rovinarsi la vita dico: andate a scuola, avvicinatevi all’arte In qualunque forma 

NAPOLI. «Sono nato due volte. Il teatro, e ora il cinema, mi hanno partorito di nuovo. Per questo, mi sento di dire ai ragazzi che rischiano di rovinarsi la vita, o di svuotarla: andate a scuola, avvicinatevi all´arte. In qualunque forma». Aniello Arena, 44 anni, napoletano, è una persona schiva, che sa portare i segni della vita. Ed è ormai l´attore rivelazione di Reality, il film di Matteo Garrone, Grand Prix a Cannes. Anche il ministro Ornaghi ha telefonato al regista per complimentarsi. Arena sta scontando l´ergastolo nel carcere di Volterra. In base all´articolo 21 dell´ordinamento penitenziario, Aniello è un detenuto che può recitare o lavorare all´associazione culturale Carte Blanche, rientrando di sera in carcere. Fu condannato con l´accusa di strage (agguato di piazza Crocelle, gennaio ´91, tre morti). Ora sta preparandosi sul testo Mercuzio non vuole morire.
Arena, fosse stato a Cannes, chi avrebbe ringraziato d´istinto?
«I miei maestri. Punzo per il teatro, Garrone per il cinema. Con la Compagnia della Fortezza di Volterra io sono diventato, piano piano, una persona diversa, e questo prima di diventare attore».
Cosa le hanno trasmesso queste esperienze?
«Adesso, sono un uomo che ascolta, prima di parlare. Lo devo alla lettura, agli autori, da Shakespeare a Genet. Avevo la quinta elementare. In carcere ho preso la licenza media. Avevo i paraocchi come i cavalli. Adesso, di fronte al gesto più scorretto, mi chiedo che cosa ha mosso l´altro. Cerco una ragione dietro le cose».
Nel film di Garrone lei è Luciano che perde la testa per l´ossessione del Grande Fratello. Storia vera, tra l´altro. Il fatto di avere incontrato il vero Luciano come ha influito?
«Mah, per sensibilità ho sempre evitato di fargli domande. Poi, il metodo di Garrone è di lavorare in sequenza: tu giri sul set seguendo l´evoluzione cronologica, quindi ho fatto crescere il personaggio con me. A un certo punto, ho provato una grande malinconia: non mi piaceva l´idea che Luciano buttasse tutto a gambe all´aria. Per la televisione, poi».
La scena più difficile.
«L´abbiamo rifatta tante volte. È quella in cui mio cugino mi porta in chiesa, dal prete. All´inizio non la sentivo, non frequento le liturgie. Sono credente, ma penso di poter pregare Dio in ogni luogo».
Il sindaco di Napoli annuncia una «grande festa» per Reality. Chiederà un permesso per tornare nella sua città?
«Non lo so. Io resto, con orgoglio, napoletano. Anche se adesso Volterra è la mia casa. Napoli la amo, ma è come se non la conoscessi più».
Il film è girato anche a Barra, la “sua” periferia, dove vivono sua sorella, suo figlio. E dove tanti continuano a essere preda del degrado o del crimine. Se la sua testimonianza potesse cambiare qualcosa, cosa direbbe?
«Direi: andate a scuola. Avvicinatevi all´arte. Aprire la mente vi salva la vita. Io l´ho scoperto, ma dopo è tardi. Non solo i ragazzi di Napoli ma quelli del sud sono a rischio».
Qual è il suo sogno, dopo la libertà?
«Oltre alla libertà materiale? Un teatro Stabile nel carcere di Volterra. Punzo lo coltiva da 25 anni. Io da meno. Sarebbe il frutto di tanto, onesto impegno».

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