Cgil, è scontro aperto

DDL LAVORO · Nota della segreteria: «Luci e ombre». E scoppia la polemica

DDL LAVORO · Nota della segreteria: «Luci e ombre». E scoppia la polemica
È polemica in Cgil dopo la pubblicazione sul sito dell’organizzazione di una nota della segreteria che, commentando il testo del disegno di legge sul mercato del lavoro, annota «diverse novità positive» pur a fronte di «alcuni peggioramenti». La segreteria di una delle categorie più ‘pesanti’ all’interno della confederazione, il pubblico impiego, a 24 ore dalla pubblicazione della nota ancora non ne sapeva nulla. Uno dei membri della segreteria, Nicola Nicolosi, accusa: «Questo comunicato non è stato discusso». Ma è soprattutto sul merito della nota che si appuntano le critiche dei segretari di importanti categorie. «Io vedo più ombre che luci, quello del governo è un testo deludente e pericoloso», commenta Mimmo Pantaleo che in Cgil guida la federazione dei lavoratori della conoscenza, «ci sono tagli pesanti ai diritti, nessun vero allargamento degli ammortizzatori sociali, un’accentuazione della precarietà e sull’articolo 18 è stata fatta una mediazione inaccettabile, che rende una chimera la possibilità del reintegro».

Nella nota della segreteria vengono giudicate positivamente alcune misure: il compenso dei collaboratori a progetto che non può essere inferiore ai minimi salariali dei lavoratori subordinati e le «presunzioni di subordinazione» per il lavoro precario, cose che messe insieme, secondo il sindacato, «pongono le premesse normative per un’importante opera di pulizia del mercato del lavoro dalle forme elusive di ricorso al lavoro autonomo e insieme di tutela efficace dei redditi per le collaborazioni genuine». La Cgil annuncia l’intenzione di «presidiare» la discussione della legge sia al Senato che alla Camera perchè «si è ancora in presenza di un testo che necessita di importanti modifiche». Sei sono i punti su cui il sindacato avanza una richiesta di cambiamento: il nodo dei contratti a termine per i quali viene meno l’obbligo di causale; il lavoro intermittente; la stretta sulle partite Iva che esclude dalla «presunzione di subordinazione» chi guadagna 18 mila euro all’anno, ossia 700 euro al mese; l’universalizzazione degli ammortizzatori sociali; e la rimozione della retroattività del licenziamento in caso di esito negativo della procedura di conciliazione.

Gianni Rinaldini, coordinatore dell’area di opposizione «la Cgil che vogliamo», definisce la nota «sconcertante e incredibile». «È l’impianto legislativo di Maroni del 2001, quello contro il quale la Cgil si è aspramente battuta, si riparte dal lavoro a termine senza causali e ritorna persino il lavoro a chiamata, senza nemmeno la chiamata perchè basta un sms». Tra l’altro, nota Rinaldini, le tipologie contrattuali precarie restano tutte, senza nessun allargamento degli ammortizzatori sociali, perchè il diritto all’Aspi si matura dopo 52 settimane di contributi: «Se questa è la posizione della Cgil, il sindacato sta avallando un’operazione che contiene tutti i nodi che nel passato erano stati contrastati, e non solo sull’articolo 18». «È il ritorno di una concezione neocorporativa», dice Nicola Nicolosi, membro della segreteria confederale. Nicolosi punta il dito soprattutto contro una delle ultime modifiche al testo che, in materia di appalti, abolisce di fatto «la responsabilità in solido» che grava sulla ditta appaltatrice qualora l’appaltante non rispetti leggi e diritti. «Hanno stabilito che sarà il contratto collettivo firmato da sindacati e imprese a definire le regole di controllo per le ditte che prendono appalti», spiega, «che vuol dire che quel che fino a oggi ha fatto la legge, dovranno farlo le parti sociali, siamo all’assurdo».
Più cauta nei giudizi, ma in sintonia nella sostanza delle critiche, anche Rossana Dettori, segretaria dei pubblici della Cgil, vede più ombre che luci. «Bisogna mettere in campo inziative per cambiare il testo di legge, mettendo in conto, se nulla dovesse cambiare in Aula, anche lo sciopero generale». Anche Mimmo Pantaleo converge sulla necessità di una mobilitazione generale. Per il momento dentro l’organizzazione si aspetta la manifestazione proclamata insieme a Cisl e Uil del 2 giugno, «un momento importante» convergono tutti i segretari di categoria interpellati, ma dopo il 2, senza migliorìe al testo, la pressione per una mobilitazione generale salirà. E in testa ci sarà la Fiom, reduce dall’assemblea fiorentina che al centro aveva proprio la difesa dei diritti del lavoro messi in discussione dalla legge del governo.

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