“No all’aumento delle tasse universitarie”. Scontri, 700 arresti. Sfidano il divieto di assemblea approvato una settimana fa dall’esecutivo provinciale del Québec. Montreal è una immensa zona rossa: ma la rabbia si è estesa ormai in tutto il Paese
“No all’aumento delle tasse universitarie”. Scontri, 700 arresti. Sfidano il divieto di assemblea approvato una settimana fa dall’esecutivo provinciale del Québec. Montreal è una immensa zona rossa: ma la rabbia si è estesa ormai in tutto il Paese
TORONTO – Oltre 700 arresti hanno segnato in modo indelebile il centesimo giorno della protesta studentesca nella provincia del Québec . Decine di migliaia di persone, mercoledì, sono scese in piazza contro l´aumento delle rette universitarie. La protesta dilaga: a Montreal, Québec City o Sherbrooke, ma anche a Toronto, Calgary, Vancouver. Dall´Est all´Ovest del Canada il tam tam della rabbia studentesca si oppone al premier liberale Jean Charest, che ha aumentato dell´80 per cento le tasse universitarie. Ogni studente dovrà pagare 254 dollari in più, per sette anni, su una retta già di circa 4000 dollari annui.
A Montreal le proteste si sono susseguite per 30 notti. In segno di solidarietà, agli studenti si sono accodati genitori, docenti, anziani e bambini in marce pacifiche, scandite dal ritmo di pentole, cucchiai e coperchi. Tre i focolai: il college Lionel-Groulx a Sainte-Thérèse, il ponte Jacques Cartier e un albergo in pieno centro a Montreal. La città è un´immensa zona rossa: un campo libero per l´intervento della polizia, grazie alla legge 78 approvata la scorsa settimana dal governo provinciale che vieta riunioni di massa nelle vicinanze di università e scuole, e impone l´obbligo di richiedere l´autorizzazione di manifestare almeno otto ore prima. Tra manganelli, gas e idranti, i poliziotti in tenuta antisommossa hanno arrestato 518 manifestanti a Montreal, 176 a Quebec City e in altre piazze dove gli studenti sventolavano bandiere azzurre coi gigli bianchi, la fleur-de-lis simbolo della provincia francofona.
Di primo mattino è partita la carica delle forze dell´ordine contro alcuni riottosi a volto coperto armati di sassi e spranghe. Le manette sono scattate anche per Emmanuel Hessler, un regista indipendente che si era agli studenti. Mentre lo caricavano su un autobus, é riuscito a twittare: «Stanno arrestandomi, non so cosa succederà ora. Augurami buona fortuna». Tornato libero dopo aver pagato la cauzione, ha raccontato: «Ci siamo ritrovati circondati dalla polizia, non abbiamo capito più nulla. Questo pugno di ferro mi ha sorpreso e terrorizzato».
E forse mai s´erano sentiti dibattiti tanto accesi da quando, nel 1995, il Quebec fu lacerato dal referendum sull´indipendenza dal Canada. Oggi, al di là del rialzo della retta universitaria, il “malessere del Quebec” si inserisce in un disagio diffuso a livello internazionale, con il riverbero della crisi economica e con le misure imposte a una popolazione che inizia a risentirne gli effetti. Sulla crisi germina la rabbia dei giovani contro le disparità economiche e sociali approfonditesi in Canada come negli Stati Uniti.
La rivolta rievoca anche il dissenso del Sessantotto, però alla ventata libertaria bohemien o hippy si è sostituita una protesta che non cede il passo. Mentre sia gli studenti sia il governo restano su posizioni ferree, i socialisti guadagnano consensi e i deputati del Parti Québécois si presentano in parlamento con i simboli della “piazza rossa” della protesta studentesca. L´unico spiraglio è l´apertura di un tavolo con una delegazione studentesca. Dopo le dimissioni del ministro dell´Istruzione Line Beauchamp, il premier Charest ha richiamato al suo fianco un uomo di fiducia, Daniel Gagnier, per trovare a breve una soluzione. E chissà se monsieur Gagnier avrà migliore fortuna.
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