Fassino sposa D’Amore, che sparò a Coggiola. Sindacalista Cisl e compagno di Peci fu accusato dal pentito e tempo dopo fu arrestato per una rapina comune. Oggi ha 63 anni e un figlio adulto
Fassino sposa D’Amore, che sparò a Coggiola. Sindacalista Cisl e compagno di Peci fu accusato dal pentito e tempo dopo fu arrestato per una rapina comune. Oggi ha 63 anni e un figlio adulto
Nicola D´Amore, 63 anni, un figlio ormai adulto, una vita ricostruita con grande fatica dopo il primo arresto nel 1980 per terrorismo (faceva parte del commando delle Brigate Rosse che uccise sotto casa il capo-officina della Lancia di Chivasso Pietro Coggiola il 28 settembre del 1978) è l´uomo al quale il sindaco Piero Fassino ha promesso di celebrare il secondo matrimonio con la sua compagna, la donna con la quale convive da quando è tornato libero. Un gesto che vuole riconoscere il valore della riabilitazione: D´Amore ha scontato la sua pena, dopo essere entrato in carcere nell´aprile del 1980 all´indomani delle confessioni di Patrizio Peci, e ne è uscito nel 1988, in semilibertà. Accolto dal Gruppo Abele, dove lavorava durante il giorno mentre la notte tornava in carcere, come molti altri ex terroristi D´Amore è poi finito invischiato in una rapina con cinque malviventi “comuni”, alcuni dei quali conosciuti in carcere. Insieme, nel 1996, assaltarono le Poste di via Reiss Romoli, ma vennero subito arrestati e condannati (per lui, cinque anni di carcere).
Di nuovo libero, l´ex operaio Fiat e sindacalista Fim-Cisl negli anni Settanta ha iniziato nel 2000 una trafila comune a molti: la ricerca di un lavoro, di una casa, la difficile ricucitura con la famiglia d´origine (anche il fratello Giuseppe, ferroviere, ha avuto precedenti per terrorismo), l´incontro con una donna e la nascita di una nuova unione. D´Amore, del quale Peci parla diffusamente nel suo libro “Io, l´infame”, era ritenuto un insospettabile, uno dei tanti operai che di giorno militavano nel sindacato “ufficiale” e la sera tramavano contro lo Stato e i suoi “servi”, capisquadra o ingegneri, giornalisti o avvocati, poliziotti o consiglieri comunali, che, come accadde allo stesso Coggiola, poi venivano uccisi o gambizzati durante quel biennio del terrore che concluse gli anni Settanta a Torino. Secondo Peci (una versione che D´Amore non ha mai ammesso) fu proprio lui a sparare 13 colpi alle gambe al capo-officina, che però restò ucciso.
E anche se le categorie dell´epoca, “pentiti”, “dissociati” e “irriducibili” appaiono ormai molto lontane, è giusto annotare che D´Amore, a differenza di Peci, non ha mai appartenuto a quella del pentimento. Condannato a 21 anni, ha partecipato alla rivolta nel carcere di Trani, poi ad un´altra, personale, nel repartino detenuti delle Molinette. Fino alla “ricaduta” di via Reiss Romoli con i detenuti comuni conosciuti durante la detenzione. Con i poliziotti che lo arrestarono in quella occasione, D´Amore trovò la voglia di scherzare: «Vi sbagliate, ero qui per fare un vaglia…». Ma i giudici lo condannarono ad altri cinque anni di carcere.
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