L’INTELLIGENCE MOBILITATA, SI PUNTA SULLA PISTA LOCALE

Dalla vendetta contro un pentito all’ombra del folle. Ora i padrini delle cosche pugliesi, sottoposte a una pressione fortissima, potrebbero avere interesse a consegnare gli assassini. Gli inquirenti sembrano escludere la criminalità  organizzata, potrebbe trattarsi di una sanguinosa faida tra gli “emergenti” 

Dalla vendetta contro un pentito all’ombra del folle. Ora i padrini delle cosche pugliesi, sottoposte a una pressione fortissima, potrebbero avere interesse a consegnare gli assassini. Gli inquirenti sembrano escludere la criminalità  organizzata, potrebbe trattarsi di una sanguinosa faida tra gli “emergenti” 

ROMA – Alla fine di una giornata in cui nulla sembra riuscire a offrire una qualche logica, per quanto criminale, all´orrore, gli apparati della nostra sicurezza, dall´Antiterrorismo all´Anticrimine, dallo Sco della Polizia al Ros dei carabinieri, come del resto l´Aisi, la nostra intelligence domestica, il cuore insomma di una mastodontica macchina investigativa che ha rovesciato sul terreno 200 specialisti in poco meno di dodici ore, maturano una prima convinzione. Che la chiave della strage, quale che ne sia la matrice o il movente, quanti ne siano gli autori, va cercata nel «contesto locale». «Le bestie di Brindisi – dice una fonte qualificata del Viminale – vanno trovate lì. O nei dintorni». E nella constatazione, sembra in qualche modo esserci un barlume di conforto, ammesso che un conforto possa trovarsi. Perché allontana i demoni ancor più spaventosi che dal mattino hanno ballato nel lavoro di analisi degli addetti e hanno finito per fare capolino nella discussione pubblica. «In questo momento – spiega una fonte del Dipartimento di Pubblica sicurezza – nulla fa anche lontanamente pensare che in questo scempio ci siano le stimmate della violenza politica o la mano della criminalità organizzata. Cosa Nostra o Sacra Corona Unita che dir si voglia. Perché nessuna organizzazione criminale ha mai concepito un massacro di innocenti al buio. Perché anche le vendette trasversali più disumane hanno sempre colpito un singolo individuo, i suoi affetti, magari anche correndo il rischio di fare vittime non volute, ma mai tirato nel mucchio».
Se è dunque «oggettivamente terroristica» questa mattanza, l´aggettivo, per una volta, non andrebbe legato a chi del terrorismo, storicamente, ha fatto la sua arma in questo Paese. E la ricerca degli assassini, circoscritta al «contesto locale», potrebbe rivelarsi meno improba. Non è un caso, che da ieri mattina, le indicazioni investigative inviate da Roma, si siano concentrate su Mesagne, il paese delle vittime. Il luogo che nelle ultime settimane è stato teatro di una catena di eventi troppo significativi per essere forse delle semplici coincidenze (un´operazione di polizia che ha decapitato uno dei clan locali, l´attentato dinamitardo al rappresentante della lotta anti-racket) e che dunque potrebbe custodire la chiave o quantomeno una delle chiavi di interpretazione della strage. Nessuno, evidentemente, immagina in queste ore di trovare necessariamente lì gli assassini. Non fosse altro perché appare illogico immaginare una strage di innocenti per mano di chi vive negli stessi luoghi.
«Ma è probabile – chiosa una qualificata fonte ministeriale – che a Mesagne sia possibile raccogliere informazioni, tracce, indizi, testimonianze, utili ad afferrare quello che ancora non sappiamo». Non fosse altro perché in quella terra – come osservano anche fonti diverse della nostra intelligence – «in questi ultimi tempi, è accaduto di tutto». Perché Mesagne «è terra di pentiti», dove una «struttura ormai acefala e violentissima», per lo più concentrata nel racket delle estorsioni, con a disposizione arsenali continuamente riforniti dal traffico di armi che arriva dai Balcani, «sfugge», per dirla ancora con le parole di una fonte del Dipartimento di Pubblica sicurezza, «a qualsiasi logica criminale tradizionale». E, dunque, dove anche l´indicibile, come concepire una strage, potrebbe aver trovato diritto di cittadinanza. Fosse anche in nome di una violentissima faida. Molto dipenderà dalle indagini, a cominciare dall´innesco dell´ordigno. Che se dovesse confermarsi “a distanza” confermerebbe evidentemente la volontarietà nell´individuazione dell´obiettivo. Ma se dovesse rivelarsi a tempo, potrebbe al contrario accreditare l´ipotesi che qualcosa negli inneschi non sia andato per il verso giusto e le bestie che hanno armato le tre bombole di gas non cercassero questa strage.
Un fatto è certo. Se gli addetti del Viminale hanno ragione a escludere la matrice “criminale organizzata”, da oggi, la caccia agli assassini non vedrà al lavoro solo uomini in divisa. Le famiglie della Sacra Corona Unita, per una volta, potrebbero avere un interesse convergente e speculare agli uomini dello Stato a trovare per primi chi ha tirato nel mucchio di vite innocenti. Per almeno due buoni motivi, che una fonte investigativa, riassume così: «Se non sono stati loro, loro sanno che qui a Brindisi non avranno pace, notte e giorno, finché non li avremo presi. E sanno, come tutte le organizzazioni criminali che cercano un consenso, che c´è un solo modo per guadagnarselo. Consegnare chi ha osato fare quello che nessuno aveva mai osato».

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