«Meno coercizione più società »

CARCERE · Giovanni Tamburino, capo del Dap, propone un modello incentrato sulla «responsabilità »

CARCERE · Giovanni Tamburino, capo del Dap, propone un modello incentrato sulla «responsabilità »

«I penitenziari vanno avvicinati a una comunità vivente, con meno controllo e più trattamento. Così in prospettiva si potrebbe perfino ridurre il numero degli agenti» Presidente Giovanni Tamburino, dagli ultimi dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, da lei presieduto, il Guardasigilli Paola Severino trae un bilancio positivo del decreto governativo, il cosiddetto svuotacarceri. Di tutt’altro avviso, invece, il garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni secondo il quale i dati evidenziano «il naufragio del decreto», visto che il numero di detenuti nelle carceri laziali continua ad aumentare al ritmo di 25 unità al mese. Qual è il suo giudizio? Bisogna fare una distinzione tra efficacia e sufficienza. Sicuramente ancora non siamo di fronte a un dato che possa ritenersi sufficiente. Che ci sia un’efficacia però è reale. Riguardo al fenomeno cosiddetto delle porte girevoli, cioè alle persone che rimangono in carcere meno di tre giorni, se si confrontano i dati omologhi dello stesso periodo dell’anno scorso a quelli attuali, si nota una diminuzione assolutamente significativa, dell’ordine delle migliaia. Ugualmente, rispetto alla norma chiamata del tutto impropriamente svuotacarceri, con l’ampliamento da 12 a 18 mesi di detenzione domiciliare, è un dato certo che sia stata applicata a quasi seimila casi. Quindi comunque avremmo avuto quasi seimila detenuti in più. Allora, se l’efficacia appare un dato matematico, la sufficienza è tutt’altra cosa e sono il primo a dire che non c’è. Riguardo al sovraffollamento, il presidente Napolitano sollecita «soluzioni strutturali e gestionali». Il suo predecessore indicava tra le soluzioni prioritarie la costruzione di nuove carceri. Anche lei partirebbe dal piano di edilizia carceraria? Oppure come il presidente Gianfranco Fini crede che sia arrivato il momento di pensare alla depenalizzazione? Anche il ministro Severino ha espressamente richiamato un disegno di legge governativo che va nel senso della depenalizzazione di alcuni reati minori, e anzi nello stesso passaggio ha detto di aver chiesto in commissione una corsia preferenziale per questo ddl. Per quanto riguarda l’edilizia, è in corso un programma di costruzione di padiglioni, reparti e in alcuni casi anche di nuovi istituti. Ora, che la mancanza di strutture penitenziarie adeguate sia una delle ragioni del sovraffollamento mi sembra abbastanza evidente, che sia la soluzione no. Ma nessuno pensa al piano di edilizia carceraria come l’unica soluzione possibile. Lei ha proposto un modello di «detenzione leggera». Cosa intende per «carcere delle responsabilità»? Una sorta di patto di responsabilità tra detenuto e amministrazione. Un impegno particolare del detenuto a mantenere una condotta di auto-riabilitazione e valorizzazione nel segno del recupero della legalità. Questo significa considerare il detenuto come persona adulta e responsabile. In sostanza: meno somministrazione e più stimolo alla crescita. Abbiamo esperienze importanti, in questo senso: per esempio a Milano Bollate, un istituto dove da anni si usa un criterio di apertura, dove c’è molto lavoro, ci sono molte iniziative di studio, eccetera. Insomma, un modello meno panottico e più trattamentale. Rendiamo il carcere un po’ più simile a una comunità vivente. Ma per fare questo ci vogliono più agenti, più psicologi, più assistenti sociali, più lavoro. Questo è uno dei vari modi di considerare il problema, ma non è l’unico. Se invece del panottico, cioè una struttura dove il detenuto deve essere osservato 24 ore su 24, si crea un modello diverso, più legato alla responsabilità, potrebbe perfino essere sufficiente un numero minore di agenti e personale penitenziario. Ovviamente occorre che la società porti dentro qualcosa, che tra la società esterna e il carcere ci sia uno scambio positivo.

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25 DETENUTI IN PIÙ al mese nelle carceri del Lazio malgrado il decreto svuotacarceri. Che, secondo il garante Angiolo Marroni, sta «naufragando»

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