La deriva mercantile del continente

L’instabile equilibrio tra la spazio giuridico europeo e quello delle entità  nazionali nel volume di Stefano Giubboni «Diritti e solidarietà  in Europa» per il Mulino Il volume di Stefano Giubboni Diritti e solidarietà  in Europa. I modelli sociali nazionali nello spazio giuridico europeo (Il Mulino, pp. 240, euro 22) offre una raffinata e profonda ricostruzione del ruolo svolto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella costruzione di un mercato comune incentrato sulle cosiddette quattro libertà  comunitarie (libertà  di circolazione di beni, servizi, persone e capitali), nel complesso impatto con i sistemi nazionali lavoristici e di welfare state.

L’instabile equilibrio tra la spazio giuridico europeo e quello delle entità  nazionali nel volume di Stefano Giubboni «Diritti e solidarietà  in Europa» per il Mulino Il volume di Stefano Giubboni Diritti e solidarietà  in Europa. I modelli sociali nazionali nello spazio giuridico europeo (Il Mulino, pp. 240, euro 22) offre una raffinata e profonda ricostruzione del ruolo svolto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella costruzione di un mercato comune incentrato sulle cosiddette quattro libertà  comunitarie (libertà  di circolazione di beni, servizi, persone e capitali), nel complesso impatto con i sistemi nazionali lavoristici e di welfare state. Se si segue un approccio non ideologico ed aprioristico dei fatti europei si dovrà necessariamente riconoscere il carattere dilemmatico ed ambivalente di questo ruolo: la Corte di giustizia, garante dei Trattati, ha determinato un’applicazione rigorosa (conferendo al diritto europeo una forza determinante rispetto alle norme interne) delle regole basilari di tali Trattati, indubbiamente di tipo mercatistico e funzionale, ma d’altra parte è stata propria la Corte di giustizia che si è posta come una sorta di «Pretore sovranazionale d’assalto» (oltre la lettera ed anche lo spirito originario dei Patti originari), per tutelare i diritti sociali e del lavoro protetti dalle costituzioni e dai sistemi di welfare nazionali dalla crescente infiltrazione delle norme emanate a Bruxelles sulla concorrenza e sul mercato unico. È nata così un’Europa dei diritti potenzialmente in tensione con quella dei mercati, debolmente rafforzata dalla nascita di un capitolo sociale dell’Unione (con alcune direttive a macchia di leopardo di natura sociale) ed infine sancita, anche a livello simbolico, dalla Carta di Nizza (dal 1/12/2009 obbligatoria), che però si applica non universalmente, ma solo al diritto europeo ed al diritto nazionale che abbia connessione con il primo. Insomma la Corte di giustizia è stata una potente levatrice sia del processo di integrazione economica del vecchio continente con conseguenze molto incisive sui sistemi interni di protezione sociale talvolta con esiti disgreganti, posto che questi – quasi sempre – non hanno un equivalente in norme di rango europeo, ed al tempo stesso ha funzionato come motore di un lungo processo di elaborazione di un Codice comune di diritti fondamentali dell’Unione, che operi da limite e da momento di riequilibrio per la dispiegata forza delle libertà economiche, come avviene in genere negli ordinamenti interni. Un deficit sociale Nella magistrale e puntualissima ricostruzione dell’evoluzione giurisprudenziale dei Giudici della Corte del Lussembugo, il discorso di Giubboni diventa una riflessione sempre più esplicita e molto sottile sul rapporto tra tutela dei diritti fondamentali nelle aule di giustizia e politiche europee, sull’asimmetria costitutiva ed epistemologica che assegna alla semantica dei diritti fondamentali non già la conformazione di regole elaborate in sede politica, ma una funzione vicaria di integrazione o compensazione di un social deficit del vecchio continente, in cui i supremi Giudici sopranazionali possono attingere ad un ristrettissimo corpus di norme sociali europee direttamente applicabili e debbono valorizzare al tempo stesso materiali costituzionali interni, sempre più sotto stress per l’intensificazione della regolazione economica dell’Unione, che si dipana a catena in ogni settore. Il volume si articola in due parti; la prima dedicata al mercato unico ed ai modelli sociali nazionali, la seconda alla libertà di circolazione come volano di una (relativa) espansione dei diritti sociali: importanti considerazioni progettuali sul «che fare» concludono i capitoli. Circa la prima parte Giubboni mette in rilievo come il progetto europeo originario prevedesse una divisione del lavoro tra Stati ed Unione (Lord Keynes in patria, Adam Smith in Europa), ma che con l’evolversi del legame comunitario tale equilibrio si sia nel tempo rotto. L’opzione di una graduale armonizzazione «nel progresso» delle normative nazionali in modo da offrire tutele unitarie all’insieme delle popolazioni coinvolte nel processo di integrazione è stata abbandonata in favore di una maggiore autonomia delle scelte nazionali che lascia spazio, però, alla competizione regolativa tra paesi membri. Il caso paradigmatico è quello del distacco e della libertà di stabilimento quando si tratti di servizi; l’impresa pur operando in altro paese sfrutta la sua «nazionalità» che può assicurare oneri sociali più leggeri e contratti collettivi più permissivi ed aggira il tradizionale principio di territorialità del diritto del lavoro in quanto il rapporto dei distaccati è in larga parte regolato dal diritto nazionale dell’impresa. È vero che l’Unione, anche se con un certo ritardo, ha provveduto all’adozione di una direttiva, ma essa regola solo alcuni aspetti del rapporto di lavoro e non implica la parità di trattamento con gli altri lavoratori, né l’applicazione dei contratti collettivi operanti localmente. Si tratta di una esplosiva contraddizione (inasprita dall’ingresso in Ue dei paesi dell’Est a debolissima tutela sociale) che porta alle notissime ed assai dibattute sentenze di fine 2007 Viking e Laval con le quali la Corte dubita della legittimità di azioni di sciopero per impedire ad una compagnia finlandese di assumere nazionalità lettone o per imporre ad una società lettone che ha distaccato il suo personale in Svezia l’adozione del contratto collettivo locale, benché il diritto di sciopero sia sacralmente riconosciuto dalla Carta di Nizza (all’epoca ancora non obbligatoria). La seconda parte del volume, invece, riguarda un lato meno discutile della giurisprudenza della Corte, quella che assume la libertà di circolazione dei lavoratori come una sorta di «meta-diritto», fattore di generalizzazione delle prestazioni sociali e di accesso ai sistemi di welfare state nazionali in favore di lavoratori migranti comunitari (e extracomunitari per attrazione) e quindi di apertura dei sistemi interni, di contaminazione di esperienze, all’insegna del principio di non discriminazione e di parità di trattamento. Ispirato inizialmente dal modello del market citizen , con il varo a Maastricht nel 1992 della nozione di cittadinanza europea questo orientamento viene radicalizzato, introducendo più saldi legami di solidarietà, sia pure gestiti dagli Stati nazionali; si allarga la nozione di lavoratore (ora soggetto anche in cerca di occupazione o in attività di formazione o anche disoccupato ma ancora legato al territorio). Tuttavia anche quello che Giubboni definisce «un certo grado di solidarietà», pur innovativo e orientato all’uguaglianza ed alla coesione paneuropea, non è immune da obiezioni: sotto stress finiscono proprio gli Stati più virtuosi che sono costretti ad estendere la rete protettiva interna, mentre altri Stati godono dei risparmi pur riguardanti l’erogazione di prestazioni essenziali (ad esempio, il caso dell’Italia che non prevede l’erogazione di un reddito minimo, mentre i nostri lavoratori all’estero possono, a certe condizioni, godere di tale protezione in altri 24 Stati). Inoltre le decisioni sulla «solidarietà» sono di norma decisioni collettive ad alta responsabilità sociale visto che implicano gerarchie di interventi e valutazioni di priorità (sopratutto in tempi di crisi); possono essere queste decisioni ad alta densità etica lasciate solo a Giudici sovranazionali? (qui la riflessione tocca la sua acmè argomentativa e induce a sperare per una specifica trattazione di questo snodo teorico, davvero cruciale, in un prossimo volume). Una possibile solidarietà Le conclusioni ci sembrano, in linea con l’intera opera di Giubboni, non indulgere ad alcuna tentazione conservatrice e nazionalistica (anche se si ricorda che la Corte di giustizia dovrebbe mostrare una maggiore sensibilità per la tenuta dei welfare nazionali): servirebbe un deciso rilancio di misure di solidarietà europea ed anche di accorgimenti in grado di limitare il pericolo di social dumping tra Stati, nella consapevolezza che l’eterogeneità dei sistemi nazionali nel settore è ancora macroscopica. Le proposte suggerite sono molte e di una certa complessità tecnico-giuridica; si va dalla revisione della direttiva sui distacchi in modo che dia un maggiore spazio al principio di uguaglianza di trattamento, sino ad ipotizzare l’adozione di una misura «simbolo» di una possibile solidarietà pan-europea come l’introduzione di un reddito minimo garantito (o euro-stipendium ) continentale, almeno in parte finanziato dall’Ue. Sono temi oggi centrali anche per uscire dalla crisi dell’euro; se si ammette con Paul Krugman o Jürgen Habermas (di quest’ultimo si veda il recentissimo Questa Europa è in crisi , Laterza 2012) che la vera origine di tale crisi risieda della mancanza di una autentica coesione nel vecchio continente, allora certamente occorrerà revisionare a fondo le norme del fiscal compact che trasformano l’Europa in «un’enorme funesta Equitalia» (Barbara Spinelli), ma anche e soprattutto costruire un social compact (anche se i passaggi vanno accuratamente meditati: una nuova Convenzione per riformare i Trattati, una cooperazione rafforzata con chi ci sta), per il quale il libro di Giubboni offre piste preziose.

· Lunedì la presentazione

INCONTRI

Settimane decisive per l’Europa. A Francoforte la Banca centrale europea si riunisce ed è contestata dai movimenti sociali, la Grecia andrà nuovamente alle urne, mentre si rincorrono le voci che danno quasi per certa l’uscita del paese ellenico dalla moneta unica. Allo stesso tempo, la Francia di Hollande ha chiesto alla Germania di riconsiderare le politiche di austerità imposte al vecchio continente. Il volume di Stefano Giubboni «Diritti e solidarietà in Europa. I modelli sociali nazionali nello spazio giuridico europeo» sarà presentato lunedì prossimo alla Fondazione Basso di Roma (Via Dogana Vecchia 5, ore 17). Oltre l’autore, saranno presenti Gaetano Azzariti, Maria Rosaria Ferrarese, Fausta Guarriello e Elena Paciotti.

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