Ma i duri di Askatasuna chiudono ai terroristi “Autistici e narcisisti, sono nostri nemici”

Il no del centro sociale torinese alla chiamata alle armi degli anarco-insurrezionalisti: “Inseguono solo la spettacolarizzazione dei media”    

Il no del centro sociale torinese alla chiamata alle armi degli anarco-insurrezionalisti: “Inseguono solo la spettacolarizzazione dei media”    

TORINO – Autistici, narcisisti, nichilisti. Soprattutto, vittime dei metodi di spettacolarizzazione dei media, gente che «si guarda l´ombelico pensando di fare altro, e magari se lo guarda in televisione, come sta facendo in questi giorni chi ha scritto la rivendicazione». Eccolo il giudizio di Askatasuna – il centro sociale che ormai è il vero cuore politico della protesta in val di Susa – sugli attentatori di Genova. Un giudizio duro, a tratti sprezzante. Un giudizio meditato: «Abbiamo voluto aspettare qualche giorno – dicono i militanti del centro – perché non ci piace entrare nel tritatutto dei media su quella storia».
Se chi ha ferito Adinolfi sperava di raccogliere proseliti in val di Susa, è probabile che si sia sbagliato di grosso. Il giudizio del centro sociale torinese è venuto dopo una lunga serata di discussione. La fase è molto delicata. Ci sono stati arresti per gli assalti ai cantieri valsusini della scorsa estate, la pratica della violenza ha finito per ridurre l´area di consenso e sono molti quelli che temono l´appiattimento mediatico di quella violenza sull´attentato di Genova. L´equivoco sulle parole del ministro Cancellieri («La Tav è la nostra maggiore preoccupazione») sembrava andare in quella direzione. Per questo lunedì sera era importante prendere una posizione: per smascherare il gioco e smarcarsi. «L´episodio di Genova non c´entra, non ha connessioni con le lotte della val di Susa e del resto d´Italia, da Napoli a Termini Imerese». E però, dice Askatasuna «l´eco del gesto di Genova può essere usato contro le lotte». L´attentato ad Adinolfi come una provocazione contro i movimenti?
Il centro sociale torinese non attribuisce l´azione terroristica ad apparati deviati dello Stato: «C´è piuttosto la mano di chi è prigioniero del proprio autismo», dicono i militanti di Askatasuna, giudicando chi ha ferito il dirigente dell´Ansaldo «una vittima dell´individualismo esasperato», gente che «ha come unico interlocutore il grande satana dei media». Il ferimento di Roberto Adinolfi diventa così un´operazione mediatica, un modo per distrarre il movimento dai suoi obiettivi. Si spiega così il giudizio sprezzante sull´attentato al dirigente dell´Ansaldo: «In questi giorni si è fatto un gran parlare di un episodio di scarsa rilevanza politica, sociale e persino sanitaria».
Sarebbe sbagliato pensare che questa posizione sull´attentato di Genova coincida con una revisione delle tradizionali posizioni di Askatasuna, che si pone certo, a differenza dell´area anarchica, il problema di ottenere consenso nell´opinione pubblica: «Sfatiamo il mito per cui cercare consenso equivale ad ammorbidire le posizioni», dicono i militanti del centro sociale torinese. Quel che conta, per quello che è diventato uno dei principali centri dell´area autonoma in Italia, è «riuscire a sperimentare mobilitazioni che incrinino rapporti di forza nella società». È la classica contrapposizione tra anarchia e autonomia, una storia lunga un secolo che oppone i sostenitori del gesto individuale e della propaganda del fatto ai teorici della lotta di massa e dell´allargamento del consenso. Sulla questione il giudizio di Askatasuna è lapidario: «Se non ci sono soggetti sociali ma monadi individualistiche, là dove regna l´autismo, non si pone il problema della vittoria»

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