Provenzano tenta di uccidersi: salvato dagli agenti

Parma, ha messo la testa in una busta di plastica. I legali: “Basta carcere duro, è molto malato”

Parma, ha messo la testa in una busta di plastica. I legali: “Basta carcere duro, è molto malato”

Il timer sul monitor della saletta controllo segnava mezzanotte e trentacinque quando la guardia di turno ha visto improvvisamente uno strano movimento: seduto sul letto Bernardo Provenzano si stava infilando un sacchetto di plastica in testa. In quattro si sono precipitati nella cella del capo di Cosa nostra guardato a vista da quattro telecamere 24 ore su 24 in un´ala riservatissima del carcere di massima sicurezza di Parma e gli sono balzati addosso liberandogli la testa. Atto dimostrativo, vero e proprio tentativo di suicidio? Difficile dirlo. Agli agenti del Gom che sono intervenuti Provenzano non ha detto nulla di chiaro e sono ormai mesi che familiari ed avvocati sostengono che il boss è affetto da una sorta di demenza che lo renderebbe a tratti incapace di intendere e volere. Se il capo di Cosa nostra volesse realmente suicidarsi cercheranno di appurarlo nei prossimi giorni gli specialisti che già ieri hanno avviato una serie di accertamenti psicofisici su di lui. E c´è da capire anche come abbia fatto il boss a procurarsi quel sacchetto di plastica.
L´intervento degli agenti del Gom nella cella di Bernardo Provenzano è avvenuto nella notte tra mercoledi e giovedi. Detenuto al regime di massima sicurezza previsto dal 41 bis, Provenzano è una sorta di codice rosso delle carceri. Vive in un´area totalmente isolata del penitenziario di Parma in una cella controllata da quattro telecamere. Davanti ai monitor collegati c´è sempre un agente che non stacca mai gli occhi dalle immagini. «Il sistema di sicurezza che abbiamo applicato a Bernardo Provenzano ha funzionato perfettamente consentendoci di salvargli la vita, così come aveva funzionato qualche mese fa quello attorno a Totò Riina che è stato immediatamente soccorso quando si è sentito male in cella – dice Roberto Piscitello, direttore generale del Diparimento dell´amministrazione penitenziaria – Sono detenuti particolari che i nostri agenti non perdono mai d´occhio».
Proprio qualche settimana fa i magistrati del Dap avevano incontrato Bernardo Provenzano. Le sue condizioni fisiche non erano apparse così critiche come nei mesi scorsi avevano denunciato il legale del boss Rosalba Di Gregorio e il figlio Angelo che, con un intervento in tv, aveva chiesto che al padre fosse garantito il diritto ad essere curato in una struttura adeguata. Il carcere di Parma, dove Provenzano è detenuto da circa un anno, è dotato di un centro clinico attrezzato e non lontano c´è anche un reparto ospedaliero per detenuti. Ma secondo i legali, il boss 79enne sarebbe in uno stato di salute estremamente precario: una recidiva del tumore alla prostata per il quale venne operato in clandestinità a Marsiglia, un´ischemia che gli avrebbe distrutto parzialmente il cervello e l´insorgere del Parkinson. Nei mesi scorsi l´avvocato Di Gregorio aveva sollecitato una perizia medica che però non ha fornito risultati in linea con le richieste della difesa. E ora il legale dice: «Due periti nominati dalla Corte d´assise di Palermo hanno detto che Provenzano non era depresso e stava bene: a questo punto o hanno visitato un altro o si doveva prestare più attenzione. E comunque, chi ha dato al detenuto il sacchetto di plastica? Nessuno mi ha avvertito e al figlio ho dato io la notizia, era sconvolto».
In ospedale, per una crisi cardiaca, è stato trasportato un altro boss di Cosa nostra, Pippo Calò, detenuto nel carcere di Ascoli e ora ricoverato ad Ancona. Sul tentativo di suicidio di Provenzano interviene il segretario generale di polizia penitenziaria Osapp, Leo Beneduci. «È stato sventato solo grazie alla solerzia degli uomini del Gom della polizia penitenziaria, la sola, ormai, rimasta a fronteggiare la disfatta del sistema carcerario italiano».

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