Non è stato il medico a uccidere Giuseppe Uva. Non una sbagliata somministrazione di medicinali che hanno reagito male con l'alcol ingerito. Semplicemente, Carlo Fraticelli è stato assolto dall'accusa di omicidio colposo “perché il fatto non sussiste”, con gli atti che adesso tornano indietro alla procura per indagare su quanto successo tra il momento dell'arresto da parte dei carabinieri e l'arrivo di Uva al pronto soccorso dell'ospedale di Varese. Un lasso di tempo di tre ore, durante le quali non si sa cosa sia accaduto. La tesi della ‘malasanità à, portata avanti dal pm Agostino Abate, è stata smontata dal giudice Orazio Muscato in appena un quarto d'ora (contro una requisitoria che di ore ne durò cinque),  giusto il tempo di far asciugare l'inchiostro sulla carta, praticamente. ">

Caso Uva, piccoli passi verso la verità 

Non è stato il medico a uccidere Giuseppe Uva. Non una sbagliata somministrazione di medicinali che hanno reagito male con l’alcol ingerito. Semplicemente, Carlo Fraticelli è stato assolto dall’accusa di omicidio colposo “perché il fatto non sussiste”, con gli atti che adesso tornano indietro alla procura per indagare su quanto successo tra il momento dell’arresto da parte dei carabinieri e l’arrivo di Uva al pronto soccorso dell’ospedale di Varese. Un lasso di tempo di tre ore, durante le quali non si sa cosa sia accaduto. La tesi della ‘malasanità à, portata avanti dal pm Agostino Abate, è stata smontata dal giudice Orazio Muscato in appena un quarto d’ora (contro una requisitoria che di ore ne durò cinque),  giusto il tempo di far asciugare l’inchiostro sulla carta, praticamente.

Non è stato il medico a uccidere Giuseppe Uva. Non una sbagliata somministrazione di medicinali che hanno reagito male con l’alcol ingerito. Semplicemente, Carlo Fraticelli è stato assolto dall’accusa di omicidio colposo “perché il fatto non sussiste”, con gli atti che adesso tornano indietro alla procura per indagare su quanto successo tra il momento dell’arresto da parte dei carabinieri e l’arrivo di Uva al pronto soccorso dell’ospedale di Varese. Un lasso di tempo di tre ore, durante le quali non si sa cosa sia accaduto. La tesi della ‘malasanità à, portata avanti dal pm Agostino Abate, è stata smontata dal giudice Orazio Muscato in appena un quarto d’ora (contro una requisitoria che di ore ne durò cinque),  giusto il tempo di far asciugare l’inchiostro sulla carta, praticamente.

Nell’aula bunker, il dibattimento è andato avanti appena un paio d’ore, appena lo spazio per l’ultima arringa difensiva del legale di Fraticelli e per qualche parola di troppo volata tra Abate e l’avvocato Fabio Anselmo (parte civile per conto di Lucia Uva, sorella di Giuseppe) sull’utilizzo delle telecamere per riprendere la lettura della sentenza: “Vada a urlare in piazza”, con queste parole il pm si è rivolto ad Anselmo sotto gli occhi esterrefatti della segretaria e delle decine di presenti. Alla fine, per Lucia Uva, la giornata si è rivelata un successo, anche se rimane fortissima la voglia di sapere la verità su quella maledetta notte del 14 giugno 2008: “Oggi è stato assolto un innocente – ha detto la donna appena uscita dal tribunale di Varese -, non ho mai pensato che giuseppe fosse morto di farmaci. Quello che è accaduto oggi, è una soddisfazione: il pm ci ha sempre attaccato…”. Alla lettura della sentenza erano presenti anche i familiare delle altre storie di ‘malapolizia’: Ilaria Cucchi, Domenica Ferrulli, Luciano Isidoro Diaz, Massimo Uccheddu e Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi.

“Lo spirito che ha caratterizzato tutto questo processo – ha dichiarato alla fine Ilaria Cucchi –  è andato avanti fino all’ultimo momento, quando il pm ancora una volta, senza alcun ritegno, ha dimostrato la sua ostilità all’avvocato Fabio Anselmo e di conseguenza a Lucia Uva. Io penso che qualcuno dovrebbe cominciare a interessarsi a quello che succede nel tribunale di Varese e che ha portato Lucia Uva ad affrontare un processo assurdo e sbagliato durante il quale ha dovuto sopportare tante mancanze di rispetto da parte di questo pubblico ministero. Se Lucia non avesse avuto la tenacia e la fortuna di incontrare un avvocato che ha saputo esporsi anche in prima persona forse oggi non avrebbe fatto questo passo verso la verità”. Si riparte così, dalle perizie e dai dubbi – enormi – sull’operato delle forze dell’ordine quella notte di quasi quattro anni fa. “Sappiamo che aveva del sangue nelle scarpe”, dice ancora Lucia Uva, svelando uno degli ultimi particolari sul caso.

Ad ogni modo, le cose da qui in avanti non saranno affatto facili e la verità sembra essere ancora molto lontana dall’apparire dentro un’aula di tribunale. Il pm Abate ha annunciato la sua intenzione di appellarsi contro la sentenza, cosa che potrebbe allungare ulteriormente il percorso. Ma – almeno per un giorno – Lucia Uva può piangere lacrime di gioia. E continuare a sperare.

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