Il cinema degli indignados

Il regista francese ha presentato al Festival di Lecce il suo film tratto dal pamphlet di Stéphane Hessel. La protagonista è una giovane clandestina senegalese alla ricerca di una vita dignitosa in Europa.  Tony Gatlif: “Il paradiso? È figlio di una rivoluzione” .  Che il cinema abbia ancora il potere di spiegare, far capire proporre soluzioni, creare speranze? “Belli gli slogan e gli striscioni sulla Plaza del Sol. E un film dà  loro un’altra forza”. So troppo per confrontarmi con la nuova rabbia. Meglio farlo fare a uno straniero

Il regista francese ha presentato al Festival di Lecce il suo film tratto dal pamphlet di Stéphane Hessel. La protagonista è una giovane clandestina senegalese alla ricerca di una vita dignitosa in Europa.  Tony Gatlif: “Il paradiso? È figlio di una rivoluzione” .  Che il cinema abbia ancora il potere di spiegare, far capire proporre soluzioni, creare speranze? “Belli gli slogan e gli striscioni sulla Plaza del Sol. E un film dà  loro un’altra forza”. So troppo per confrontarmi con la nuova rabbia. Meglio farlo fare a uno straniero

LECCE.  Il Regista Militante, figura mitica che pareva in estinzione come del resto il suo pubblico, spunta di nuovo, eccitando suoi nuovi appassionati, in mezzo alla feroce crisi economica che si è abbattuta sull´Europa e sul mondo: spicchi di telegiornali e giornali, brandelli di Internet e altre tecnologie, ce la raccontano quotidianamente, ma il martellamento che si accumula giorno per giorno alla fine frantuma l´informazione, confonde le immagini, crea assuefazione. Che il cinema invece abbia ancora il potere di spiegare, di far capire, di proporre soluzioni, di creare speranze? Ecco quindi che al 13° Festival del Cinema Europeo, denso di impegno e di impegnati, accolgono una delle ultime star del ramo, Tony Gatlif e il suo ultimo film dal titolo allettante, Indignados, che solo a nominarli i cinefili incalliti, anche giovani twittanti, si commuovono e si preparano a un godimento sociopolitico e libertario; che sarebbe una situazione anni 80 se purtroppo l´attualità non fosse tanto confusa e greve da renderla di nuovo attuale: anzi, nuova.
Gatlif ha 64 anni, è francese nato in Algeria da madre rom e padre kabil: il suo nome vero, Boualem Dahmani, si è perso per strada, come del resto quello di Michel, impostogli, quindicenne, da un battesimo forzato in una casa di rieducazione di Parigi. Tipico regista da Festival, a quello di Cannes del 2004 ha vinto il premio della regia col film Exils (presidente della giuria il dispettoso Tarantino) e ha chiuso quello del 2006 con TranSylvania, protagonista la «formidabile», dice lui, Asia Argento: Indignados, presentato da Luciana Castellina, ha inaugurato il pensoso festival leccese, ricco di film e incontri e convegni e situazioni (Cesare deve morire dei Taviani dato nel carcere circondariale).
«Mi ha colpito il pamphlet Indignez-vous! (in Italia pubblicato da add editore) in cui quest´uomo di 95 anni, Stéphane Hessel, eroe della Resistenza francese, chiede ai giovani di oggi di uscire dall´indifferenza e dalla paura, di avere la forza di reagire e assumersi responsabilità anche rischiose, il coraggio di disubbidire e appunto di indignarsi. Gli ho chiesto il permesso di ricavarne un film, siamo diventati amici». La protagonista è una giovane clandestina senegalese che sbarca sulla costa greca e poi attraversa la Francia e la Spagna, in cerca di una vita dignitosa, e si ritrova nelle piazze occupate da una folla immensa che protesta. Dice Gatlif: «Io so troppe cose per confrontarmi con questa nuova rabbia che si esprime gioiosamente, cantando, ballando, suonando, non ricorrendo alla violenza. Mi è sembrato più giusto che fosse uno straniero, un clandestino, un emarginato, il più povero dei poveri, convinto, come la ragazza Betty, di aver raggiunto un paradiso, a testimoniare che il paradiso oggi non esiste ma con una rivoluzione pacifica potrebbe attuarsi: anche se adesso l´Europa sta rischiando di fallire».
Lei si sofferma soprattutto sulla Plaza de Sol, dove per giorni e giorni, centinaia di migliaia di occupanti sono riusciti a resistere alla polizia.
«Ho trovato entusiasmanti più che le testimonianze, gli striscioni, gli slogan cui il cinema dà un´altra forza: cosa c´è di più coinvolgente, come se ogni barriera cadesse oggi tra chi è già povero e chi lo diventerà, di frasi come Nessun essere umano è illegale, Siamo realisti, chiediamo l´impossibile: ma anche Popolo d´Europa spegni la televisione e alzati dalla poltrona, o Il capitalismo uccide, i banchieri sono ladri».
Anche l´Italia ha i suoi indignados, le piazze piene di donne, di operai, di disoccupati, di gente che non sente più il futuro.
«Non conosco abbastanza il vostro paese, e per troppo tempo sono stato stordito da quella specie di Scarface che era il vostro ex premier. Comunque noi non andiamo meglio: se Berlusconi ha rovinato il vostro paese in vent´anni, a Sarkozy ne sono bastati cinque per rovinare il nostro. Alle elezioni sarà certamente battuto, la gente non dimentica i suoi errori, il suo razzismo sociale e il suo disprezzo. Certo molti intellettuali francesi non si sbilanciano: io sì, ovunque vada, sostengo apertamente il candidato socialista Hollande, che qualcosa di buono certamente farà».
Alla grave crisi che l´Europa sta attraversando vede una possibile soluzione?
«Rifiutarsi tutti di pagare il debito, come ha fatto l´Islanda e in parte anche l´Argentina. La Grecia lo sta pagando e la sua miseria è allucinante. L´Europa è come una squadra di calcio: basta che un suo giocatore non ce la faccia, e la squadra perde».
La sua ricetta è forse eccessiva e irrealizzabile.
«Il problema è che l´Europa è ricchissima, piena di soldi come non mai. Ma come dice Hessel, non bisogna farsi intimidire dalla dittatura dei mercati finanziari che minaccia la pace e la democrazia. Le nostre nazioni stanno rischiando di diventare come stati africani».
Lei accomuna Francia Italia vittime ambedue di una crisi simile.
«Con qualche differenza, mi pare che da voi sia il denaro il motore della corruzione, da noi è la sete di potere. In più devo dice che in Francia, dove non esiste la ritenuta delle tasse sullo stipendio, si evade lo stesso, ma con grande difficoltà, quindi meno».

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