Celestini Pro Patria. Mini-tour piemontese per l’attore romano: 5 repliche consecutive
Celestini Pro Patria. Mini-tour piemontese per l’attore romano: 5 repliche consecutive
PRO Patria” in premio. Sono andati a rubai biglietti della pièce di Ascanio Celestini, che la Fondazione Circuito Teatrale del Piemonte ha messo in palio tra gli iscritti alla newsletter. È un risultato che gratifica l’operato dell’ente e la peculiarità di Celestini, teatrante, narratore, ricercatore, drammaturgo, che disanima la realtà lucidamente e caparbiamente. Per cinque repliche, alle 21 da domani a venerdì, Celestini presenta “Pro Patria, senza prigioni, senza processi” in Piemonte, al Sociale di Pinerolo, ai Portici di Fossano, al Superga di Nichelino, al Concordia di Venaria, al Milanollo di Savigliano; lo ospita il Ctp sul cui sito www. fondazionectp. it si trovano i dettagli delle date.
Celestini, lo spettacolo si ispirava alla Repubblica Romana del 1849: dal primo studio ad oggi è molto cambiato? «No, io racconto la storia di un detenuto in carcere adesso che sta scrivendo un discorso sul tempo della prigionia e sulla giustizia, rifacendosi alle testimonianze non censurate del Risorgimento».
In che senso? «I protagonisti del Risorgimento repubblicano allora erano considerati terroristi, la cui memoria andava cancellata».
Le sue opere sono frutto di lunghe gestazioni, con interviste e laboratori. Come ha strutturato “Pro Patria”? «Soprattutto su testi che descrivono vicende di detenzione, in particolare legate agli anni 70 e 80».
Cos’è per lei il carcere? «È la naturale conseguenza dell’idea di giustizia, dissennata; nello spettacolo fornisco cifre, il 70 per cento dei detenuti sono stranierio tossicodipendenti, il carcere sostituisce lo stato sociale e per un immigrato finire in galera è facilissimo». Qual è la percentuale di realtà nei suoi lavori? «In questo c’è un buon 80 per cento di dati autentici». Sono aumentati gli spettatori con la promozione del suo teatro in dvd? «Non direi, chi compra i dvd è già venuto a teatro, la differenza la fanno i gestori delle sale». Le sue locandine vincono per brevità, c’è solo il suo nome, di e con, perché? «Penso che uno spettacolo sia un’opera d’arte e debba essere curata da una sola persona, nella consuetudine del teatro si innesca una catena di montaggio, con il regista, lo scenografo…: questo può facilitare ma trasforma la messinscena in una sorta di prodotto». Ha qualche particolare ricordo piemontese? «Vengo spesso in Piemonte e due miei spettacoli ci sono nati, “Fabbrica” debuttò a Torino alla Biennale dei Giovani Artisti e “Pro Patria” mi è stato commissionato da Mario Martone».
0 comments