In tribunale è sfida infinita tra Fiat e Fiom delegati ammessi a Napoli, vietati a Lecce

Il Lingotto: “Le sentenze dimostrano la mancanza di certezza giuridica”. Il sindacato: “Hanno scelto la via del cavillo per espellerci” 

Il Lingotto: “Le sentenze dimostrano la mancanza di certezza giuridica”. Il sindacato: “Hanno scelto la via del cavillo per espellerci” 

TORINO – Se fosse una partita di calcio la Fiom vincerebbe al momento per 3 a 2 anche se la Fiat contesta il primo gol sostenendo che la sentenza a lei sfavorevole non impone il reintegro dei delegati in fabbrica. Ieri la giornata si è conclusa con una rete per parte: la Fiom ha vinto il ricorso in tribunale a Napoli e ha perso a Lecce. La scelta del Lingotto di uscire da Confindustria escludendo così il sindacato più rappresentativo dalle fabbriche e dagli uffici, sta producendo effetti paradossali.
I metalmeccanici della Cgil rivendicano di fronte ai giudici il diritto alla rappresentanza sulla base del numero di iscritti. La Fiat risponde che chi non firma gli accordi non ha diritto a rimanere in azienda anche se avesse tesserato tutti i dipendenti e dunque invoca una interpretazione letterale dell´articolo 19 dello Statuto dei lavoratori. Finora solo due giudici su cinque hanno accolto la tesi del Lingotto. Gli altri hanno variamente motivato perché invece la posizione dei legali della Fiat è insostenibile. Ieri il tribunale di Napoli ha dato ragione alla Fiom che ricorreva per essere stata esclusa dalla Marelli di Caivano. Nelle stesse ore il tribunale di Lecce ha dato ragione alla Fiat respingendo il ricorso della Fiom del locale stabilimento della Cnh.
I ricorsi pendenti nei diversi tribunali italiani sono una sessantina. Il paradosso sarà che alla fine, chiunque vinca la partita, la mappa degli insediamenti Fiat italiani ne uscirà terremotata: se si mantenesse l´attuale trend delle sentenze, in metà degli stabilimenti la Fiom avrebbe i suoi rappresentanti e nell´altra metà quei delegati non ci sarebbero. Un pasticcio. Il Lingotto ieri ha protestato: «Le interpretazioni diametralmente opposte di oggi – ha dichiarato un portavoce – sono un´ulteriore conferma che la Fiat sta operando in un contesto che non assicura certezze giuridiche indispensabili per lo svolgimento delle proprie attività». Il Lingotto non si spinge a minacciare di abbandonare le attività italiane, ma è chiaro che la dichiarazione non esclude uno scenario di questo tipo. Il nodo è, naturalmente, nell´aggettivo «indispensabili». La risposta dei metalmeccanici della Cgil è affidata al segretario nazionale dell´auto, Giorgio Airaudo: «Non è stata la Fiom a scegliere la strada del cavillo giuridico per cercare di espellere dall´azienda il sindacato maggiormente rappresentativo. Era chiaro che si sarebbe arrivati a questo punto. Non si capisce di che cosa si lamenti oggi la Fiat. Chi è causa del suo mal, pianga se stesso».
Come si esce dalla coperta di Arlecchino di un´azienda che applica regole diverse a seconda dei diversi tribunali? E´ ovvio che nessuna delle due parti può impedire a un giudice di esprimersi in modo a lei sgradito. L´esito più probabile del braccio di ferro è che si arrivi di fronte alla Corte Costituzionale, chiamata a intervenire sulla costituzionalità del contestato articolo 19 dello Statuto dei lavoratori. In alternativa si potrebbe cambiare la legge in Parlamento. Nell´attesa la Fiom ha depositato una denuncia contro la Fiat al Tribunale civile di Roma per attività discriminatoria: l´esposto si riferisce al fatto che a Pomigliano il Lingotto continua a tenere in cassa integrazione tutti gli iscritti alla Fiom.

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