“Facciamo controinformazione ecco perché cantiamo Padania”

Il nuovo album “politico” degli Afterhours.  Padania è una parola fantastica, ha un’accezione negativa, diciamo che fa ribrezzo. Non puoi più decidere cosa sarai.  La tempesta è in arrivo. Nessun compromesso. Gli insetti stanno scappando Ognuno pensi a se stesso 

Il nuovo album “politico” degli Afterhours.  Padania è una parola fantastica, ha un’accezione negativa, diciamo che fa ribrezzo. Non puoi più decidere cosa sarai.  La tempesta è in arrivo. Nessun compromesso. Gli insetti stanno scappando Ognuno pensi a se stesso 

ROMA. «Beh, un po´ gli abbiamo portato sfiga, non è male», racconta Manuel Agnelli, e del resto non può sfuggire la singolare coincidenza dell´uscita del nuovo album degli Afterhours, dal titolo Padania, e le ultime vicende politiche. «Vero, inevitabile, ma ovviamente l´idea è di molto tempo fa. Anzi per la prima volta in assoluto ci è successo di cominciare proprio col titolo. Prima ancora di avere i pezzi, sapevamo già che il disco volevamo chiamarlo Padania». E cosa significava per voi un titolo così insolito e perentorio? «In realtà sono affascinato dall´idea di regionalizzare i concetti universali, che altrimenti rischiano di risultare aria fritta, e in questo senso c´è dietro una tradizione lunga e importante, se solo pensiamo a Springsteen, De Andrè, Leo Ferrè. Diciamo che la metafora geografica mi è cara perché mi aiuta personalizzare un concetto. Del resto Padania come parola è fantastica, ha un´accezione negativa, anzi diciamo pure che fa ribrezzo, ha un´accezione politica, pesante, e un senso geografico, ma è una terra che non esiste, quindi per spiegare in una sola parola uno stato d´animo interiore che abbiamo tutti, ma che non è concreto, era perfetta».
Il disco, ad ascoltarlo, offre la sensazione di una musica feroce («e questo lo ritengo un complimento», commenta Agnelli), attraversato da un senso di minaccia e di rabbiosa energia: «Ma sì, l´idea era quella di un concept emotivo, volendo parlare di quello che non va guardandoci intorno, ma con legittimità, nel senso che le cose devono appartenerti, anche per poterle criticare in modo legittimo. E poi quella di Padania è un´idea che ci è stata rubata. Al nord non sono tutti così, e quindi è anche un modo di riappropriarsi di una dignità che questa gente ci ha distrutto, non hanno il diritto di usare un bel niente, come se accomunasse tutti».
Fin dalla copertina, gelida, invernale, grigia, e dai pezzi che evocano tempeste, iceberg, terre promesse che evaporano, si capisce l´intenzione del gruppo. C´è un senso di minaccia e di tragedia incombente. Ma allo stesso tempo si avverte anche una voglia di cambiamento al livello musicale, più libertà, perfino un modo di cantare diverso. «Rabbia ed energia sono venute, non le puoi programmare. Derivano dal fatto che per due anni ce ne siamo stati in giro raccogliendo esperienze, in contatto con tante realtà diverse, e non solo di musica. Ma è il lavoro che è stato organizzato in modo diverso. Molte cose ce le siamo fatte a casa separatamente, così da poter sperimentare idee che magari davanti agli altri avremmo censurato, io per esempio canto in modo diverso, ho provato a fare cose di cui mi sarei potuto vergognare in sala d‘incisione».
In effetti il canto è più spericolato, audace, e a volte fa venire in mente lo stile e la ricerca vocale di Demetrio Stratos. «Sì, me lo dicono in tanti, anche se io in realtà ho ascoltato più Diamanda Galas o Captain Beefheart. Ma mi rendo conto che Demetrio aveva fatto già tutto, e poi in un certo senso trovo che abbiamo un´affinità con gli Area o gli Stormy Six, se non altro perché avevano capito bene che il musicista non è solo un mandolinista, ma uno che fa informazione, che porta in giro notizie, idee, concetti. Oggi, è importante anche solo far sapere alla gente come ci si sente. Certo non lo fanno i telegiornali, il disorientamento della gente non è una notizia, quindi a noi tocca fare informazione sui sentimenti, e questo forse aiuta un po´ la gente, non solo a confortarsi, ma anche a legittimarsi, a capire che non sei solo a provare certe cose».

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