Due miliardi contro otto e mezzo

Dice: ci sono i fissati con (anzi contro) le grandi opere, mentre i “tecnici” smontano l’articolo 18 e manomettono gli ammortizzatori sociali, che sono gli “scalpi”, come sospetta sulla Repubblica di ieri perfino Massimo Giannini, da offrire ai “mercati”. Sarà  così, una fissazione, anche se valsusini di ogni valle d’Italia sostengono a gran voce che su questi due binari corre lo stesso treno.

Dice: ci sono i fissati con (anzi contro) le grandi opere, mentre i “tecnici” smontano l’articolo 18 e manomettono gli ammortizzatori sociali, che sono gli “scalpi”, come sospetta sulla Repubblica di ieri perfino Massimo Giannini, da offrire ai “mercati”. Sarà  così, una fissazione, anche se valsusini di ogni valle d’Italia sostengono a gran voce che su questi due binari corre lo stesso treno. Basta avere un poco di attenzione e, ad esempio leggendo il Sole 24 Ore di ieri, se ne ha una conferma indiretta. Tempo fa, ci si chiese come trovare i soldi per il nuovo sistema di ammortizzatori sociali che la ministra Fornero voleva proporre. Problema non facile, date le ristrettezze. Alla fine, si seppe che quei soldi, “due miliardi circa”, si troveranno “attingendo ai risparmi che si otterranno dalla riforma delle pensioni”. Tralasciamo il fatto che ora i nuovi sussidi ai disoccupati e la cassa integrazione dovrebbero, almeno così ho capito, essere in realtà pagati dai lavoratori e dalle imprese. Restiamo alla cifra: due miliardi circa.
Ieri il giornale della Confindustria, nella pagina “Impresa e territori” (molto lungimirante: i territori sono l’epicentro), pubblica un interessante riassunto del “Report sullo stato di attuazione delle grandi opere” realizzato dalla Fondazione Fastigi e che sarà presentato domani nella sede dell’Ance (i costruttori). Quel che se ne ricava, scrivono Alessandro Arona e Giorgio Santilli, è che le grandi opere hanno proceduto molto a rilento “nel decennio della ‘legge obiettivo'”, quella che doveva funzionare come ariete per accelerare le procedure, spazzare via le resistenze e assicurare “le risorse”. Ci sono stati problemi di ogni tipo, scrive il Sole 24 Ore, nella progettazione e nell’esecuzione, a causa dell’enorme quantità di opere giudicate strategiche e naturalmente dell’opposizione di popolazioni “ataviche”, come scrisse la Repubblica, tempo fa, a proposito dei No Tav. Il Cipe che si riunirà venerdì prossimo dovrà semplificare, prendere atto della “selezione naturale delle opere” (strana procedura per stabilire cose è utile e cosa no), “fasizzare” i lavori (altro neologismo ripugnante, più o meno come il dilagante “criticità”) ma soprattutto dire con chiarezza quanti soldi ci sono. Già, alla fine di tutte le chiacchiere, a mettere i soldi è lo Stato, cioè noi.
Il report elenca le opere per le quali i soldi si sono trovati – almeno per aprire i cantieri, che è poi la sola cosa che interessa ai costruttori. Attenzione, si parla di stanziamenti già avviati. E sono: i cantieri della Pedemontana Veneta, la Tav Treviglio-Brescia, la Tangenziale est di Milano, la metropolitana 4 di Milano, la Pedemontana lombarda, il terzo valico Tav in Liguria. Il conto, per lo stato, è di 8,5 miliardi per il solo 2012. Ma, dice il Report, ci sono le altre “opere prioritarie”, per le quali, con i consueti “chiarezza e rigore”, il governo dovrà dire quant’è il malloppo dei prossimi anni: la Torino-Lione, va da sé, , il tunnel del Brennero, il Mose di Venezia, varie autostrade e metropolitane, ecc. Due miliardi per gli ammortizzatori sociali e 8,5, nel 2012, per le grandi opere. Cosa significa?

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