Ritratto di ragazzina con il pancione

Esce venerdì «17 ragazze», racconto magistrale dell’adolescenza che i teen ager qui non potranno vedere. La censura lo ha vietato ai minori di 14 anni

Incontro con Muriel Coulin, regista insieme alla sorella Delphine del film «Ci piace l’energia delle protagoniste anche se la loro scelta è folle»

Esce venerdì «17 ragazze», racconto magistrale dell’adolescenza che i teen ager qui non potranno vedere. La censura lo ha vietato ai minori di 14 anni

Incontro con Muriel Coulin, regista insieme alla sorella Delphine del film «Ci piace l’energia delle protagoniste anche se la loro scelta è folle» ROMA. Delphine e Muriel Coulin hanno spesso raccontato che 17 filles, il loro lungometraggio d’esordio, nasce dalla lettura di poche righe sul quotidiano francese Libération. Era un fatto di cronaca accaduto in una cittadina della provincia americana, Glocester, dove un gruppo di ragazzine della stessa scuola erano rimaste incinte tutte insieme. La cosa le ha colpite moltissimo, e discutendoci sopra le due sorelle, registe e sceneggiatrici, l’hanno trasformata nel film. Col quale lo scorso anno sono arrivate al festival di Cannes, alla Semaine de la critique che festeggiava con una selezione di qualità altissima i cinquant’anni di vita. Questo anniversario era stato anche occasione di istituire per la prima volta un premio consegnato da una giuria di critici internazionali; ero tra loro e nella difficoltà a scegliere, perché amavano tutti quei film, 17 filles era stato tra i titoli più discussi. Solo uno dei giurati era meno convinto, diceva che la storia gli sembrava «inverosimile» rispetto alla cifra di stile scelta dalla registe.
Ora 17 filles arriva in Italia (venerdì) come 17 ragazze, e l’obiezione di quella chiacchierata mi torna in mente alla notizia del divieto ai minori di 14 anni. Una decisione senza ragione, oltre che un danno enorme per la distribuzione, specie se indipendente come è Teodora film – che ha ricorso in appello. Se poi si leggono le motivazioni l’inesplicabilità sfiora l’assurdo: la commissione del ministero accusa «il clima di suggestione fra i ragazzi e i comportamenti trasgressivi, in particolare le scene di pericolo alla guida, la scena dell’abuso del fumo in particolari condizioni di salute (indicativo che non usino la parola «gravidanza», ndr) e la difficoltà di gestione del proprio comportamento che evidenziano la possibilità di emulazione ai minori non in grado di elaborare il senso profondo del film …».
Perché 17 ragazze è davvero una «fairy tale», una fiaba sospesa, magmatica e incandescente come la materia che racconta, l’adolescenza e i suoi luoghi segreti, la fretta di cambiare e il malinteso del crescere, la solitudine, il disagio col corpo e la voglia di scoprirne i più intimi segreti. L’esplorazione della sessualità confusa e pasticciata come solo a quell’età si fa, che mescola selvaggiamente piacere imbarazzo spavalderia paura. E le ragazzine che decidono di avere un bambino è una variazione nuova nella cartografia dell’«età» (che è anche stato d’animo) di cui il cinema francese è appassionato narratore. Vengono in mente, guardando quelle camerette ognuna diversamente ancora sul confine dell’infanzia, nel disordine di colori pastello, trucchi, peluche e calze a righe, gli episodi di Tous les garçon et les filles de leur âge, magnifica serie di Arte degli anni Novanta, dedicata ai teen-ager francesi di ogni decennio, a partire dagli anni Sessanta, di cui il film di Delphine e Muriel Coulin potrebbe essere il nuovo capitolo negli anni dieci del duemila
Eccole lì le ragazzine, un cast di attrici straordinarie, da Louise Grinberg a Esther Garrel, Roxane Duran con le loro pance esibite in segno di sfida. La prima è stata Camille, la bella della scuola, è lei che le ha convinte a condividere un’avventura che ha il sapore dell’utopia: cresceranno i bimbi insieme in una grande casa comune inventando una vita diversa, contro i riti della provincia triste e senza orizzonte, e il destino uguale a quello dei genitori.
Le amiche all’inizio sono sconvolte, poi un po’ invidiano la sua sicurezza, infine accettano quella che sembra una rivolta: faranno un figlio anche loro ammutolendo i genitori e gli insegnanti, il preside della scuola e l’opinione pubblica, tutti assolutamente inadeguati a confrontarsi con quella determinazione. Diventano della star, le altre vogliono imitarle, un’ondata fuori controllo …
Muriel Coulin, bionda e minuta, è arrivata in Italia da sola, la sorella è incinta (guarda un po’) di otto mesi e non poteva viaggiare. «La cronaca è stata solo uno spunto, nella scrittura del soggetto ci siamo ispirate alla nostra esperienza, alla nostra sensibilità, c’è una dimensione molto intima nel film» spiega.
Sulla censura non sa quasi cosa dire, le sembra impossibile nel paese che, fino a poco fa, aveva un primo ministro a cui si offrivano minorenni per le feste. «Non mi pare che in Francia dove il film è uscito ci sia stata un’epidemia di gravidanze. Affrontare un tema simile significa assumersi molte responsabilità. Ed è quanto abbiamo fatto. Sapevamo che una storia simile coinvolgeva molti altri elementi, l’aborto, la verginità, l’aids. Ma non potevamo parlare diffusamente di tutto, invece di un film doveva essere una serie con un episodio per tema». «Non volevamo nemmeno fare un elogio della gravidanza collettiva, ricordo anzi che quando abbiamo letto quelle tre righe ci siamo dette che le ragazze erano folli. La gravidanza è una scelta individuale. Ci piaceva però l’idea dei giovani che oggi tentano altre strade, anche se questa è appunto discutibile, la loro energia che spiazza gli adulti».
E sono belle le «17 ragazze», ostinate contro la fragilità, insieme si sentono forti, e come tutte le ragazze amano ballare, baciarsi coi loro fidanzati, essere corteggiate, fare i falò sulla spiaggia. Ma cosa è stato quel sogno ce lo dice il presente, la voce narrante è infatti un ricordo, di carrozzine uguali sulla piazzetta del paese. Le ragazze con le mamme accanto, pronte a essere nonne invadenti, hanno perduto l’eccitazione, i colori sono stati risucchiati dal blu scuro delle culle. L’unica che è sfuggita all’opacità è Camille, scomparsa nel nulla come i fantasmi dell’adolescenza. Altroché «fascinazione della gravidanza»! «Il finale ci ha posto molte domande. Non volevamo che fosse troppo rosa ma nemmeno troppo nero, quei bambini sono nati e non può essere considerato un fatto solo negativo. Così abbiamo deciso di far scomparire Camille. Anche questa è una visione che ci è rimasta dall’adolescenza: è capitato a tutti di avere a scuola un ragazzo o una ragazza carismatici, il cui ricordo ci affascina ancora oggi».

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