FRANCIA/MESSICOIl controforum. Nella città  francese il terzo giorno del Fame è funestato dalla notizia dell'omicidio di un uomo che difendeva la sua piccola comunità  dallo sfruttamento del sottosuolo

MARSIGLIA .  Un commando armato assassina Bernardo Vazquez, ingegnere trentenne che si batteva contro le estrazioni minerarie e per il diritto collettivo all'acqua nello stato messicano. Gli ecologisti a Marsiglia diffondono la notizia e raccontano la sua battaglia contro una multinazionale canadese ">

Ecokiller a Oaxaca, ucciso un attivista

FRANCIA/MESSICOIl controforum. Nella città  francese il terzo giorno del Fame è funestato dalla notizia dell’omicidio di un uomo che difendeva la sua piccola comunità  dallo sfruttamento del sottosuolo

MARSIGLIA .  Un commando armato assassina Bernardo Vazquez, ingegnere trentenne che si batteva contro le estrazioni minerarie e per il diritto collettivo all’acqua nello stato messicano. Gli ecologisti a Marsiglia diffondono la notizia e raccontano la sua battaglia contro una multinazionale canadese

FRANCIA/MESSICOIl controforum. Nella città  francese il terzo giorno del Fame è funestato dalla notizia dell’omicidio di un uomo che difendeva la sua piccola comunità  dallo sfruttamento del sottosuolo

MARSIGLIA .  Un commando armato assassina Bernardo Vazquez, ingegnere trentenne che si batteva contro le estrazioni minerarie e per il diritto collettivo all’acqua nello stato messicano. Gli ecologisti a Marsiglia diffondono la notizia e raccontano la sua battaglia contro una multinazionale canadese

Nel pieno dei lavori del Fame, il sesto Forum alternativo mondiale dell’acqua che a Marsiglia è arrivato al suo terzo giorno, l’assassinio del messicano Bernardo Vásquez Sánchez arriva come una bomba: i suoi compagni della Coordinadora de Pueblos Unidos del Valle di Ocotlán e dell’Asamblea Nacional de Afectados Ambientales – una piattaforma di oltre un centinaio di vertenze comunitarie contro i megaprogetti in Messico – non si capacitano della morte di questo giovane attivista di Oaxaca, da anni impegnato nella difesa della sua piccola comunità contadina, 3000 persone a San Josè del Progreso. Questo piccolo paese nel Valle Central da tre anni è sotto scacco per le devastazioni ambientali e sociali causate dalle attività estrattive dell’industria mineraria canadese Fortuna Silver Minds, che in Messico opera sotto il nome di Minera Cuzcatlan: la multinazionale, proprietaria di una famiglia peruviana, ha trovato in quella zona oro in grandi quantità. È entrata nel territorio senza chiedere permesso agli abitanti e senza la cosiddetta “consulta previa” , il meccanismo previsto dalla legge che dovrebbe permettere alle comunità locali di essere parte in causa dei processi invasivi dei propri territori.
Anche se in Messico, così come ci racconta Octavio Rosas Landa, la Ley Ambiental del Equilibrio Ecologico è praticamente una presa in giro: «Non può essere richiesta dalle comunità locali ma dev’essere proposta dalle autorità. Le comunità sono chiamate solo per essere informate dei vantaggi che i megaprogetti porteranno loro. Contando che le leggi ambientali prevedono concessioni con estrema facilità, e se le industrie straniere incontrano acqua nelle perforazioni, se la possono tenere. Gratis».
Non c’è due senza tre
La notizia di questo assassinio commuove per efferatezza e perché purtroppo, era da tempo nell’aria. «Bernardo era nel mirino – ci raccontano i delegati messicani – Aveva già subito due attentati, uno l’anno scorso, quando era stato inseguito da un’auto e buttato fuori strada. E uno il 19 gennaio scorso: un commando armato era entrato in paese durante una manifestazione. Abbiamo sentito un poliziotto gridare: sparate a Bernardo! E in effetti hanno sparato ed ucciso, ma il Bernardo sbagliato: si trattava del giovane Mendez Vasquez, non di Vasquez Sanchez. L’ultimo attentato ieri alle 20 ora locale. Questa volta andato a segno». Nella stessa azione il commando armato ha ferito il fratello Arturo e la compagna Rosalinda Dionicio Sanchez, «difensori del diritto collettivo dell’acqua della comunità di San Josè del Progreso, a Oaxaca, per mano di sicari al servizio della impresa mineraria canadese Fortuna Silver Mines», così come si legge nel comunicato in più lingue che parte immediatamente dopo l’arrivo della notizia, firmato da tutte le organizzazioni presenti al Forum alternativo dell’acqua.
Octavio ha gli occhi lucidi. Conosceva bene Bernardo. Lui, docente all’Università Nazionale di Città del Messico, facoltà di Economia, è da sette anni al fianco delle comunità contadine: «Lavoravamo assieme dal 2009», ci racconta, «l’avevo conosciuto durante la Quinta Assemblea contro i crimini ambientali, e proprio durante quell’incontro fu deciso di tenere la successiva assemblea proprio a Oaxaca. Fu la più forte a cui ho assistito: nel 2010 si riunirono 1500 delegati di tutte le lotte ambientali dei 17 stati del Paese, per condividere strategie e resistenze contro le industrie minerarie, i megaprogetti, il mais transgenico, le violenze contro donne, i lavoratori, i sindacalisti, i giornalisti. Tutto quello che fa del mio Paese uno dei più violenti al mondo».
Impunità mineraria
In Messico l’industria mineraria trasnsazionale, soprattutto quella canadese, si caratterizza per operare impunemente al margine della legge attraverso corruzione dell’autorità, intimidazione, la distruzione delle condizioni di vita della comunità. «A San Josè la gente è tre anni che cerca di opporre resistenza alla miniera: le fonti si stanno seccando, e la poca acqua che rimane è fortemente inquinata. Bernardo era pieno di risorse, aveva organizzato una cooperativa di taxi, una delle tante alternative economiche e di sicurezza che metteva in campo per scardinare quella che chiamiamo ingegneria del conflitto: le multinazionali non solo depredano le risorse, ma cercano in tutti i modi di dividere le comunità».
Negli ultimi dieci anni il governo messicano ha elargito più di 24 mila concessioni minerarie sulla base di 700 progetti, per un’estensione pari al 30 per cento del Paese. Documenti ufficiali (Informe de la Auditoria Superior de la federacion) parlano di cifre impressionanti: 111 pesos per un anno, 7 euro. Tanto deve pagare mediamente un’industria straniera per poter mettere le mani sui minerali messicani. Si calcola che fra il 2005 e il 2010 le imprese minerarie abbiano pagato circa 6000 milioni di pesos, circa 500 milioni di dollari, per le concessioni. Estraendo 552 mila milioni di tonnellate di minerali. In pratica, pagano l’1,2 per cento di quello che guadagnano.
Alla mercè delle multinazionali
Il Messico è al quattordicesimo posto al mondo come quantità di risorse minerarie. Ma sale al primo posto per facilità giuridica: qui le industrie straniere entrano come un coltello nel burro e si accaparrano facilmente dei tesori del Paese. Il Canada la fa da padrone, con il 75 per cento delle concessioni totali. Bernardo stava lavorando al capitolo Messico da presentare al Tribunale dei Popoli con sede a Roma. Aveva trent’anni, era ingegnere. Un altro caduto della Guerra Sucia che in Messico ogni anno fa 60 mila morti e 18 mila sparizioni. «Noi lo consideriamo un assassinio di stato – conclude Octavio – ora quello che vogliamo è giustizia per Bernardo, e la fine delle concessioni minerarie alla Fortuna Silver Minds».

 

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