Angelo Antonicelli Vita ribelle di un «cafone»

MEMORIA «Il sovversivo», la storia del dirigente sindacale comunista

MEMORIA «Il sovversivo», la storia del dirigente sindacale comunista
Dalla migrazione, alla riforma agraria. L’Italia contadina letta attraverso i conflitti del Novecento La grande crisi degli anni Trenta del Novecento, l’emigrazione, due guerre mondiali, il fascismo, il tribunale speciale e il carcere. Poi, finalmente, la liberazione e le lotte per la riforma agraria. Questi gli eventi che hanno punteggiato l’arco temporale della vita di Angelo Antonicelli, contadino pugliese che, all’inizio del secolo scorso smise di essere un «cafone» per diventare militante sindacale e comunista.
La sua vita è raccontata ne Il sovversivo – memorie di un contadino di Massafra (Edizioni LiberEtà, pp. 142, euro 12). Un libro che riproduce il memoriale scritto da Antonicelli e consegnato all’archivio della sezione del partito affinché le generazioni successive alla sua potessero conservare la memoria di quanto è costato conquistare migliori condizioni di vita e di lavoro.
A trent’anni Antonicelli, licenziato per essersi rifiutato di accettare le imposizione del padrone, emigra in Germania sperando di poter garantire alla famiglia una vita dignitosa. Il contatto con gli altri emigrati italiani, soprattutto quelli provenienti dalle regioni del nord, lo portano a riflettere sul fatto che aveva dovuto separarsi dalla giovane moglie e dalla figlia, non per volontà di un solo padrone ma perché era l’intera società borghese «che voleva mettere sotto il loro dominio i lavoratori». La vita in Germania dura però poco. I venti di guerra inducono infatti Antonicelli a rimpatriare per non trovarsi internato in un paese stupidamente belligerante. Una volta in Italia, viene richiamato e spedito a combattere con la divisa dell’esercito regio. Un’esperienza, quella del fronte, che lo porta a contatto con molti altri contadini, ma anche con operai. Capisce subito che i governanti si sederanno al tavolo dei vincitori per dividersi le spoglie degli sconfitti. Le centinaia di migliaia di morti è il prezzo messo in conto per sedersi a quel tavolo.
Tornato a Massafra si impegna nella costruizione dell’associazione ex combattenti, della lega sindacale e delle sezioni socialista, prima, e comunista poi. Sono anni di conflitti sociali che vedono le forze dell’ordine usare la violenza per ridurre al silenzio i contadini. Anni di sconfitte, ma anche di prime vittorie. Le autorità locali e i padroni, vedendo messo in discussione il proprio potere tentano, senza riuscirci, di corromperlo. Nell’ottobre del 1926, quattro anni dopo la presa del potere da parte di Mussolini, Antonicelli è arrestato «per attività sovversiva» e il tribunale speciale lo condanna a 8 anni di reclusione e 3 mesi di sorveglianza speciale. Nel decennale dell’avvento del regime, dopo aver scontato 6 anni e 12 giorni, Angelo Antonicelli, è liberato.
Qui finisce il memoriale, ma non il libro, perché ai ricordi di Angelo si aggiungono quelli della moglie Maria Scala Ugenti, raccolte dai figli. Se fosse mancata questa parte il racconto sarebbe stato monco perché questa donna è da considerare pari protagonista di una storia che coinvolge l’intera famiglia sulla quale si scaricano le conseguenze delle scelte fatte dal «sovversivo» di Massafra, conseguenze che furono talmente pesanti che il figlio Juccio, parlando della madre, riconosce che «con quel matrimonio il destino fu poco benevole con lei». Lo stesso Angelo, al suo capezzale di morte della sua compagna, sentì di doverle chiedere «perdono… per quello che ti ho fatto passare per le mie idee e le mie scelte». Questa donna, bracciante, analfabeta e tanta determinazione viene ricordata dal figlio con il «fisico precocemente invecchiato dalla fatica…dalle tante privazioni e dai dispiaceri». , seppe affrontare le asperità di una vita non facile senza perdere mai l’orgoglio, la dignità, il senso responsabilità e la passione per un marito che, come scrive Eva Santoro nella presentazion del libro: «forse non imparò mai ad essere padre». E questo la rende grande, anche se scelse di vivere nell’ombra del marito.

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