Stampa/ LA PROPOSTA OGGI AL TAVOLO CON L’EDITORE
Sono pronti ad autotassarsi purché Liberazione continui a vivere. Nella speranza che l’editore, la Mrc di Rifondazione comunista, condivida questa loro volontà e non decida, invece, di chiudere il giornale del partito dopo la soppressione del fondo per l’editoria.
Stampa/ LA PROPOSTA OGGI AL TAVOLO CON L’EDITORE
Sono pronti ad autotassarsi purché Liberazione continui a vivere. Nella speranza che l’editore, la Mrc di Rifondazione comunista, condivida questa loro volontà e non decida, invece, di chiudere il giornale del partito dopo la soppressione del fondo per l’editoria.
La loro ultima offerta i lavoratori del quotidiano di viale del Policlinico (che dal 28 dicembre occupano la redazione) l’hanno resa ufficiale ieri, alla vigilia dell’incontro che si terrà oggi alla Regione Lazio e in cui la Mrc chiederà, unilateralmente, la cassa integrazione a zero ore per quasi tutti i redattori e i poligrafici. Si tratta di una proposta, l’autotassazione, che ha una forte valenza politica visto che richiama esperienze analoghe messe in atto dagli operai in paesi come l’Argentina (e molto apprezzate in passato da Rifondazione comunista), ma con un forte valore anche di salvaguardia dell’occupazione. Nei suoi progetti la Mrc vuole infatti mantenere un’edizione di due pagine in pdf fatta da direttore, vicedirettore, due redattori e due poligrafici. Sei persone che costerebbero al partito 30 mila euro al mese. Se l’offerta che oggi redattori e poligrafici porteranno al tavolo della trattativa venisse invece accettata, si potrebbero salvare 35 posti di lavoro, continuando per di più a fare un vero giornale di 8 pagine in pdf. E questo fino a quando il governo Monti non si deciderà a passare dalle parole ai fatti rifinanziando in maniera adeguata il fondo per l’editoria e permettendo così a Liberazione e ad altre cento testate di continuare a uscire. «Lo sforzo è rimanere vivi continuando a fare un giornale vero e non finto», sintetizza Carla Cotti del cdr.
Ma come si traduce in pratica la proposta? Si tratta di applicare a tutti i contratti di solidarietà al 60%, il massimo previsto dalla legge, riducendo così il più possibile la quota spettante all’azienda. La metà di questa quota verrebbe ceduta come donazione dai lavoratori al partito, che l’userebbe per finanziare il giornale . «L’editore – spiegano – verrebbe così a spendere per 35 persone quanto ha deciso di spendere per sei». L’idea prevede inoltre la creazione di una cassa comune di solidarietà che consentirebbe di ridistribuire a redattori e poligrafici uno stipendio di 1.400 euro netti al mese uguale per tutti. «Lo consideriamo un atto di responsabilità verso i lettori», prosegue Cotti.
Adesso bisognerà vedere cosa risponderà Mrc. Certo è che, messa in questi termini, se da parte di Rifondazione comunista c’è la volontà di salvare il suo giornale la proposta è di quelle che non si possono rifiutare.
Intanto ieri i dipendenti di Liberazione hanno incassato la solidarietà di Walter De Cesaris, membro del Comitato politico nazionale di Rifondazione comunista. «Rispetto a chi (l’editore) pone la questione dei costi come il moloch cui il resto rimane secondario (il prodotto e il lavoro), la proposta che fate riesce a combinare le tre questioni (costi, giornale, occupazione) sullo stesso piano e ha la forza di garantire certezza rispetto ai fondi per l’editoria», ha commentato De Cesaris. «Con questa proposta – ha proseguito – mi sembra difficile continuare a descrivervi come quelli che difendono i loro interessi particolari rispetto a chi a sta a salvare la baracca. Mi sembrererrebbe strano se si continuasse la strada intrapresa come se nulla fosse».
Con redattori e poligrafici si sono schierati anche giornalisti del calibrio di Adele Cambria, il portavoce di Sbilanciamoci Giulio Marcon , il segretario di Stampa Romana Paolo Butturini,la sociologa Anna Simone, gli operai della Nuova Bullerio di Pisa, lo storico e americanista Sandro Poertwelli e il direttore di Altreconomia Pietro Raitano.
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