“Sono nei guai per dei baci rubati”

Martedì 21 agosto 1951

Louis Jouvet è morto. Non lo amavo, perché non amava il cinema. Il cinema gli dava da vivere, eppure lui lo disprezzava; nelle sue interviste non perdeva mai occasione di dire che accettava di recitare nei film solo per risanare il disavanzo del suo teatro. La morte di Thilda Thamar mi colpirebbe di più. Genet, dopo Le serve, non voleva più dare una delle sue pièces a Jouvet e me lo immagino, beffardo, a guardare la sepoltura dalla finestra della sua camera del Terrass-Hà´tel, che dà  proprio sul cimitero di Montmartre.

Martedì 21 agosto 1951

Louis Jouvet è morto. Non lo amavo, perché non amava il cinema. Il cinema gli dava da vivere, eppure lui lo disprezzava; nelle sue interviste non perdeva mai occasione di dire che accettava di recitare nei film solo per risanare il disavanzo del suo teatro. La morte di Thilda Thamar mi colpirebbe di più. Genet, dopo Le serve, non voleva più dare una delle sue pièces a Jouvet e me lo immagino, beffardo, a guardare la sepoltura dalla finestra della sua camera del Terrass-Hà´tel, che dà  proprio sul cimitero di Montmartre.

Ho appena letto Ursule Mirouët, uno dei Balzac più belli, lo metto alla pari de Il giglio della valle e de La duchessa di Langeais. Ho pianto più volte durante la lettura ed ero arrabbiato con Gide, così condiscendente con questo libro nel suo Diario limitandosi a far notare una contraddizione: «Savinien aveva dei begli occhi neri» e qualche pagina dopo: «Gli occhi azzurri di Savinien scintillavano».

Si tratta di quello che nel cinema si chiama «errore di raccordo» e prova semplicemente che Balzac lavorava velocemente come fa un regista. Nei suoi libri, Genet canta il male e lo esalta; descrive la bellezza del male più assoluto seguendo più o meno questa progressione: il furto, il furto abbietto, il delitto, il delitto a scopo di rapina, la pederastia, la prostituzione omosessuale, il tradimento degli amici, l´amore per gli sbirri (è l´”apice” de Il diario del ladro). Genet capovolge la società come un budino alla crema. Però è evidente che i traditori di Genet non sono gli individui peggiori del creato, a confronto delle carogne che perseguitano Ursule Mirouët.
Ursule Mirouët è una ragazza dolce e buona, adottata da un medico che le lascia in eredità tutto il suo patrimonio, ma la famiglia del defunto le porta via tutto approfittando del suo dolore. Fidanzata, vive in una stanza aspettando il suo matrimonio, ma uno dei parenti del dottore, quello che ha trafugato i titoli bancari ecc., fa in modo di costringerla a lasciare la città scrivendo sui muri di Nemours, la notte, delle calunnie che portano Ursule sull´orlo della morte. Gli eredi, coalizzati fra loro, sono i personaggi più ripugnanti che abbia mai incontrato in un libro, e Genet non riuscirebbe a farceli amare. I suoi personaggi si mettono ai margini della società e si insediano nella solitudine morale, quelli di Balzac apparentemente sono rispettabili: notai, commercianti, borghesi.

Mercoledì 22 agosto 1951
Ricevo una lettera da Charlotte, una giovane tedesca; l´ho conosciuta il mese scorso sul treno notturno. Venivo da Coblenza e avrei dovuto cambiare a Strasburgo, per dirigermi al campo di addestramento di Fréjus. Ho preferito dormire fra le sue braccia fino a Parigi, che non aveva mai visto. Purtroppo ho dovuto accompagnarla dalla Gare de l´Est alla Gare Saint-Lazare, perché l´aspettavano a Rouen. Ci siamo solamente baciati, lo scompartimento era buio ma pieno, baciati molto.
Non ho nulla da leggere, ho preso quello che ho trovato nella camerata, due libri recenti divertenti, ma che non avrebbero dovuto superare le duecento pagine ciascuno: Mon taxi et moi, di Alexandre Breffort, e Elle et lui di Jean Duché.
Ho scritto a Genet per chiedergli se conosce un buon avvocato e un buono psichiatra, ai Bazin che hanno lasciato Parigi per Venezia e a Liliane, senza la quale non mi sarei messo nei pasticci dopo tanti mesi.
Giovedì 23 agosto 1951
Un vecchio numero della Petite Illustration Théâtrale. Mio nonno e mia nonna hanno lavorato a lungo all´Illustration, non so che cosa facessero. Questo numero è dedicato a una pièce di Jerome K. Jerome, l´autore di Tre uomini in barca. Si intitola Il passagio nel retro del terzo piano: non sono riuscito ad appassionarmi.
Il festival di Venezia comincia oggi. La Francia presenta Barbablù di Christian Jacque, Ragazzo selvaggio di Delannoy (fosco intrallazzo e polemiche) e La nuit est mon royaume di Georges Lacombe. Selezione discutibile. I film francesi migliori saranno solo invitati: il documentario di Marc Allégret su Gide e soprattutto Il diario di un curato di campagna di Robert Bresson.
C´è un film di Renoir girato in India, Il fiume, e un altro di Orson Welles girato in Marocco, Otello.
Ho letto senza molto trasporto Tutti gli uomini sono mortali di Simone de Beauvoir.
Nella via assolata, un cieco con la fisarmonica ha cantato una canzone in voga, molto graziosa: «Domino, Dominou/ le printemps chante en moi Dominique/ Domino, Dominou/ j´ai le cœur comme une boîte à musique» [Domino, Dominou/ la primavera canta in me, Dominique/ Domino, Dominou/ ho il cuore come una scatola musicale].
Siamo quattordici nella camerata e questo ha prodotto un effetto straordinario su tutti noi, una sensazione di euforia sentimentale e poi un rafforzamento della tristezza di essere rinchiusi.

Venerdì 24 agosto 1951
Dall´altro lato della strada, una ragazza che abbiamo notato. Ieri sera, un ragazzo la chiama dalla strada; lei scende e restano mezz´ora sotto il portico a fare non si sa bene cosa, poi lei risale in camera (avevamo spento la luce nella camerata, lei non sapeva che la stavamo guardando) e hop, si passa velocemente un fazzoletto sotto il vestito, tra le gambe, e poi si mette a dormire. Stamattina le abbiamo parlato, la guardia ci lasciava fare; si chiama Mado, ha diciassette anni e mezzo.
Ci ripromettiamo tutti di andarla a trovare quando usciremo.
Hearst, il magnate della stampa americana, è morto: è l´uomo che Orson Welles usò come modello per Quarto potere e che riuscì a bloccare il film e poi a boicottarlo. La sua ultima stravaganza: una bara a forma di cassaforte. Per me è come fosse una strizzata d´occhio a Welles: «Eh, di´ la verità! A questo non ci avevi pensato!».

Domenica 26 agosto 1951
Ho già letto i romanzi della Série noire [collana di romanzi polizieschi pubblicata da Gallimard, ndr]. Il migliore è A colpo sicuro di Paul Cain. Due pistolettate a ogni pagina, cadaveri ovunque. La fine è molto bella, inverosimile, molto complicata, mi fa pensare a un Cocteau, La bella e la bestia. Il gangster appoggia il revolver sulla schiena del suo avversario, ma nel frattempo una ragazza ubriaca gli pianta un rompighiaccio tra le scapole. Continuando a tenere il revolver puntato verso il suo rivale, l´eroe si toglie da solo il rompighiaccio con l´altra mano, facendo una «leggera smorfia», poi ammazza la ragazza a tallonate in faccia, rianima la donna che ama e che era svenuta di fronte a tanto orrore, preme il grilletto e uccide il suo avversario.
Quindi prende la donna per il braccio, arrivano alla macchina, lei prende il volante, si accorge che lui si sta dissanguando e va a sbattere contro un albero. Rimane uccisa sul colpo; lui guarda tutto questo, gira un po´ intorno alla macchina e muore un´ora più tardi. È molto lirico.
Il mio amico Niko è venuto a trovarmi. Non l´hanno lasciato entrare, ma ha lasciato il secondo tomo delle Opere di Genet e il libricino de Il giovane criminale, che mi è molto caro per via della dedica: «Per François Truffaut ecc».
Questa sera c´erano quattro ragazze da Mado, hanno ballato fra di loro e questo ci ha eccitati da morire; mi riprometto di fare grandi bagordi e rimpiango le occasioni che mi sono perso: Gisèle, la ragazza della Porte des Ternes, Odette C., che mi aveva scritto lettere allettanti, e soprattutto Geneviève, con cui mi sarei dovuto impegnare molto di più. Penso a lei costantemente e in questo modo evito di essere ossessionato da Liliane, che se ne frega altamente di me.
Ma sono tutti pensieri da carcerato, magari sarò castissimo.

Lunedì 27 agosto 1951
Una cartolina da Rivette. Leggo il secondo tomo di Genet, Nostra signora dei fiori, che mi piace molto, più che alla prima lettura.
Faccio credere al sottufficiale delle guardie che la mia ambizione era di entrare nella gendarmeria; lui mi dice che il mio livello di istruzione dovrebbe essere sufficiente.

Mercoledì 29 agosto 1951
Ho scritto oggi a Rivette, Aimée Alexandre, Geneviève, Genet e Bazin. Ho riletto con piacere ed emozione Il miracolo della rosa, e ho scritto subito a Genet per smentire le cose negative che avevo detto al riguardo. Per fortuna che se ne sbatte.
Ho letto anche un vecchio libro degli anni Trenta, Il terrore di Maurice Level. Facile ma ingegnoso. Un giornalista, testimone involontario di un omicidio, immagina di addossarsene la colpa per fare un reportage sensazionale sulle ultime ore di un criminale, ripercorre il suo arresto, il suo processo ecc. All´ultimo momento, pochi minuti prima che cali la ghigliottina, la verità esce fuori e tutto si sistema.
Sono scocciato perché l´altro sottufficiale, intrigato dalla copertina, mi ha preso Il giovane criminale e non me lo vuole restituire.

Giovedì 30 agosto 1951
Mi sono già stufato di tenere questo diario, ma continuo. Una lettera di Bazin, preoccupato perché non aveva mie notizie; gli ho risposto abbastanza sgarbatamente di non occuparsi più di me. Mi sono già pentito di questo malumore, del tutto ingiusto.
Ho recuperato Il giovane criminale. Ho letto Pompe funebri tutto di filato e sono rimasto molto deluso da questa prima lettura. Ho molto amato invece la pièce di T. S. Eliot Assassinio nella cattedrale. Ho gli occhi stanchi. Non sono più agli arresti, ma consegnato: visite la domenica.

Venerdì 31 agosto 1951
Una lettera di Genet, parte per la Germania e ironizza un po´: «L´esercito comincia a capire la cantonata che ha preso quando l´ha accettata…». Mi farà portare qualche altro libro da qualcuno della Gallimard, e in particolare le Situazioni. Sento che vorrebbe farmi amare Sartre, che lui ammira molto: «Pensavo che i libri della Série noire le sarebbero piaciuti. Tanto meglio che non le siano piaciuti: significa che non è un intellettuale che si atteggia».
Ho letto un libro abbastanza anonimo, Piccola storia degli ebrei, di Jérôme e Jean Tharaud. Ho tentato di scrivere un piccolo testo a proposito di una madre e di un figlio che a turno, e naturalmente senza mettersi d´accordo, rubano dei soldi dalle tasche del padre (e del marito). I sospetti fra di loro, niente di più.

Domenica 2 settembre 1951
Liliane è venuta a trovarmi, purtroppo in contemporanea con Rivette e Malandry, che non hanno fatto altro che parlare di film e rimbalzarsi nomi, e date e titoli. Non si rendevano conto che mi sto allontanando da tutto questo e che il cinema mi interessa sempre di meno.
Traduzione Fabio Galimberti
© Laura Truffaut, Eva Truffaut,
Joséphine Truffaut

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