IL POSTO FISSO DEI MONTI

«Che noia signore mio il posto fisso: non per niente il lavoro a vita gli antichi lo chiamavano ergastolo. I giovani sono proprio strani: non capisco proprio perché aspirino a una tale condanna. Perché non ambiscono a uno spassoso interinato? Lavorare deve darci il brivido degli amori fugaci: per me già  un contratto Cococo è una routine insopportabile. E non mi venga a raccontare che in Italia il 31% dei giovani è disoccupato.

«Che noia signore mio il posto fisso: non per niente il lavoro a vita gli antichi lo chiamavano ergastolo. I giovani sono proprio strani: non capisco proprio perché aspirino a una tale condanna. Perché non ambiscono a uno spassoso interinato? Lavorare deve darci il brivido degli amori fugaci: per me già  un contratto Cococo è una routine insopportabile. E non mi venga a raccontare che in Italia il 31% dei giovani è disoccupato. Lo sono perché non vogliono rischiare l’inebriante esperienza del lavoro giornaliero. Non hanno l’audacia di allargare i loro orizzonti: i ruvidi caporali possono essere così affascinanti! Vuole mettere quanto è più stimolante un bel posto precario in nero, magari da sguattero a Porta Ticinese, rispetto al trantran di un travet? E per favore la smetta con la litania dei più di due milioni di italiani tra i 55 e i 65 anni che non lavorano più ma non hanno ancora diritto alla pensione: tanto da adesso dovranno aspettare fino a 67 anni. Lei dice che sono sul lastrico: invece vivono on the road».
Deve essere questo il tenore delle conversazioni che il nostro sobrio premier Mario Monti intrattiene con i suoi amici di Goldman Sachs, almeno a giudicare dalla battuta che si è lasciato scappare in tv l’altro ieri (troppo tardi, peccato, per i nostri orari di chiusura). Una battuta tanto più rivelatrice perché gli è venuta spontanea. Gli è sgorgata dall’intimo. Come a Michel Martone quella su chi ancora non è laureato a 28 anni («sfigato»), o a Padoa Schioppa – a suo tempo – su chi è costretto a vivere a casa dei genitori («bamboccione»).
Non si può nemmeno dire che Monti non sa in che mondo vive: perché il mondo in cui vive, lui lo conosce benissimo, anzi conosce solo quello. Il problema è che non sa nulla del mondo in cui viviamo noi. Noi, come dicono i nostri omologhi statunitensi, che siamo il 99% della popolazione. Mentre il mondo dei Monti e dei Martone è quello dell’1%, che comunque il posto fisso ce l’ha e stoico si sorbisce questo supplizio di noia, tra una prima alla Scala, una cena di gala e un Forum a Davos (neanche il tempo di sciare!).
E il bello è che Monti ci fa questa battuta quando in Italia si distruggono posti di lavoro (non solo fissi, ma anche precari) a decine di migliaia al mese, a milioni in tre anni. Ma Monti lo sa che senza posto fisso non ti danno un mutuo, non ti assicurano l’automobile, non ti affittano un appartamento e neanche ti permettono di comprare a rate gli elettrodomestici?
L’unico paragone che viene in mente è con la moglie del re di Francia Luigi XVI: il popolo si lamentava perché non aveva pane, e lei rispose «Allora dategli dei croissants»: poiché però non c’erano neanche cornetti, i francesi scesero in piazza e presero la Bastiglia.
Ma noi siamo due secoli più avanti dei francesi e seguiamo il consiglio di Papa Ratzinger: «Il posto fisso non è tutto. Cercate dio»: quindi è sicuro che Mario non finirà come Maria (Antonietta).

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