Ballo a Vienna con i giovani neonazi nel Giorno della memoria
Ballo a Vienna con i giovani neonazi nel Giorno della memoria L’evento non ha suscitato lo scalpore che avrebbe dovuto. Eppure, è importante almeno quanto le recenti prestazioni televisive di François Hollande e Nicolas Sarkozy. In poche parole, Marine Le Pen — la terza nella corsa per le presidenziali, colei che tallonava gli altri e minacciava un nuovo 21 aprile 2002 (quando il candidato del Fronte nazionale riuscì a qualificarsi per il secondo turno, ndt) — ha forse demolito, in poche ore, la possibilità di arrivare al secondo turno delle elezioni.
Cosa è accaduto? Esiste, a Vienna, una festosa e bella tradizione, unica in Europa, che è quella dei grandi balli leggendari, del genere che si svolgeva ai tempi dell’Impero austroungarico degli Asburgo. Però, fra gli oltre 500 balli che scandiscono la stagione, inaugurata ogni anno il 31 dicembre con il raffinatissimo ballo dell’Imperatore, c’è un evento che stride con il resto e rappresenta anche una vergogna per la città. È un ballo che, ogni volta, deve svolgersi sotto la protezione della polizia, tanto è vilipeso dai democratici o conservatori autentici della società austriaca e che, fra parentesi, ha forse vissuto la sua ultima edizione, poiché sembra che le autorità si siano decise a vietarlo: è il ballo delle «Burschenschaften», corporazioni studentesche nate a metà del XIX secolo, cresciute nell’odio verso la Francia napoleonica e verso gli ebrei da essa emancipati, e che uniscono, ancora oggi, gli adepti nel Paese dell’antisemitismo e del nazismo.
Ebbene, è proprio a questo ballo che venerdì scorso la signora Le Pen era l’invitata d’onore, accompagnata da Martin Graf, capofila dell’ala dura del partito di estrema destra Fpö: è al ballo delle «Burschenschaften», un ballo della bruttezza, dell’abiezione, in cui è apparsa così fiera di esibirsi in un lungo abito nero (sic) e fra gli applausi (ri-sic) della solita compagnia di studenti invecchiati, nostalgici del III Reich, la cui appartenenza è simboleggiata dalla cicatrice che essi portano su una guancia dopo il duello che nei loro giovani anni ritengono sia stato il momento culminante della loro iniziazione.
Perché la candidata ha commesso quello che, tenuto conto della sua strategia detta di «sdemonizzazione», può apparire solo come un errore? Come ha potuto rischiare di andare a ballare il valzer nell’unico, fra i balli viennesi, vietato, di fatto, a ebrei e giornalisti? Come, perché si è esposta al fianco dei militanti di Olympia, una delle più dure, più estremiste, più apertamente neonaziste delle «Burschenschaften»? E chi era all’origine dell’invito?
Forse, la colpa è di Jean-Marie Le Pen che, quattro anni fa, era l’invitato d’onore della stessa manifestazione e sembra non sia poi così «distaccato» come si dice… Forse, sì, è il perdente compulsivo che ha appena sigillato la campagna elettorale di sua figlia con due nuove provocazioni: una, a proposito di Les intouchables (Gli intoccabili), il film che ha commosso i francesi e in cui egli non vuol vedere che la metafora di una Francia inferma salvata da immigrati subdoli e malefici; l’altra, a proposito, appunto, di questo ballo, dove pretende di aver ascoltato — deliziandoci con un grazioso gioco di parole — solo dello «Strauss senza Kahn».
Oppure, è Marine Le Pen, da sola, che, ignorante in questa materia come in altre, avrebbe realmente confuso — di qui, il comunicato del Fronte nazionale, patetico, che ha subito risposto dopo che la vicenda è stata rivelata dalla stampa, poi dall’Uejf, Union des étudiants juifs de France, e da Sos Razzismo — il ballo dell’Opera, il Blumenball, il Kaiserball o il ballo dei Wiener Philarmoniker con i fasti kitsch e adulterati di una manifestazione neonazista…
O ancora — cosa più probabile — è la verità, semplicemente la verità, quella del linguaggio, delle memorie e degli inconsci politici che, come sempre, è la legge di tutto, a essere riemersa al gran galoppo…
Comunque, il risultato è qui. La signora Le Pen si è fatta vedere in pubblico con antisemiti accertati. È intervenuta in un luogo dove, ogni anno, si festeggiano negazionisti come John Gudenus o David Irving. Il giorno dell’anniversario della liberazione di Auschwitz, ha ballato il valzer con «studenti combattenti», samurai dai piccoli piedi, per alcuni dei quali (i membri della corporazione di Innsbruck) l’ex comandante del campo di sterminio Treblinka figura fra i loro compagni a titolo postumo. Prima di questo, la signora Le Pen ha trovato il tempo di cenare con Heinz-Christian Strache, numero uno dell’Fpö, che si è appena riavvicinato a un pangermanesimo radicale che, per qualsiasi orecchio austriaco storicamente costituito, fa rima con nazismo.
E la signora Le Pen, già che c’era, ha colto l’occasione per ritrovare, nel corso di una «riunione di lavoro», i partner dell’Alleanza europea per la libertà, fondata alla fine del 2010 e che, dall’Fpö al Partito Vlaams Belang o ai nazionalisti slovacchi e ungheresi, raggruppa tutto quanto il continente conta di scalmanati dell’anti-Europa, di ossessionati dalla minaccia zigana ed ebraica, o di sostenitori di una dittatura iraniana minacciata dal «bellicismo» di Israele.
Che una candidata alle elezioni presidenziali, cui i sondaggi accreditano dal 17 al 20 per cento dei voti, possa commettere tali oscenità non è una buona notizia per la democrazia. Ma è una notizia che ha il merito, perlomeno, di chiarificare il dibattito: la settimana scorsa dicevo che la signora Le Pen non ama la Francia; ebbene, è normale, visto che flirta con chi, da sempre, si dedica alla sua rovina e a quella dei suoi valori.
(traduzione di Daniela Maggioni)
0 comments