The Doors. Densmore: “La felicità  di quegli anni racchiusa in un inedito”

Il batterista della leggendaria band parla dell’edizione celebrativa del disco del 1971 che esce lunedì. La raccolta è arricchita da “She smells so nice”, una traccia ritrovata su un vecchio nastro. È l’album che preferisco, riflette ciò che eravamo davvero: con gli altri puntavamo al nostro “Stg. Pepper”, con questo alla semplicità . Jim era unico e difficile, un poeta. Con Manzarek e Krieger i rapporti oggi non sono buoni: è un peccato, perché a tutti loro devo moltissimo 

Il batterista della leggendaria band parla dell’edizione celebrativa del disco del 1971 che esce lunedì. La raccolta è arricchita da “She smells so nice”, una traccia ritrovata su un vecchio nastro. È l’album che preferisco, riflette ciò che eravamo davvero: con gli altri puntavamo al nostro “Stg. Pepper”, con questo alla semplicità . Jim era unico e difficile, un poeta. Con Manzarek e Krieger i rapporti oggi non sono buoni: è un peccato, perché a tutti loro devo moltissimo 

ROMA. Quaranta anni fa usciva L.A. Woman, ultimo dei sei leggendari album registrati dai Doors nei cinque, tumultuosi, travolgenti anni della loro carriera, interrotta nel 1971 dalla morte del frontman, il cantante Jim Morrison. Bruce Botnick, produttore del disco originale, era al lavoro sull´edizione celebrativa del disco, che verrà pubblicata lunedì prossimo, quando ha trovato, casualmente, un nastro con un brano che la band aveva inciso e mai pubbblicato, She smells so nice. Un brano inedito dei Doors, il primo dopo quarant´anni, con Jim Morrison e i suoi compagni, Ray Manzarek, John Densmore e Robbie Krieger, che improvvisano in studio su una traccia blues, un brano scartato all´epoca che oggi diventa un prezioso reperto storico.
Morrison morirà pochi mesi dopo, a Parigi, ma la sua voce è ancora ricca di fascino e la band suona con una magica sintonia. «È stato emozionante riascoltare questa registrazione», dice John Densmore, batterista dei Doors, «un clamoroso salto indietro nel tempo. Non ricordavo l´esistenza di questa canzone, ma non è una cosa strana, perché quando eravamo in studio suonavamo moltissime cose nuove, si improvvisava parecchio, noi tre iniziavamo a suonare sulle tracce di un blues e Jim cantava, recitava le sue poesie, creava seguendo l´estro del momento».
Densmore è il fiero difensore dell´integrità artistica di quanto i Doors hanno prodotto nei pochi anni della loro vita. Ha sempre rifiutato il permesso di usare la musica dei Doors negli spot pubblicitari («Sarebbe un modo di tradire tutti i motivi per i quali i Doors erano nati e hanno fatto la loro musica») e ha addirittura fatto causa agli altri due componenti, Ray Manzarek e Robbie Krieger, perché non usassero il nome della band durante i loro concerti ed ha sempre rifiutato di tornare in scena con loro: «Se torna anche Jim lo faccio anche io. Ma Jim è morto e i Doors erano i Doors con lui, non senza di lui».
“L.A. Woman” è il capitolo finale della vostra avventura musicale. Ed è arrivato in un momento difficile della vita di Morrison.
«Era difficile per tutti. Ma era complicato soprattutto quando non eravamo in studio. Jim era esaurito, beveva troppo, era difficile da tenere sotto controllo. Mentre registravamo il disco facemmo due concerti e nel secondo, nel dicembre del 1970 a New Orleans, Jim crollò sul palco, fu l´ultima volta che suonammo dal vivo. Ma quando eravamo in studio le cose erano completamente diverse, suonare insieme era una gioia assoluta».
Ha detto diverse volte che si tratta del suo disco preferito dei Doors.
«Si, perché è quello che riflette meglio quello che eravamo davvero. Gli altri dischi erano più strutturati, dopo il primo album eravamo entrati in una fase in cui cercavamo anche noi di fare il nostro “Stg. Pepper”. Quando decidemmo di lavorare a L.A. Woman volevamo invece tornare alla semplicità. Oltretutto gran parte del disco lo registrammo nel nostro studio, il Doors Workshop, dove Bruce Botnick portò un registratore portatile, e tutto fu in presa diretta. Suonavamo per ore, ci divertivamo ancora, She smells so nice è uscita da una di quelle session».
Lavoravate in completa libertà.
«Si, non ci preoccupavamo della tecnologia ma solo dell´intensità, della creatività, della musica. Lavorare in questo modo ci portò ad essere più minimali, a credere fortemente in quello che facevamo e tutto questo rese il disco migliore. Non avemmo bisogno di registrare i brani troppe volte, non ci furono sovraincisioni».
Com´era suonare con i Doors?
«È ovvio se le dico che era fantastico, come potrei dire il contrario? C´era tra noi un equilibrio magico, e soprattutto c´era Jim. Era un poeta, prima di lui nessuno ha scritto dei testi di così grande forza. E i testi di L.A. Woman sono incredibili, basta ascoltare ancora Riders on the storm. Jim era un personaggio unico e difficile, ma proprio questa sua unicità, assieme al nostro modo di pensare la musica, ci rendeva diversi da tutti gli altri».
Il cuore del disco era tutto nel blues.
«Si, era la musica che amavamo tutti, il nostro rock nasceva da li, ci identificavamo con quelle storie di dolore, emozione, perdita, speranza, erano le cose che risuonavano per noi e per un´intera generazione».
Oggi il blues non è più molto di moda.
«Non creda, non è così. Il blues è dovunque, anche se in forme differenti. È la base di tutta la musica moderna, e dagli anni cinquanta in poi, con il rock, è entrato nella cultura popolare in tutto il mondo. Non è mai scomparso, e tornerà ancora».
I rapporti con gli altri due componenti della band oggi non sono molto buoni.
«No, non lo sono, ed è un peccato. Non ci troviamo mai insieme. Ma sto scrivendo un libro di memorie, nel quale dico ancora che sono in debito con tutti loro per le cose belle che ho avuto dalla vita».
Ha nostalgia per quei tempi?
«Non mi piace pensare solo al passato, e poi il passato non torna, mai, per nessuno. Detto questo ho molta nostalgia per la passione di quegli anni, per l´entusiasmo, l´energia, per la voglia di fare cose incredibili che avevano tutti. E, come si dice in questi casi, se dovessi ricominciare rifarei tutto allo stesso modo».

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