Cover e testi impegnati al Magnolia. Non sono mai riuscito a percepirla come città , mi sembrava anzitutto una pista per macchine veloci. La sua ricchezza sono i provinciali come me, che vengono qui in cerca della loro America Nome d’arte “Luci della centrale elettrica”, ha fatto anche il barista
Cover e testi impegnati al Magnolia. Non sono mai riuscito a percepirla come città , mi sembrava anzitutto una pista per macchine veloci. La sua ricchezza sono i provinciali come me, che vengono qui in cerca della loro America Nome d’arte “Luci della centrale elettrica”, ha fatto anche il barista
Lo hanno paragonato a Rino Gaetano, per la voce graffiata e disperata, «ma è solo pigrizia di chi ascolta: ci sono tantissimi cantautori che ho ascoltato più di lui». La verità è che Vasco Brondi è, semplicemente, Le luci della centrale elettrica, come ha scelto di chiamarsi in arte. E va benissimo così. Perché sono bastati due dischi (Canzoni da spiaggia deturpata e Per ora noi la chiameremo felicità) per trasformare questo 27enne di Ferrara in uno dei più precisi e incisivi narratori delle mostruosità dell´odierno. Anzi, due dischi e mezzo: C´eravamo abbastanza amati, appena uscito con XL, magazine musicale di Repubblica, contiene canzoni di Battiato (Summer on a solitary beach), De Gregori (Dolce amore del Bahia), Cccp (Emilia paranoica), che presenterà sul palco del Magnolia, oggi e domani.
Come le ha scelte? E che concerti saranno?
«Da sempre propongo anche cover, le canzoni che più ho amato e che documentano chi sono e cosa penso. È bello filtrarle dal vivo, così come rifare in altre versioni le mie canzoni, per renderle diverse. Ci saranno anche delle letture. Sul palco mi piace spiazzare, espormi, sono più spontaneo».
Cambiamenti che ci saranno anche nel prossimo disco?
«Sì, ma non so dirle cosa succederà né quando. Sa, le canzoni non si possono amministrare. Altre forme artistiche, come film e romanzi, sono più governabili dai loro creatori. Le canzoni no, come vengono vengono, ti portano dove vogliono loro. Certo vorrei cambiare lo stile musicale, che finora è stato monocorde, un accordo continuo di chitarra e le parole a valanga».
Le sue canzoni come vengono vengono, però descrivono bene il tempo attuale. Basta leggere i titoli, come “L´amore al tempo dei licenziamenti dei metalmeccanici”, “Quando tornerai dall´estero”, “Per respingerti in mare”.
«Guardando attentamente dentro me e nel chilometro quadrato che mi sta intorno ho letto quel che succede a livello generale. Anche se poi ogni tempo, ogni generazione, è sempre più difficile da identificare con parole comuni: ormai regna l´individualismo».
Per la sua generazione si usa l´aggettivo “precario”.
«Non solo per la mia. Certo, io mi sento precario, in fondo faccio un mestiere che lo è. Ma ne facevo anche prima: sono stato anche barista, facevo un caffè veramente orribile».
Da provinciale come vede Milano?
«Ci ho anche vissuto, in viale Romagna e viale Monza. E non sono mai riuscito a percepirla come città, mi sembrava anzitutto una pista per macchine veloci. La sua ricchezza sono proprio i provinciali, che ci cercano l´America. Di certo ha più identità della provincia, che è diventata un non-luogo: è nei centri commerciali che la gente si ritrova, come una volta faceva nelle piazze dei paesi».
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