“Finalmente si torna in piazza e io sto dalla parte di Occupy”

Ani Di Franco, un nuovo album di lotta.  Mi sento uno scrittore con la chitarra, una poetessa folk. Non amo la rete perché preferisco il mondo reale che puoi toccare e annusare 

Ani Di Franco, un nuovo album di lotta.  Mi sento uno scrittore con la chitarra, una poetessa folk. Non amo la rete perché preferisco il mondo reale che puoi toccare e annusare 

ROMA. Ha rispolverato una vecchia canzone folk americana, Which side are you on?, letteralmente «da che parte stai», e ne ha fatto il titolo di un album (in uscita il 16 gennaio) che suona come uno slogan politico. Ani DiFranco, la cantautrice indipendente da sempre politicamente impegnata, non ha d´altronde mai avuto dubbi su quale fosse la parte giusta da sostenere. «Sto con i ragazzi di Occupy Wall Street. E col presidente Barack Obama. E no, le due cose non sono in contraddizione».
Eppure il movimento accusa il presidente di non essere al suo fianco, ma con i finanzieri di Wall Street.
«Obama è un brav´uomo ma molti americani lo hanno eletto riponendo in lui speranze naive. Pensavano che avrebbe fatto miracoli, che avrebbe rapidamente messo tutto a posto. Ma non è così che funziona la democrazia. Non c´è una persona che sistema tutto. Dobbiamo farlo insieme. È buffo perché mi accorgo che vorrebbero vederlo agire come George W. Bush: fare come vuole, non chiedere approvazione a nessuno. Bè, non è quello in cui credo: voglio una democrazia, non un dittatore».
Eppure il titolo del suo album suona come uno slogan.
«È una vecchia canzone degli anni Trenta, scritta da Florence Reece, che era la moglie di un minatore sindacalista. Negli anni è diventata un inno di protesta. Ma io do un´interpretazione diversa alle sue parole: la domanda per me non è tanto da che parte stai ma se ti prendi la responsabilità o no di stare dalla parte della giustizia, della verità. È una chiamata all´azione. Dobbiamo essere coinvolti. Ed è esattamente quello che gli americani hanno ricominciato a fare: alzarsi in piedi e prendersi la responsabilità di protestare».
Lei prende posizione con tutte le canzoni dell´album.
«Non sono mai stata timida in questo senso. E poi con Occupy Wall Street la musica folk sta vivendo una nuova stagione. E spero che questo significhi che si scriveranno nuove canzoni politiche che uniscano la gente e ispirino il movimento»
Nell´album ci sono molti contributi: a cominciare da quello di Pete Seeger, leggenda del folk e della canzone di protesta. Che rapporto avete?
«Lo considero un mentore, anche se sono sicura che lui si considera piuttosto un compagno di strada di noi musicisti più giovani. Ho suonato per la prima volta Which side are you on? alla festa del suo novantesimo compleanno e proprio in quell´occasione ho pensato di voler lavorare a una mia versione. Quando l´ho chiamato dicendo “Voglio metterla nel disco, vuoi suonarla con me?”, lui ha risposto “Stai lì”, è corso a prendere il banjo e al telefono ha cominciato a dirmi: “Come vuoi farla, più veloce, più morbida? E in che chiave? Vuoi che ti scriva qualche nuovo verso?”».
Lui però è andato a suonare a Zuccotti Park, lei no: perché?
«Ci sono stata, eccome: ma non c´erano telecamere. Mi sono anche chiesta se dovevo fare una visita più pubblica, poteva essere utile al movimento. Alla fine ho suonato per Occupy New Orleans…».
Nella sua musica c´è di tutto dal folk al punk, al jazz…
«Il folk è un genere molto politico e radicale che combina attivismo e arte. È vero che gli artisti folk sono prima poeti e poi musicisti mentre io ho esplorato più il punto di vista musicale. Mi vedo come uno scrittore con la chitarra».
Lei ha iniziato a 15 anni suonando nei bar, nei locali. Oggi un giovane musicista ha piattaforme come YouTube per farsi conoscere. Che ne pensa?
«Non sono un´appassionata della rete, credo di essere stata l´ultima artista ad aver creato un sito web. La mia carriera è nata e maturata in strada. Preferisco il mondo reale che puoi toccare, annusare. Ma certo Internet è un grande aiuto per chi oggi deve inventarsi una carriera».
Lei hai creato la sua etichetta indipendente nel 1989. Da allora quanto è cambiato il business?
«C´è meno denaro di prima, e questo vuol dire che ci sono meno possibilità. È dura per gli artisti ma è anche un bene. Riesce solo chi ci si dedica realmente. Nessuno sta più facendo soldi. Tutti devono lottare e solo chi ha passione sopravvive».

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password