I braccialetti sperimentali da dieci anni

Amato. Odiato. Temuto. Il braccialetto elettronico (che poi è in realtà  una cavigliera) entra nell’ordinamento italiano nel gennaio di dieci anni fa, con il governo tecnico di Giuliano Amato, Piero Fassino al dicastero della Giustizia ed Enzo Bianco a quello dell’Interno.

Amato. Odiato. Temuto. Il braccialetto elettronico (che poi è in realtà  una cavigliera) entra nell’ordinamento italiano nel gennaio di dieci anni fa, con il governo tecnico di Giuliano Amato, Piero Fassino al dicastero della Giustizia ed Enzo Bianco a quello dell’Interno. Non è mai decollato realmente, sempre rimasto a livello sperimentale in poche città campione e mai usato per più di un centinaio di detenuti tutti insieme. L’ultima convenzione con la Telecom per il funzionamento è costato allo Stato 11 milioni di euro e avrebbe dovuto attivare 450 braccialetti, ma non ha funzionato che per poche decine.
L’esordio fu tutt’altro che brillante: fu sperimentato a Milano su Augusto Cesar Tena Albirena, un peruviano trentaquattrenne, che si dichiarò volontario per l’esperimento. E che dopo poco più di due mesi di esperimento riuscì a togliersi il braccialetto e a dileguarsi nel nulla.

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