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Il dramma dei 245 rifugiati eritrei e somali  trasferiti forzatamente dal centro di detenzione di Misurata al centro Sebha, nel sud della Libia, il 30 giugno si sta ulteriormente aggravando.

Cresce l'indignazione dopo la denuncia dell'Unità .

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Massacro in Libia L’appello de l’Unità  per gli eritrei prigionieri

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Il dramma dei 245 rifugiati eritrei e somali  trasferiti forzatamente dal centro di detenzione di Misurata al centro Sebha, nel sud della Libia, il 30 giugno si sta ulteriormente aggravando.

Cresce l’indignazione dopo la denuncia dell’Unità .

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Il dramma dei 245 rifugiati eritrei e somali  trasferiti forzatamente dal centro di detenzione di Misurata al centro Sebha, nel sud della Libia, il 30 giugno si sta ulteriormente aggravando.

Cresce l’indignazione dopo la denuncia dell’Unità .

Secondo testimonianze dirette raccolte oggi dal Consiglio Italiano Rifugiati, i 245 sono stati sottoposti a forti maltrattamenti e sono tenuti in estrema scarsità di acqua e di cibo. Alle persone che presentano ferite e gravi condizioni di salute non sono fornite cure mediche. Molti rifugiati, riferisce il Cir, sono feriti ed estremamente debilitati dopo un viaggio nel deserto chiusi in container di metallo per oltre 12 ore: dall’alba al tramonto del 30 giugno.

 

Il centro di Sebha

Si trova nel mezzo del deserto del Sahara dove attualmente la temperatura supera i 50 gradi. Sembra che questo trattamento sia stato decretato come «punizione» per una rivolta e un tentativo di fuga che si è verificato nel centro di Misurata la sera del 29 giugno. Il Cir sottolinea che tra le persone ci sono numerosi rifugiati eritrei respinti nel 2009 dalle forze italiane dal Canale di Sicilia in Libia. Anche in riferimento al trattato di amicizia italo-libico, già la sera del 30 giugno il Cir aveva chiesto l’intervento del premier Berlusconi e del ministro degli Esteri Frattini. Il Cir ha inviato oggi una lettera al Presidente della Repubblica Napolitano, appellandosi alla sua sensibilità per i diritti umani; contemporaneamente, ha scritto una lettera al ministro dell’Interno Maroni, chiedendo che l’Italia si faccia carico di queste persone, offrendo al governo libico l’immediato trasferimento e reinsediamento nel nostro paese.

Il Pd: Frattini continua a tacere
«Per salvare la vita ai circa trecento eritrei che si trovano ora rinchiusi nel centro di detenzione di sebha in libia, il governo italiano deve muoversi immediatamente usando tutti i mezzi diplomatici e tutte le pressioni politiche del caso».Llo chiede Jean Leonard Touadi, parlamentare del Partito Democratico. Toaudi sottolinea che «a tutt’oggi frattini continua a tacere, il suo silenzio è imbarazzante e se dovesse proseguire getterebbe un’ombra pesante sulla credibilità internazionale dell’Italia. Siamo di fronte a una palese violazione del diritto internazionale – conclude il deputato Pd – il governo italiano deve intervenire su Tripoli. Alla luce di questo ennesimo episodio di negazione dei diritti umani ci dobbiamo interrogare sull’opportunità degli accordi sui respingimenti con il governo libico».

Indignato anche l’Idv
«La vicenda dei 300 cittadini eritrei fa emergere sempre di più il grave errore commesso dal governo italiano che ha scelto di delegare la Libia nelle politiche d’immigrazione», sottolinea il portavoce dell’Italia dei Valori, Leoluca Orlando. Il Pd e il partito di Antonio Di Pietro annunciano una interrogazione parlamentare sul caso.

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