«Dai, dai, dai, occupiamoci di ciò che è nostro». Con questo slogan ieri i lavoratori dell’arte hanno occupato il Pac di Milano. Il Padiglione dell’arte contemporanea per l’occasione è stato ribattezzato «padiglione dell’arte comune». «Ma come?! Sono venuta da Pavia apposta…», mugugna una signora con la nipotina ansiosa di vedere la mostra della multinazionale dell’animazione Pixar. Ma è solo un attimo. Il folto gruppo di manifestanti non ha nulla contro questa mostra: è qui per dire che l’arte è un bene di tutti.
«Dai, dai, dai, occupiamoci di ciò che è nostro». Con questo slogan ieri i lavoratori dell’arte hanno occupato il Pac di Milano. Il Padiglione dell’arte contemporanea per l’occasione è stato ribattezzato «padiglione dell’arte comune». «Ma come?! Sono venuta da Pavia apposta…», mugugna una signora con la nipotina ansiosa di vedere la mostra della multinazionale dell’animazione Pixar. Ma è solo un attimo. Il folto gruppo di manifestanti non ha nulla contro questa mostra: è qui per dire che l’arte è un bene di tutti. Dopo pochi minuti il Pac per un giorno si trasforma davvero. L’ingresso è gratuito e la prima sala diventa una piazza pubblica dove manifestare e prendere parola. I lavoratori dell’arte formano un quadro vivente che ricorda il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo e tengono una assemblea aperta e senza leader per spiegare il senso delle loro idee e delle loro pratiche. Partecipa anche Ugo Mattei.
Il Teatro Valle
alla milanese
Il modello è quello del Teatro Valle di Roma e infatti una delegazione del Valle è salita dalla Capitale. Ci sono anche rappresentanti di altri gruppi provenienti da Venezia e Bologna per testimoniare con la loro presenza che anche a Milano si sta contribuendo a costruire una rete su tutto il territorio nazionale. Il programma è presto detto: l’arte e la cultura sono una ricchezza di tutti e per tutti, dunque non devono portare profitto e lustro sempre e solo ai soliti noti con ben poche ricadute per chi in questo mondo lavora e crea e con pochi vantaggi per i cittadini. Un tema caldo in questa era di crisi e austerity, alla vigilia delle stangate del governo dei tecnici. I manifestanti spiegano: «Stiamo mettendo in campo esperienze di costruzione di percorsi condivisi dal basso per spezzare le logiche del mecenatismo privato che troppo spesso coincide con il mondo della finanza dei tecnocrati al governo, ma anche per andare al di là delle deleghe e del circuito delle burocrazie politiche che gestiscono e si spartiscono le istituzioni, locali e non». In sostanza vogliono provare a gestire la loro cretività e il loro lavoro direttamente, senza bisogno di padrini pubblici o privati.
Per questi lavoratori dell’arte il Teatro Valle è un modello esportabile anche a Milano, magari proprio a partire dal Pac, uno spazio che era nato come laboratorio creativo aperto alla città. A Milano il movimento degli artisti è al debutto pubblico dopo le assemblee che si sono tenute all’Arci Bellezza, luogo simbolo della Milano che cambia o dovrebbe cambiare (qui è nata la candidatura Pisapia). E qui sta la specificità del contesto cittadino. Milano ha appena vissuto una settimana difficile segnata dallo scontro tra il sindaco e l’assessore alla cultura Stefano Boeri proprio a partire da diversi punti di vista sulla gestione di un museo. Che il vento sia cambiato lo ribadisce anche un «artista dell’occupazione» milanese: «E’ la prima volta che a Milano un’occupazione non diventa occasione di tensione ma di dialogo, ma è solo una prima tappa, perché il vento del cambiamento siamo noi». Ad ascoltarlo ci sono proprio l’assessore Stefano Boeri e Paolo Limonta, collaboratore e amico del sindaco Pisapia.
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