Il racconto di una passione tra politica e liti
Il racconto di una passione tra politica e liti
ROMA — Sul biglietto c’è scritto: «Vanessa Redgrave ha il piacere di invitarla alla serata d’onore per Franco Nero». Il party a sorpresa con contorno jazz, per l’attore che ha compiuto 70 anni il 23 novembre, lo ha organizzato la donna della sua vita. Stanno insieme dal 1966, tra alti e bassi, anzi per alcuni anni non si sono visti. Una storia come un romanzo di appendice. Lei di base è a Londra e lui a Roma. Amano la terra, la campagna. Lei ha lasciato Londra nel giorno di riposo di A spasso con Daisy per essere presente alla festa; è una delle maggiori attrici del mondo, ha appena avuto un tributo alla carriera da Meryl Streep, a nome dell’Academy degli Oscar: «Una cosa di grande valore per me, non solo come artista. Non me l’aspettavo».
Stando a Internet, il 31 dicembre 2006 si sono sposati. Non è andata proprio così. «C’è stata una cerimonia familiare, nella campagna inglese, in cui ci siamo scambiati le fedi. Lui mi ha ricomprato quella che avevo perso, come quasi tutti i miei gioielli. Per noi è più importante l’unione tra due anime che il rito e le promesse eterne». «È stato il nostro piccolo matrimonio non ufficiale. Ma noi ci consideriamo sposati. Io sono nato patriarca e non marito. E lei è la matrona». Hanno un figlio regista di 41 anni, Carlo. «Se mi chiedessero quale altro regalo desidero — ha detto Franco Nero alla cerimonia — risponderei: una bacchetta magica per permettere a mio figlio di esprimere il suo talento». Anche lui viene preso con sufficienza, e lavora all’estero, ora è in Canada per i sopralluoghi dello spaghetti-western L’angelo, il brutto e il saggio che girerà con Quentin Tarantino e John Landis come attori. «Ma è tutto il cinema italiano ad essere sottovalutato», dice Vanessa.
Viene da una dinastia di celebri attori inglesi, Franco da una famiglia contadina di Parma. Si sono conosciuti sul set di Camelot, lui aveva 24 anni e interpretava Lancillotto, lei ne aveva cinque di più ed era Ginevra. Era sposata col regista Tony Richardson e madre di due bambine, Natasha e Joely. Franco: «Avevo cominciato in Spagna le scene di battaglia. Chiesi, ma chi fa Ginevra? Vedrai, è un’altra mia scoperta, mi disse il regista Joshua Logan. Un giorno, agli studi della Warner a Los Angeles mi venne incontro una ragazza coi blue jeans strappati, senza trucco, gli occhiali da vista, spettinata. Era lei. Fui molto freddo. Nel camerino trovai un suo biglietto: vorrei invitarti a cena a casa mia. Mi aprì la porta una donna elegantissima: sono stato invitato da Vanessa. E lei: sono io. Non l’avevo riconosciuta». Vanessa: «Era molto bello, volevo conoscerlo senza malizia, a cena c’erano anche Rod Steiger e Claire Bloom». Franco: «La scintilla scoccò due mesi dopo. Finito di girare, mi chiese se potevo accompagnare all’aeroporto un suo amico pediatra. Lì mi fa: Ma tu domani lavori? Tra mezz’ora parte un volo per San Francisco. Ce ne andammo tutta la notte in giro, finimmo in un motel. Nei mesi seguenti mi chiese di accompagnarla per la sua candidatura agli Oscar e a Cannes per Blow Up di Antonioni. Quando tornai in Spagna mi disse se potevamo rivederci. Avevo una ragazza, le dissi: non sentiamoci per un mese e vediamo cosa fa il desiderio. Dopo un mese squilla il telefono: sono Vanessa». «Io avevo già le mie due figlie, a cui Franco ha fatto da padre. È un uomo d’altri tempi, se dice una cosa, la fa. Ha il senso dell’onore. Lo ammiro e lo adoro». «Lei è la mia Giovanna d’Arco. È sempre dalla parte degli umili».
Avevano preso casa a St.Peter Square nella Londra degli anni 60. «Andavamo in giro con la 500 che lei mi regalò. Un periodo irripetibile. I nostri amici, Anthony Queen, John Gielgud, Laurence Olivier che era già molto malato, una volta dovetti caricarmelo di peso e pensai, ho il più grande attore del mondo sulle spalle. Volevo che i nostri tre figli crescessero insieme; abbiamo cinque nipotini». La figlia grande di Vanessa, Natasha, è morta nel 2009 sui campi da sci in Canada. Franco: «Ha sbattuto la testa, potevano salvarla. Per me era una figlia, la portai io all’altare quando sposò Liam Neeson. Vanessa lo scorso anno ha perso anche i due fratelli minori. È una donna forte, ora un po’ fragile. Ci siamo avvicinati ancora di più». Vanessa: «Come si possono superare tragedie del genere? Bisogna conviverci. Ma si vive in un altro modo, quasi in un altro mondo».
Gli anni 70 segnarono la crisi del rapporto. «Non ci siamo parlati per qualche anno», dice lei. Si parlò della sua storia con Timothy Dalton. «No — risponde lui — quella venne dopo. Colpa del suo attivismo politico. Si avvicinò ai trotzkisti, al Worker’s Revolutionary Party. Ma con l’animo di aiutare i bisognosi, una sorta di Madre Teresa. Poi fu plagiata da un tizio che le rubò un sacco di soldi. Quando tornò da un viaggio in Palestina mi chiese un altro figlio. Lo perdemmo. Fu un periodo terribile». Lei: «Come dice Shakespeare, il denaro è una grande necessità ma anche una grande malattia». Franco: «Ora è più saggia, lotta solo per i diritti civili». Vanessa, la Jane Fonda europea (senza aerobica): «La mia prima coscienza politica risale a quando, da bambina, lessi Il viaggio del pellegrino di John Bunyan. Un’allegoria del 1600 che ti fa pensare a come si devono comportare gli uomini durante la guerra. Nel 1948 fui colpita dalla Dichiarazione universale dei diritti umani che ascoltai alla radio: fu l’inizio degli obblighi per i rifugiati. Quest’anno c’è una crisi enorme, la gente soffre e non solo nei paesi arabi. A Tel Aviv vogliono proibire i fondi per le organizzazioni non governative. Ho tanti amici in Israele, il governo è un’altra cosa».
Franco: «Lei è così, aiuta tutte le persone in difficoltà che incontra». Alla festa dei 70 anni ha cantato per loro la nipotina, figlia di Carlo. «In realtà Vanessa ed io non ci siamo mai lasciati».
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