Christa Wolf (ansa)

L'autrice de "Il cielo diviso" è morta a Berlino dopo una lunga malattia. Aveva 82 anni e una vita di successi letterari e amarezze alle spalle. Critica nei confronti del regime comunista non abiurò mai l'ideologia socialista. Al centro delle polemiche per una sua collaborazione con la Stasi

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Addio alla scrittrice Christa Wolf simbolo della letteratura del dissenso

Addio alla scrittrice Christa Wolf simbolo della letteratura del dissenso

Addio alla scrittrice Christa Wolf simbolo della letteratura del dissenso Christa Wolf (ansa)

L’autrice de “Il cielo diviso” è morta a Berlino dopo una lunga malattia. Aveva 82 anni e una vita di successi letterari e amarezze alle spalle. Critica nei confronti del regime comunista non abiurò mai l’ideologia socialista. Al centro delle polemiche per una sua collaborazione con la Stasi

Addio alla scrittrice Christa Wolf simbolo della letteratura del dissenso Christa Wolf (ansa)

L’autrice de “Il cielo diviso” è morta a Berlino dopo una lunga malattia. Aveva 82 anni e una vita di successi letterari e amarezze alle spalle. Critica nei confronti del regime comunista non abiurò mai l’ideologia socialista. Al centro delle polemiche per una sua collaborazione con la Stasi

ROMA – “Sono grata per il semplice fatto di essere stata al mondo e per come si è svolta la mia vita”. Ora che Christa Wolf è morta – a 82 anni a Berlino al termine di una lunga malattia – vale la pena riascoltare queste sue parole, pronunciate nel 2010 poco dopo la pubblicazione del suo ultimo libro, La città degli angeli. Vale la pena perché quando rilasciò quell’intervista la scrittrice era cosciente della fine che si stava avvicinando: “Penso spesso alla morte e quasi ogni giorno ho la consapevolezza del poco tempo che mi rimane”.  Era un bilancio in positivo di una vita costellata di successi, ma anche di amarezze e disillusioni. Christa Wolf non era solo l’autrice di romanzi universalmente apprezzati come Cassandra e Medea Voci, ma anche una intellettuale tra le più discusse della Germania dell’Est. Più volte critica nei confronti del regime comunista, fu accusata di non avere mai abiurato l’ideologia socialista, di non avere lasciato il suo paese pur avendone la possibilità e poi, dopo la caduta del Muro, di avere collaborato con la Stasi durante gli anni universitari. Difesa solo dal suo amico di una vita, il Nobel Günter Grass.

Nata nell’attuale Polonia, trascorse l’infanzia sotto il nazismo ma alla fine della seconda guerra mondiale si ritrovò insieme alla sua famiglia, protestante e di origini modeste, nella Germania dell’Est. Laureata in germanistica all’università di Jena negli anni ’50 sposò lo scrittore  Gerhard Wolf e nel ’62 iniziò a lavorare come critica letteraria presso la rivista dell’unione degli scrittori della Ddr. Raggiunse la notorietà l’anno successivo con il romanzo Il cielo diviso, in cui narrava l’amore al di qua e al di là del Muro. Quegli anni, spiegò poi, furono i più duri perché coincisero con la presa di coscienza che la Ddr non era un’alternativa al nazionalsocialismo, non era ciò che lei e i suoi amici avevano sperato. Divenne sospetta al regime, spiata e intercettata. A pochi mesi dalla fine del comunismo pubblicò un breve testo, Che cosa resta,  che parlava di una scrittrice famosa, sorvegliata dalla Stasi. Le si ritorse contro: accusata di opportunismo, si disse che voleva presentare se stessa come vittima denunciando tardivamente il regime. Divenne persona non gradita. Anche perché, solo dopo la caduta del Muro, lasciò la Germania per gli Stati Uniti, accettando una borsa di studio di nove mesi della fondazione Getty a Los Angeles. Per i suoi detrattori era una fuga, dettata dalla scoperta di un dossier in cui si accertava la sua collaborazione con la polizia segreta tra il 1959 e il 1962. Il suo nome in codice era Margarete e in quella veste ebbe tre colloqui, così insignificanti che la Stasi stessa interruppe il rapporto. La scrittrice non spiegò mai perché non avesse rifiutato quella collaborazione, ma più volte sottolineò come su di lei esistessero altri 42 fascicoli che testimoniavano come fosse stata a lungo spiata.

Nel suo ultimo libro, La città degli angeli, Christa Wolf raccontò le sue inquietudini di quel momento cercando di spiegare la sua evoluzione personale, la disillusione per quello che era diventata la Ddr. Stato d’animo ben presente anche in altre sue opere, come il libro-diario Congedo dai fantasmi (1995) o Un giorno all’anno. 1960-2000, raccolta delle pagine di diario tenute ogni 27 settembre e pubblicate nel 2002. Dal testo emergono i conflitti interiori e una lucida analisi della società tedesca fino all’unificazione ed oltre.  Ed emerge anche la caratteristica principale del suo carattere: la scrittrice che diede voce ai miti classici, che raccontò un amore diviso dal muro, che scavò nelle difficoltà dell’individuo a inserirsi nel socialismo reale di quegli anni (Riflessioni su Christa T del 1968), era innanzitutto una persona metodica, paziente e tenace. Forte di fronte alle asperità della vita, tanto da affermare che, nonostante tutto, “sono grata per il semplice fatto di essere stata al mondo”

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