Il rap a piazzaTahrir

Parlano i membri del collettivo hip hop Arabian Knightz, che al Cairo si dividono tra gli scontri di strada e lo studio di registrazione. «È la prima volta che i giovani egiziani hanno una possibilità  di scelta nelle loro mani e non se la faranno scappare. I militari? Peggio di Mubarak»

Parlano i membri del collettivo hip hop Arabian Knightz, che al Cairo si dividono tra gli scontri di strada e lo studio di registrazione. «È la prima volta che i giovani egiziani hanno una possibilità  di scelta nelle loro mani e non se la faranno scappare. I militari? Peggio di Mubarak» IL CAIRO. Karim Adel Eissa, 31 anni, ha iniziato con il gruppo hip hop Mask of Empire e poi ha creato il collettivo Arabian Knightz, con Sphinx e E-Money. Una discreta fama internazionale è arrivata nei giorni della prima rivoluzione di piazza Tahrir, quando la star african-american Lauryn Hill ha accettato di aggiungere la sua voce al brano Rebel.

Arabian Knightz è una filosofia di vita, una open source connessa a una community di rapper che comunicano tra loro, si aiutano, si frequentano, si scambiano i beat e si aiutano nella composizione dei pezzi. Dall’Egitto al Marocco, dalla Libia alla Tunisia, dalla Palestina all’Iraq passando per l’Arabia Saudita, la Giordania, la Siria e il Libano. Cantano contro le ingiustizie, i soprusi dei governanti e a proposito della vita quotidiana. Yasser Mohamed, 28 anni, è un suo caro amico. Con il nome d’arte Afrid pratica tutte le contaminazioni musicali con il jazz e il blues, il rock, il soul, il funky e persino la musica classica; insieme a Ibrahim Farouk è stato il fondatore del gruppo Asfalt, che poi ha vinto un’edizione degli Mtv Arabia Awards. Spesso i loro beat e mix si mescolano con quelli degli altri gruppi presenti nel panorama mediorientale, Y-Crew, Shadia Mansur, l’iracheno Narsi, la libanese Malika. Arabian Knightz è il fulcro intorno al quale ruota tutto il movimento hip hop arabo, perché Karim in veste di produttore esecutivo contatta tutti gli altri gruppi per collaborazioni e remix. Ma ora la priorità è l’Egitto, quello che succede nel paese e a piazza Tahrir.
Sei andato a votare?
Certo, per mandare finalmente a casa i militari… Ma subito dopo sono tornato a Tahrir, perché sappiamo che sono dei bugiardi. I militari sono peggio diMubarak! È una vecchia tattica tipica degli egiziani: un tuo amico sta per picchiarsi con qualcun altro e tu sai che le prenderà di sicuro. Allora ti metti in mezzo, gridando e prendendo a sberle il tuo amico rimproverandolo davanti a tutti, a poco a poco lo porti fuori dalla mischia, lo proteggi. Questo è quello che ha fatto Tantawi con Mubarak: l’ha sbeffeggiato con il processo, ma nel frattempo l’ha tolto dalla scena.
Provenendo entrambi dall’esercito hanno lo stesso spirito corporativo?
Sì, il problema è che l’Egitto e tutto il Medio Oriente continuano a vivere su un sistema dittatoriale di cui l’Europa si è liberata con la fine della seconda guerra mondiale, mentre noi ancora insistiamo.
Come conciliate il vostro lavoro con piazza Tahrir?
La settimana scorsa con Afrid eravamo in piazza a tirare pietre alla polizia che aveva ucciso tutta quella gente, ma alle 11 di sera siamo andati a registrare il suo nuovo album… Lanciavo il più possibile per tutto il tempo che avrei dovuto passare nello studio. Nel mezzo della rivolta ero indeciso se rimanere o andare, ma il nostro ruolo rivoluzionario non è solo tirare pietre. La musica è più efficace di un sasso, perché può coinvolgere più persone e può cambiare la coscienza popolare anche nei prossimi anni.
Cosa pensate di quel che succede a Tahrir?
Questa è la prima volta che i giovani egiziani hanno una possibilità di scelta nelle loro mani e non se la lasceranno scappare; è la prima volta nella storia dell’Egitto moderno che il popolo si rivolta contro i militari, non era mai successo prima.
Ma avete mai avuto fiducia nei militari dopo le dimissioni di Mubarak?”
Solo all’inizio, poi non hanno fatto niente per rimuovere le politiche e i modi del vecchio regime, non sappiamo se ci proteggono o se preferiscono il regime che c’era prima. Certo l’economia sta andando a rotoli grazie a loro. Ci sono stati investimenti nel paese, ma non nel senso che puoi immaginare. uarda l’equipaggiamento dei poliziotti negli ultimi scontri, molto più professionale di prima: giubbotti antiproiettile, caschi protettivi nuovi, fucili a pompa appena usciti dalla fabbrica, e un po’ di gas nervino che non guasta mai… Se si calcola che ogni capsula di gas può costare intorno ai 40 dollari e che sono state lanciate circa 15 mila quanti soldi sono? Da dove li prendono? E quante armi sono state acquistate in tutto questo periodo? Stiamo ripagando il debito americano! Per un europeo non sono molti, ma qui in Egitto potrebbero fare la differenza per milioni di persone. Se avevano tutti questi soldi da spendere per l’attrezzatura della polizia, perché non li hanno spesi per il popolo? Questo la dice lunga su quanto ci si possa fidare dei militari.
Cosa pensi che accadrà nel futuro?
È chiaro che la rivoluzione può ricominciare in meno di un secondo. Ma rispetto a fine gennaio, mi dispiace dirlo, ci sono molti più criminali che si mischiano alla gente comune. Il problema è che non si possono riconoscere finché non iniziano a fare qualcosa di nocivo. Sono assoldati da qualcuno. Una volta individuati vengono cacciati dalla piazza.
YASSER: Vorrei aggiungere che l’altro giorno è venuta una persona che mi ha chiesto di portare a votare più gente che potevo per i Fratelli Musulmani. Per ogni voto mi avrebbe pagato 1000 lire egiziane; questa è gente che sa che i giovani hanno bisogno di lavoro e che non hanno soldi. Cortesemente gli ho detto di continuare a camminare davanti a me come se non mi avesse mai incontrato, l’ho fatto sentire come un cane. Il paese dipende da quello che succede a piazza Tahrir. I ragazzi che sono a Tahrir sono più forti del sistema.
Di cosa parlano le vostre canzoni?
L’ultimo album è intitolato Uknighted States of Arabia, perché cerchiamo l’unità. Non parliamo solo di unità araba, ma globale, perché tutto il mondo è cosciente di quello che stanno facendo i governi. Noi abbiamo iniziato in Egitto, poi si sono create piazze Tahrir a Madrid, a New York, a Parigi… In Spagna non gliene importava nulla che eravamo arabi, rispettavano la nostra rivoluzione, tanto da sventolare la nostra bandiera anche a Madrid. Il discorso non è solo riferito al Medio Oriente, ma è mondiale. Altri brani riguardano le molestie sessuali contro le donne, parliamo di droghe, della corruzione e c’è una canzone contro i Fratelli Musulmani, dove diciamo che sono persone che usano la religione per controllare la mente della gente… Ovviamente non ci sono le tipiche canzoni d’amore egiziane che servivano al regime precedente.

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