Il procuratore Grasso: la penso come Pisanu. Ma i giudici sono stati lasciati soli
Non ho criticato il lavoro della Commissione antimafia. Ho solo detto una ovvietà e cioè che bisogna trovare le prove. Però ci serve l’aiuto delle istituzioni
Il procuratore Grasso: la penso come Pisanu. Ma i giudici sono stati lasciati soli
Non ho criticato il lavoro della Commissione antimafia. Ho solo detto una ovvietà e cioè che bisogna trovare le prove. Però ci serve l’aiuto delle istituzioni PALERMO – Il suo pensiero da magistrato sulla trattativa tra Stato e Cosa nostra a cavallo della stagione delle stragi è suonato come una sorta di smentita delle conclusioni della commissione parlamentare antimafia. Ma non è questa la linea di Piero Grasso che solo un mese fa a Firenze aveva parlato di una vera e propria strategia della tensione affidata a Cosa nostra che con le stragi spianò la strada ad una nuova entità politica.Allora procuratore, vogliamo chiarire il suo pensiero?
«Un mese fa sono stato criticato per aver detto le stesse cose, sono stato accusato di aver fatto dichiarazioni destabilizzanti, di aver usato uno stile mafioso, di volere dire e non dire, di voler dare una spallata a Berlusconi. Tutte cose che mi hanno portato a riflettere. Ieri quando, a caldo, rispondendo ad una domanda, ho detto che le teorie sulla trattativa tra Stato e Cosa nostra sono belle ma per affermare queste cose su un piano giudiziario ci vogliono prove, ho detto solo una cosa ovvia che non voleva affatto essere una critica al lavoro della Commissione antimafia che, per altro, neanche conoscevo. È chiaro che per i magistrati non è sufficiente ricostruire il contesto politico in cui sono maturate le stragi. Bisogna trovare delle responsabilità penali individuali, come prescrive la legge. Che poi mi pare è lo stesso punto di partenza della relazione Pisanu».
Si riferisce alle tre realtà attraverso le quali si deve leggere una stessa storia?
«Esattamente. Sono d´accordo con Pisanu quando dice che c´è una verità storica, una politica e una giudiziaria. Cerco di non invadere campi che non sono miei e provo a ripartire dal lavoro del collega fiorentino Chelazzi per dire che, come magistrati, finora siamo arrivati a questo punto. Abbiamo avuto dalla nostra soltanto le dichiarazioni dei pentiti, di collaborazioni istituzionali e politiche, che pure abbiamo cercato e continuiamo a cercare, ne abbiamo avute poche e non decisive. Ecco allora che oggi il ruolo della commissione parlamentare antimafia può essere rilanciato. Vada avanti su questa strada, ci aiuti la politica»
In che modo?
«C´è ancora da chiarire il contesto politico di quegli anni e la commissione antimafia può fare e ha già fatto, per la prima volta, un lavoro di chiarimento politico che cerca di ricostruire quel periodo e che può essere di supporto ai magistrati che bisogna lasciare lavorare. Io naturalmente parlo da giudice, ma la mia è una posizione credo condivisa dalla stessa commissione che proprio come prologo al suo lavoro ha voluto porre il distinguo tra i diversi piani di analisi e di intervento. Lontano da me, naturalmente, la sola idea di screditare il lavoro della commissione alla quale peraltro, insieme a qualche altro collega, ho dato il mio contributo».
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