L’articolo di Gianni Beretta sulle elezioni in Nicaragua (“Il manifesto” 11 novembre) ha lasciato l’amaro in bocca a molti. All’interno dell’Associazione Italia-Nicaragua esistono dei giudizi con sfumature diverse sul governo di Ortega. Certo non si può non riconoscere le cose positive, grazie alla cooperazione venezuelana, fatte dal governo del Fsln, tramite i programmi sociali, per alleviare la condizione di estrema povertà di ampli settori della popolazione e migliorare la grave situazione economica.
L’articolo di Gianni Beretta sulle elezioni in Nicaragua (“Il manifesto” 11 novembre) ha lasciato l’amaro in bocca a molti. All’interno dell’Associazione Italia-Nicaragua esistono dei giudizi con sfumature diverse sul governo di Ortega. Certo non si può non riconoscere le cose positive, grazie alla cooperazione venezuelana, fatte dal governo del Fsln, tramite i programmi sociali, per alleviare la condizione di estrema povertà di ampli settori della popolazione e migliorare la grave situazione economica.
Allo stesso tempo, il rispetto dei patti con il Fondo monetario internazionale, sulla stabilità dei conti pubblici, ha favorito la diminuzione del debito estero. Poi si può discutere se siamo in presenza di una continuità del neoliberismo, grazie anche all’appoggio ed al sostegno degli imprenditori locali; sulla gestione, non certo trasparente, delle linee di credito del Venezuela; sulla politica se è assistenziale e populista; ma la vittoria elettorale è anche la vittoria di quella parte del popolo «che si rifiuta di essere inglobata all’informe massa di un mondo disegnato ad uso e consumo dei grandi gruppi di potere» (Maurizio Campisi). Restano le cose francamente indifendibili, come il massacro di donne che sta causando la cancellazione dell’aborto terapeutico, usato come moneta di scambio per superare l’antica ostilità della potente chiesa cattolica.
Giulio Vittorangeli Ass.ne Italia-Nicaragua, Circolo di Viterbo
Sono un’agronoma che per lavoro ha a che fare con la realtà produttiva rurale del Nicaragua. Ho conosciuto persone affidabili che delle recenti elezioni mi hanno raccontato una storia ben diversa da quella che appare nell’articolo del signor Beretta. Riguardo a chi fomenta realmente la violenza in Nicaragua, riferisco che a Sebaco, dove il Pli-Mrs ha provocato violenti scontri prima del voto per impedire alle schede elettorali di raggiungere i seggi, i militanti del Fsln si danno il turno giorno e notte per proteggere le loro case e famiglie, minacciate di rogo. Invito inoltre i lettori a guardare su internet alcuni link, in cui Gadea incita chiaramente alla violenza. Ci trovate anche alcuni dei 50 agenti feriti dal Pli-Mrs e la denuncia alla polizia della vedova del segretario del Fsln, ucciso a sangue freddo con venti colpi di arma da fuoco dopo essere stato selvaggiamente pestato. Sono questi i paladini della democrazia a cui volete dare voce? Non mi spiego altrimenti questo puntare l’indice contro Ortega e la sua rivoluzione, se non nella frustrazione di non averne saputa produrre una a casa vostra. Forse sarà umiliante per la saccente sinistra radicale italiana apprendere che i cugini poveri di uno dei Paesi più derelitti del terzo mondo siano riusciti a incrementare il Pil del 4,5%, sconfiggere l’analfabetismo, dimezzare la povertà, combattere il narcotraffico e l’usura, costruire infrastrutture, democratizzare il modello produttivo, imporre il rispetto dei diritti sindacali nelle imprese straniere, fornire istruzione e sanità gratuita, raddoppiare stipendi e pensioni, dimezzare i compensi dei parlamentari, candidare nelle liste elettorali il 60% di donne, difendere l’ambiente, conquistare in massa il voto giovanile, governare stabilmente pur avendo la minoranza in parlamento, raddoppiare i consensi, stravincere le elezioni, nonostante gli attacchi continui di una stampa virulenta e le pressioni del mondo occidentale, dimostrando di essere un Paese sovrano, che non accetta né ricette economiche dal Fmi, né ingerenze e controlli politici dai padroni del mondo.
Marina Spanò
Caro Beretta, non so dove fosse lei, ma io in Nicaragua ci ho speso una vita di lavoro in mezzo al popolo e le garantisco che i sedici anni filati di governo dei suoi amici liberali, intriso di finanziamenti occidentali, hanno prodotto solo ingiustizia, corruzione e indigenza, mentre con i soldi di Chavez Ortega sta contrastando efficacemente la miseria. Lei in Nicaragua è ormai solo un turista, quindi sappia che non c’è niente di più difficile che comprendere il complesso e mutevole intreccio di interessi privati che alberga nella politica e proprio per questo, se vuole verificare il voto popolare, le consiglierei innanzi tutto di prendere con le pinze le informazioni che le passano i suoi vecchi amici intellettuali ex rivoluzionari dei quartieri alti, e poi di farsi un bel giro di interviste con soggiorno nelle baraccopoli, magari digiunando in buona compagnia per un paio di giorni, così si chiarisce le idee. Quanto al populismo, ricordo che esso si nutre di irrealistiche promesse non mantenute, mentre quelle mantenute dal Fsln si chiamano azioni di governo i cui risultati in campo di diritti sociali e di crescita economica giustificano pienamente il raddoppio dei voti. Capisco che in Italia alle promesse mantenute non ci siamo abituati, ma i nicaraguensi poveri, invece, l’hanno capita molto bene e, le piaccia o meno, hanno votato di conseguenza. Gli osservatori internazionali sanno bene che nemmeno il mago Houdinì potrebbe simulare un tale plebiscito, ratificato dal tripudio di massa, ma sono furibondi proprio perché i sandinisti stravincono e prosperano ignorando le indicazioni di Ue e Fmi su come governare il loro Paese. Mi riferisco a misure simili a quelle che si stanno imponendo all’Italia, che voi del Manifesto rifiutate per casa nostra, ma vorreste rifilare ai nicaraguensi, sostenendo una destra storicamente violenta, antipopolare ed elitaria, alleata con ex sandinisti arricchiti, livorosi e privi di base popolare, defilatisi dal partito in tempi di vacche magre e alla disperata ricerca delle antiche poltrone perdute.
Arch. Dott. Laura Adele Puatto
Nell’analisi che Beretta fa del voto mi sembra manchi un soggetto centrale: il popolo. Sono un sociologo e in Nicaragua ho svolto indagini sul campo, intervistando operatori e persone dei quartieri popolari. Il quadro che emerge è quello di un reale forte radicamento dei sandinisti nella popolazione. L’intervento del Frente in questi 5 anni di governo non si è limitato a fare una «politica assistenzial-populista» (come la chiama Beretta) ma ha cercato di modificare l’assetto dei servizi – accesso ai servizi di salute, lotta all’analfabetismo, avvio pratiche per la proprietà dei lotti dove sono costruite le case, prezzi popolari per i trasporti, risanamento ambientale in particolare a Managua (vedi discarica la Chureca) – in modo da rimettere in piedi un paese piegato da 16 anni di governi liberisti. Ho parlato con le persone, da giovani studenti universitari a docenti e dirigenti di facoltà, da operatori sociali a casalinghe dei quartieri di Managua; in tutti ho sentito l’orgoglio di essere sandinisti e anche se molti non amano la persona del presidente tutti sono d’accordo con le sue modalità di intervento e da parte di tutti gli viene riconosciuto l’enorme passo in avanti che ha fatto fare al paese dopo gli ultimi 16 anni in cui il paese è andato diritto verso il baratro della povertà. Gli si rimprovera di usare i dollari venezuelani; sono forse meglio quelli del Fmi che vincola gli stati a realizzare politiche di privatizzazione e di smantellamento dello stato sociale? Credo che la prima forma di democrazia in un paese sovrano sia quello dell’estensione dei diritti di base garantiti dallo stato e non invece dalla cooperazione internazionale o da strutture private. Anche la chiusura ironica dell’articolo di Beretta che riporta la frase detta dalla primera dama Murillo è stata travisata: il concetto di Dio, inserito nella frase «vamos de la mano con Dios», va inserita nel bagaglio storico di metafore e sottintesi con cui i nicaraguensi comunicano tra loro. Nel gergo rivoluzionario cristiano-sandinista, Dio è Cristo, che si è sacrificato per il popolo umile. Chi serve il popolo umile, può star sicuro che procede con la benedizione di Dio.
Fabio De Donno
Care lettrici e lettori, francamente non capisco la vostra animosità. L’articolo in questione è stato scritto diversi giorni dopo il risultato elettorale per alcuni precisi accadimenti: l’uccisione di tre militanti dell’opposizione e di uno sandinista nel nord del paese; la non accettazione del risultato da parte dell’opposizione, che ha chiamato alla mobilitazione, con i sandinisti chiamati a “difendere il voto” (ho constatato le tensioni e gli scontri all’ingresso dell’Università Centro-Americana e in un paio di rotonde della capitale); da ultimo, il rapporto degli osservatori della Ue che denunciano numerose irregolarità ai seggi (oltre alle testimonianze da me raccolte, certo spesso contrastanti, sono circolate certificazioni elettorali che assegnavano più voti al Fronte che gli stessi iscritti a quel seggio). Ma nel pezzo non viene messa in dubbio l’affermazione di Ortega, bensì il suo “eccessivo” (come recita il titolo) margine del 62%; ben oltre tutti i sondaggi della vigilia che lo davano intorno al 50%. E che gli permette ora, guarda caso, di avere esattamente i due terzi del Parlamento (che non aveva) per modificare quella Ccostituzione che ha violato con la sua ricandidatura. Fin qui i fatti riportati.
Sulle valutazioni: di questi tempi è di certo in controtendenza cercare di vincere delle elezioni facendo star meno peggio i poveri; che è quello che ha fatto Ortega, come ho scritto, grazie ai generosi denari (comunque fuori bilancio nazionale) di Chavez. Ma ciò non toglie che in questi anni l’ex comandante guerrigliero abbia abilmente messo il piede in tutte le scarpe possibili (cedendo ogni volta in cambio qualcosa) nell’unico affanno di tornare al potere, per non perderlo più: dall’ex nemico giurato cardinale Obando y Bravo, all’impresa privata, al Fmi, al Cafta; cominciando dal “pacto” con l’ex corrotto presidente neosomozista Aleman, che ha tirato fuori di galera in cambio di tenere divisa l’opposizione liberista e con cui si è spartito per un pezzo i poteri del paese (ora out col suo 6% dei voti). Ortega si è accanito per annullare l’insidiosa emergente forza dei “rinnovatori” sandinisti (usciti loro malgrado dal Fsln, e con 200mila voti ottenuti cinque anni fa quasi solo nella capitale) fino a renderne illegale il partito. Rinnovatori che hanno finito poi col suicidarsi definitivamente partecipando a quella, scrivo, “accozzaglia” di ex contras e nostalgici somozisti dell’alleanza d’opposizione. Un’involuzione del Nicaragua seguita (amaramente) dal sottoscritto (e non solo) da quasi due decenni (senza contare i precedenti dieci di rivoluzione). Magari non più con la continuità dovuta: perché il Nicaragua “non è più notizia”; ma anche per non essere troppo masochisti. Ora: piegare a proprio uso le regole democratiche è ormai una pratica pure nei paesi cosiddetti civili; e non si vede perché ci si dovrebbe tanto scaldare se lo fa Ortega. Ma francamente, per quanto ci riguarda, non può essere ancora motivo di consolazione; soprattutto dopo una rivoluzione popolare che avrebbe lasciato ben altra eredità con un Fronte sandinista (dal “general de hombres libres” Sandino) unito e aperto.
Registro, infine, come nelle vostre lettere non ci sia traccia di indignazione per la plateale violazione della Costituzione nicaraguense né per la cancellazione dell’aborto terapeutico per ingraziarsi elettoralmente il cardinale Obando (e che ha prodotto un’impennata di suicidi di giovani nicaraguensi stuprate). Ma non vi ha mai fatto pensare il fatto che Daniel Ortega, nell’odierna versione messianica e populista, sia da trent’anni il candidato unico e irremovibile di quello che resta del Fsln?
Gianni Beretta
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