BACIARE IL ROSPO? «C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, al bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato.
BACIARE IL ROSPO? «C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, al bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso è questa tempesta». Mi spiace scomodare questa nota e affascinante citazione di Walter Benjamin per le miserie di casa nostra e, più in generale, di questo povero mondo. Ma anche noi stiamo vivendo da tempo una catastrofe, ambientale, sociale, culturale, politica. Da noi il disastro è ancora più evidente. E ha contaminato anche persone che reputiamo vicine a noi. Il berlusconismo ha prodotto queste macerie e di pari passo le ha prodotte anche l’antiberlusconismo. In questi ultimi anni più volte anche nel nostro ambito abbiamo evidenziato come l’opposizione all’orrendo regime del Cavaliere abbia coinvolto personaggi per lo meno ambigui, espressione di pulsioni autoritarie, di un filone culturale reazionario, retrivo, forcaiolo. Ma in queste ore sentendo, sconcertato, commenti di chi, riconducibile ad un’area sociale e politica vicina a quella dei movimenti, sottolinea come l’importante è essersi liberati da Lui e «ben venga anche Monti perché peggio non può capitarci», ho capito ancora di più i guasti di questi vent’anni. L’aver ricondotto tutti i parametri del nostro agire alla ingombrante figura del Grande Clown, ha fatto passare in secondo piano aspetti essenziali. In primis, la dittatura della finanza in cui siamo immersi e che gli eventi degli ultimi mesi hanno evidenziato. Ergere un signore, espressione del potere finanziario mondiale, non dico a salvatore della patria, ma a figura che può innescare un’inversione di tendenza e pensare che «soffiandogli il fiato sul collo», come è stato scritto in una lettera al manifesto, si possa sperare di spostare i rapporti di forza, è sintomo di una “malattia diffusa”. «Da oggi siamo tutti un po’ più liberi», ha sciaguratamente intitolato il quotidiano dell’antiberlusconismo da manette che tanto piace a certo popolo della sinistra. A me sembra invece evidente che stiamo passando da una fase dove l’impresa si metteva a capo dell’esecutivo ad un’altra dove è direttamente il mondo della finanza, in Grecia come in Italia, a rompere gli indugi e impossessarsi delle leve del comando di governo. Eppure in tanti guardano fiduciosi al nuovo “governo dei tecnici” perché l’importante è che non ci sia più Lui. Già le dichiarazioni di queste ore sui «necessari sacrifici» anticipa la macelleria sociale che si vorrà mettere in atto. E così anche chi si è illuso dovrà fare i conti con la triste realtà. Ma ciò che è accaduto non dovrà essere rimosso, perché ci dimostra quanta strada bisogna fare perché la triste eredità di un terribile ventennio lasci spazio a quell’altra politica sempre più necessaria e le cui tracce si possono vedere nelle piazze di tutto il mondo.
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