E Gramsci annunciò la rivoluzione

In un discorso del 1922 a Mosca spiegò: «L’Italia è matura»

In un discorso del 1922 a Mosca spiegò: «L’Italia è matura»

 Antonio Gramsci è un autore così studiato ed esplorato che la scoperta di un suo inedito può sorprendere. Ma gli archivi di Mosca sono una miniera inesauribile per chi abbia la pazienza di scavare a fondo. Così due ricercatori italiani affiliati all’Università inglese di Exeter, Caterina Balistreri e Alessandro Carlucci, hanno ritrovato il testo dell’intervento tenuto da Gramsci, il 7 agosto 1922, alla XII Conferenza del Partito bolscevico. Si pensava che nella fase iniziale della sua permanenza in Russia (era arrivato in maggio come delegato del Pci nell’esecutivo dell’Internazionale comunista) l’intellettuale sardo avesse potuto combinare poco, per via di gravi problemi di salute sfociati nel ricovero in sanatorio, ma ora si dimostra che riuscì a portare il suo contributo in quella sede. Nell’Archivio statale russo di storia socio-politica (Rgaspi) è stata rinvenuta anche la sua scheda personale di partecipazione alla Conferenza, con tanto di firma autografa.
Il testo reperito dai due studiosi, che lo presentano con un saggio sul prossimo numero della rivista «Belfagor», diretta da Luigi Ferdinando Russo, ci mostra un Gramsci poco più che trentenne e ancora partecipe dell’estremismo rivoluzionario che caratterizzava all’epoca il Pci, guidato da Amadeo Bordiga. Insiste, notano Balistreri e Carlucci, sulla imminente «disgregazione dell’ordine sociale borghese». Anzi, «vede nel fascismo una conferma estrema di questo processo disgregativo, e quindi dell’esistenza di condizioni mature per una rivoluzione proletaria». Due mesi e mezzo dopo, con la marcia su Roma, al governo sarebbe invece arrivato, per restarci molto a lungo, Benito Mussolini.
Colpisce il parallelo che Gramsci traccia fra le camicie nere e il partito antibolscevico dei Socialisti rivoluzionari (Sr), erede della tradizione populista russa. In entrambi i casi, sostiene, si tratta di rinnegati che, provenendo da sinistra, sono diventati «collaboratori della borghesia». Potrebbe sembrare una polemica propagandistica, ma è curioso che certe similitudini tra il populismo degli Sr e il fascismo siano state rilevate, molti anni più tardi, da un esperto del mondo slavo come Enzo Bettiza nel libro Il mistero di Lenin (Rizzoli, 1982).
Va sottolineato peraltro, notano Balistreri e Carlucci, che lo scopo principale dell’intervento di Gramsci è accreditare il Pci come unico vero partito rivoluzionario italiano, di fronte alle pressioni dei sovietici che insistono per un accordo con i socialisti massimalisti. Un contrasto in cui il giovane sardo si trovò a sperimentare per la prima volta i «metodi tendenti a imporre burocraticamente idee precostituite» tipici della mentalità bolscevica.

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