Cuba. Guerra a bustarelle e bustone

RAUL CASTRO Lotta dura alla corruzione piccola e grande per sperare che le riforme funzionino
Una serie di casi recenti ha portato alla cacciata e anche all’arresto di funzionari e personaggi vari. Ma l’attacco al mercato nero riduce anche il denaro in circolazione

RAUL CASTRO Lotta dura alla corruzione piccola e grande per sperare che le riforme funzionino
Una serie di casi recenti ha portato alla cacciata e anche all’arresto di funzionari e personaggi vari. Ma l’attacco al mercato nero riduce anche il denaro in circolazione L’AVANA.  «El dinero esta perdido», si lamenta Mary. Nel patio di casa sua , nel quartiere di Playa, la mercanzia – indumenti vari, biancheria intima, borse provenienti dall’Ecuador – è in bella mostra per i visitatori. Ma chi compra è sempre meno, e tira sul prezzo. A sua sorella, che espone mercanzia simile in una bancarella in un altro quartiere dell’Avana, non va certo meglio. Il barro non circola come prima, sostiene. Entrambe sono cuentapropistas, commercianti «in proprio», e dalla scorsa primavera hanno messo in piedi un «bisnes» che all’inizio rendeva molto: Mary ogni due mesi fa un viaggio in Ecuador e torna carica di mercanzie, anche su ordinazione, che poi vende con un largo margine di guadagno, visto che «la roba» dei negozi di Stato non ha molti estimatori. Ma ora gli affari sono magri.
E non solo per le due sorelle. Molti, che si sono lanciati nel mare del lavoro privato, si stanno accorgendo che le onde si fanno più grosse e minacciose. Proprio perché all’Avana circola meno contante – e in provincia è peggio ancora. Insieme al denaro si è ridotto anche il «mercato nero», una serie di merci – prodotti alimentari, materiali per costruzione, pezzi di ricambio – che fino a pochi mesi fa circolavano en la calle, dopo essere stati «dirottati» dai magazzini di stato. Il primo dato – minore quantità di denaro circolante – è anche effetto del secondo, ovvero della contrazione dei beni rubati allo Stato e poi rivenduti di straforo in un mercato nero che ha permesso a decine migliaia di famiglie di sopravvivere e a una serie di burocrati e alti dirigenti di incamerare vere e proprie fortune.
La lotta alla corruzione è uno dei punti centrali delle riforme volute dal presidente Raúl: senza fermare il fiume di merci e prodotti rubati allo stato non è possibile né rilanciare l’economia, né dare nuova dignità e valore al lavoro. Nel documento di base della prima Conferenza nazionale del Partito comunista (prevista a metà gennaio), stampato in duecentomila copie e in discussione nella base, l’articolo I-13 dei Fondamenti del partito recita: «Il Partito deve rafforzare la lotta alle cause e condizioni che propiziano manifestazioni di indisciplina sociale, illegalità, corruzione… fenomeni che, assieme al burocratismo, minano la base della nostra società». L’articolo II-30 chiede di «realizzare il carattere etico e produttivo del lavoro…», il II-50 esige di «combattere energicamente tutte le manifestazioni di corruzione, indisciplina, fatti immorali o illegali». Riferimenti che indicano come il problema sia profondo.
Una lunga serie di casi di corruzione emersi a Cuba negli ultimi anni (quelli di presidenza Raúl) hanno colpito praticamente tutti i settori dell’economia cubana, dalle telecomunicazioni all’aviazione, dal nichel al tabacco, lo zucchero e altre industrie di Stato, portando all’arresto o all’allontanamento di decine di alti funzionari.
Il presidente ha voluto un Ufficio centrale (Controlaría General) per combattere la corruzione, affidando al figlio Alejandro – colonnello delle truppe del ministero dell’interno – la responsabilità della campagna . Un incarico delicato e strategico. Innanzi tutto perché molte imprese statali sono gestite o dirette da alti ufficiali, in attività o in pensione, delle forze armate rivoluzionarie e del ministero dell’interno: ovvero dal settore sociale e politico sul quale Raúl punta per attuare le riforme. In secondo luogo, dato che le imprese sotto il controllo dei militari costituiscono la spina dorsale dell’economia cubana, sono nel mirino degli attacchi degli anticastristi di Miami che, per screditare le riforme del governo, parlano di «mafia in verde-olivo». Infine, perché tra la gente comune spesso si indicano le spalline come un fattore che può aprire le porte ai posti di lavoro più ambiti.
Negli ultimi mesi gli strali hanno colpito in alto, ovvero alla sorgente del fiume dei soldi derivati da corruzione, furti e sottrazione di beni statali. Non solo, la mano dura si applica anche a investitori stranieri, nell’immaginario del cubano comune percepiti come intoccabili. Secondo l’agenzia Reuter, le autorità anticorruzione hanno chiuso gli uffici all’Avana della Coral Capital Group, compagnia britannica che affermava di avere piani di investimento nell’isola per un miliardo di dollari (tra cui un campo da golf con annesso albergo e centro residenziale di lusso), e avrebbero messo agli arresti il capo della compagnia Amado Fakhre. Sempre la Reuters ha informato che Nelson Labrada, l’ex titolare del ministero dello zucchero (di recente eliminato e trasformato in un’impresa statale autonoma dal governo) è stato arrestato in settembre, sembra nel corso di un’indagine su un giro di bustarelle che ha coinvolto, oltre la Coral Capital, anche il gruppo Tokmakjian (importazione e manutenzione di auto e veicoli industriali giapponesi) e la Tri-Star Caribbean (trasporti, telecomunicazioni, costruzioni), entrambe registrate in Canada. Nei mass media cubani non è stata data alcuna conferma delle informazioni diffuse dalla Reuters, mentre molto risalto è stato dato a casi nazionali «emblematici» come le malversazioni scoperte nell’ammodernamento dell’acquedotto di Santiago de Cuba.
Insieme alla lotta alla corruzione e ai furti di beni dello Stato, il presidente si è impegnato a «snellire» i poteri del governo, in modo da separare l’esecutivo dal controllo diretto di imprese statali che, in futuro, dovranno funzionare senza sussidi. Secondo informazioni ufficiose riprese dal giornale messicano La Jornada, dopo quello dello zucchero sarà presto eliminato il ministero dell’industria sideromecánica (Sime) mentre quello dell’industria básica (Minbas) sarà trasformato in un ministero dell’energia che assorbirà l’Unión Cuba Petróleo (Cupet) e la Unión Eléctrica (Une).
La riduzione degli organigrammi dovrebbe aiutare il processo di (drastica) riduzione degli organici statali che procede molto a rilento: del milione di posti di lavoro che andavano tagliati entro l’anno ne sono stati eliminati (sempre secondo La Jornada) poco più di centomila. Un rallentamento dovuto proprio alle difficili condizioni economiche della popolazione.

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